FELICE CAVALLARO, IL CORRIERE DELLA SERA 3/6/2009, 3 giugno 2009
Rifiuti, Palermo salva grazie a 300 paia di scarpe - Per cominciare a eliminare la peste di quattromila tonnellate di rifiuti ammassati per strada, mentre roghi puzzolenti illuminavano Palermo, sono usciti 40 compattatori nella prima notte dopo l’incontro fra i sindacalisti dell’Amia e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso
Rifiuti, Palermo salva grazie a 300 paia di scarpe - Per cominciare a eliminare la peste di quattromila tonnellate di rifiuti ammassati per strada, mentre roghi puzzolenti illuminavano Palermo, sono usciti 40 compattatori nella prima notte dopo l’incontro fra i sindacalisti dell’Amia e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Ma per convincere i 900 lavoratori socialmente utili, i 400 assunti con scambio di posto lavoro fra padre e figlio, gli altri cento reclutati in campagna elettorale e il resto di un pletorico esercito forte di 2.700 unità c’è voluta nientedimeno che la promessa di 300 paia di scarpe. Richiesta bizzarra che può aiutare a capire la deriva di questa ex municipalizzata un tempo nelle mani della mafia e forse mai orientata sulla rotta del senso del dovere. Perché, mentre perdono 150 milioni di euro, i dirigenti fanno spese pazze e, si scopre adesso, si regalano «premi di produttività » da 6 a 20 mila euro, come è incredibilmente accaduto fino all’autunno scorso. E contemporaneamente gli operai incrociano le braccia con lo sciopero bianco se i mezzi che dovrebbero pulire sono sporchi, se mancano le mascherine o, appunto, le scarpe estive. Poco importa che lunedì avesse pure piovuto. No, bisognava trovare subito i calzari leggeri. Una insistenza apparsa strumentale all’ex pubblico ministero Massimo Russo, lo «sceriffo anti-munnizza » inviato accanto a Bertolaso dal governatore Raffaele Lombardo: «Dite sul serio? Nemmeno io ho fatto cambio di stagione e porto ancora le scarpe invernali. Non ho avuto tempo. Ma vado a lavorare ». Niente da fare. Hanno dovuto trovarle le scarpe, nei magazzini della Protezione civile perché i fornitori dell’Amia hanno chiuso i rubinetti e promuovono pignoramenti per 34 milioni. Ma se chiedi nei due autoparchi di Brancaccio e Tascalanza ad autisti e netturbini scattano mille richiami a leggi di sicurezza e norme igieniche. E si riesce a decodificare il muro di ostruzionismo solo se qualcuno di loro parla in disparte e senza nomi per la cronaca. Allora viene fuori la verità non ufficiale di una gola profonda: «Ci hanno mobilitati per giorni sotto il municipio per sostenere l’aumento della tassa immondizia, la Tarsu, come volevano sindaco e maggioranza. Unico modo, si diceva, per salvare anche lo straordinario. Per questo facevamo lo sciopero bianco. E ora che salta tutto come lavoratori e cellule sindacali interne dobbiamo mostrare intransigenza sui ’diritti’. Pure sulle scarpe ». Bisogna immergersi in questo pianeta governato con regole proprie per cogliere il nesso fra scarpe, «diritti» e straordinario. Appunto, lo straordinario ridimensionato da un ordine di servizio che fa data da lunedì 1 giugno. Misura indigesta per qualcuno. Per chi s’avvantaggia di 20 mila ore l’anno, con la metà divisa fra 10 dipendenti che cumulano circa 900 ore a testa. Con un guadagno medio da 24 a 28 euro l’ora. Sono i caporali dell’Amia. I veri capi. Quelli che gestendo questa voce, i turni, le mansioni, i permessi controllano anche con un cenno, uno sguardo, una pacca sulle spalle, la gran parte dei dipendenti. «Un caporalato che gestisce ordinario e straordinario », assicura la fonte. Materia incandescente. Perché ci sono parentele sospette e fili che portano perfino a uno spazzino dell’Amia all’ergastolo per la strage di via D’Amelio, Gaetano Murana, capace di farsi sganciare dall’azienda un prestito di 25 mila euro (perduto) a processo in corso. Cortesie mai negate nemmeno ai Lo Piccolo, nel 2006 superlatitanti. Tutti li cercavano, ma l’Amia faceva pulire gli autocompattatori nel loro garage di via Fabio Besta a Cardillo. Con un funzionario intercettato che tranquillizzava il rampollo del padrino, Claudio, per un conto da 20 mila euro: «Non c’è problema, le fatture a me personalmente, ”ca ma spirugghio iu (che risolvo io)». Non è riuscito a farsi pagare un altro fornitore eccellente, Francesco Francofonti, l’imprenditore edile un mese fa incastrato negli arresti di Brancaccio come uomo cerniera fra appaltatori e boss dei Graviano. E avanza dall’Amia mille e cento euro. Altro rivolo sospetto. Come quelli interni. A cominciare dal «premio di produttività» elargito da luglio a ottobre 2008 agli 11 dirigenti e ai 20 quadri dell’azienda, un cadeau da 6 a 20 mila euro a testa. Anche se poi mancano i soldi per l’assicurazione dei 130 autocompattatori, tre quarti fuori uso per mancata manutenzione. Con l’officina interna smantellata da tempo. Come il lavaggio interno. Forse per non fare uno sgarbo agli «esterni», ai Lo Piccolo e soci.