Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 03/06/2009, 3 giugno 2009
POKER ONLINE, NUOVA SCOMMESSA ITALIANA
Forse la notizia non farà piacere al ministro Brunetta. Ma i dati schizzano verso l’alto in pieno orario d’ufficio, nella fascia che va dalle 13 alle 14 e 30. A far salire i numeri sono quelli che restano davanti alla scrivania con il panino in mano mentre, a sentire i loro badge, sarebbero rimasti eroicamente dentro a lavorare. Poker online in pausa pranzo, ultima frontiera dell’impiegato ai tempi della crisi. Tagliare le uscite con il panino portato da casa, provare a sostenere le entrate con tris e full: nel suo genere un perfetto esempio di efficientamento raccontato dai numeri di «Everest poker», uno dei siti di poker online più frequentati in Europa. «A crescere – spiega Marco Trucco, responsabile del sito in Italia – sono soprattutto le iscrizioni ai tornei gratuiti. Nelle ultime settimane abbiamo in quella fascia oraria circa 12 mila giocatori. Prima erano meno della metà».
Ma non è solo questione di pausa pranzo. Per anni il poker è stato rinchiuso nel buio delle bische e considerato una specie di malattia infettiva capace di rovinare persone, famiglie e generazioni intere. Adesso è una passione da raccontare, ben vista dalla gente e soprattutto dallo Stato che ci infila zitto zitto qualche tassa. Ma come è stata possibile una rivoluzione del genere?
Due le novità decisive. La prima è la legalizzazione del gioco online che da meno di un anno è sbarcato sui siti autorizzati dai Monopoli di Stato eliminando (o quasi) i siti clandestini. La seconda è il Texas Hold’em, il poker sportivo che può far vincere tanto ma perdere al massimo la posta iniziale, senza il rischio di bruciarsi tutto in una notte.
Per il poker online i numeri sono impressionanti. Lanciato a settembre del 2008, nel primo mese gli italiani hanno giocato sui siti autorizzati 19 milioni di euro e mezzo. Nemmeno un anno dopo – secondo le stime di Agipronews, agenzia di stampa specializzata nel settore dei giochi – siamo arrivati a 200 milioni di euro. Dieci volte tanto. E se guardiamo alle previsioni per tutto il 2009 il totale è di 2 miliardi. La stessa somma (euro più, euro meno) che tutti gli italiani hanno speso per i regali di Natale del 2008. Contenti i giocatori che non devono andare più alla caccia di siti internet clandestini che magari clonano pure la carta di credito. Ma contento soprattutto lo Stato che incassa silenziosamente il 3 per cento delle giocate, cioè per il 2009 quasi 600 milioni di euro.
Il gioco online, però, non avrebbe avuto un’evoluzione così frizzante senza l’altra novità, il Texas hold’em. stato proprio questo modo di giocare a poker, arrivato dagli Stati Uniti, a spazzare via dal tavolo verde antiche paure e antichissimi sensi di colpa. Si perde al massimo la «tassa d’ingresso» che nella maggior parte dei tornei è sotto i 100 euro. Certo, c’è chi chiede di più e chi organizza tornei a ripetizione nella stessa serata, facendo salire di molto i rischi. Ma il grosso dei tornei dal vivo resta lontano dai numeroni da bisca. Una «calmierizzazione» del piatto che, a guardare le cifre, sembra aver funzionato. Resta stabile la fetta di italiani che dice di aver giocato a poker almeno una volta l’anno, il 40 per cento della popolazione adulta. Ma sono raddoppiati quelli che giocano «abbastanza regolarmente », passati da 480 mila a 970 mila. Da marchio d’infamia ad interessante hobby, addirittura a carta da giocarsi per trovare un lavoro. Se giocate a poker scrivetelo nel curriculum, dicono alcuni cacciatori di teste. «Come per gli scacchi – spiega Giuseppe Circosta di Cesop Communication, azienda che si occupa di orientamento post laurea – giocare a poker aiuta la capacità di concentrazione, di valutazione dei rischi e anche di leggere la persona che si ha davanti». Doti tutte utili nel mondo del lavoro. «Ma questo ragionamento – dice ancora Circosta – non vale per tutti. Pensate ad una banca che deve trovare un nuovo manager: prenderebbe un giocatore di poker?». Forse no, ma è anche vero che insieme al fatturato del settore cresce pure il numero dei ragazzi che sognano di trasformare la passione per il gioco in una vera professione. Meno di un mese fa a Chia, in Sardegna, gli organizzatori hanno fatto la stessa domanda ai 700 studenti universitari arrivati per un torneo dal vivo: vista la crisi, quale può essere una buona professione per il futuro? D’accordo che erano in fila per un torneo e che l’atmosfera era proprio quella giusta, ma ha ha risposto «giocatore di poker» addirittura il 34 per cento. Uno su tre. Meglio del medico, stranamente arrivato al secondo posto, meglio dell’esperto del web, meglio del tronista che si è fermato al 5 per cento.
Tentazione forse pericolosa perché (nemmeno) uno su mille ce la fa. Ma gli esempi ci sono, numerosi. E li vediamo tutte le sere in televisione nelle trasmissioni dedicate al poker. Anche queste si moltiplicano ogni giorno che passa, altro segnale di una moda sempre più diffusa. Sky è stata la prima a crederci nel 2007 con la Notte del Poker, seguita da tante altre trasmissioni fino alla prossima «Pokerweb », con la voce del calcio Fabio Caressa al tavolo insieme con un professionista come Alessandro Pastura. Ormai siamo al modello «Partita del cuore» con i vip che giocano per beneficenza: come hanno fatto Francesco Totti e Pupo in «Stars for charity», torneo di Texas Hold’em prodotto da 2Bcom e trasmesso da La7 che ha raccolto 150 mila euro per i terremotati abruzzesi. Giocare a poker per beneficenza. Chi l’avrebbe detto solo pochi anni fa?