Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Tremonti, ospite di Lucia Annunziata in tv, ha confermato che non ci saranno tasse per ricostruire l’Abruzzo e ha aggiunto: «Nessuno pensa più a un crollo globale della finanza, la gente ha tirato un respiro di sollievo. Siamo ancora in una situazione incognita, ma sicuramente è finita la paura dell’apocalisse, che sta rallentando la caduta del commercio mondiale. La paura di un crollo delle Borse e della finanza mondiale mi sembra finita. C’è una prospettiva in cui la speranza si sostituisce alla paura». Su questo, gli ha fatto eco il ministro Sacconi: «Registriamo segnali di inversione delle tendenze recessive dei mesi scorsi. Ci sono infatti le condizioni per un cauto ottimismo». Sacconi ha lanciato un appello a tutte le imprese «per una vera e propria, libera e responsabile, moratoria ai licenziamenti. Lo Stato, d’intesa con le Regioni, ha messo a disposizione ingenti risorse per proteggere il reddito nei casi in cui l’attività lavorativa viene sospesa e quindi permane vivo il rapporto di lavoro».
• Sarà vero?
Cominciamo col dire che un ministro deve parlare così qualunque sia la situazione. Uno degli elementi della crisi è la convinzione che vi sia la crisi, che vi sia anche se chi lo pensa, magari, non la sente sulla propria pelle o sul proprio portafoglio. La convinzione che la crisi sia in atto, o che arriverà tra poco, induce a comportamenti dannosi, o almeno dannosi all’interno del sistema che ci siamo costruiti. Voglio dire: il nostro sistema economico campa sul consumo e sulla circolazione del denaro, ha bisogno per star bene di una leggera inflazione (tra il 2 e il 3 per cento), è cioè un organismo che vive sul presupposto di una domanda sempre sostenuta e che in nome di una domanda robusta non fa drammi di fronte ai debiti. Questa essendo la logica, la fiducia diventa un carburante indispensabile. Infatti, se penso che domani la roba costerà meno di oggi, rinvio il momento degli acquisti. Se penso che domani mi taglieranno lo stipendio, o magari mi licenzieranno, mi tengo i soldi in tasca per affrontare la burrasca. Eccetera. I politici, nella situazione data, devono per forza parlare come fa Tremonti.
• Vuol dire che la crisi non è realmente passata?
Il Fondo Monetario dovrebbe dare proprio domani la sua valutazione sulla quantità di titoli tossici presenti nelle banche del mondo. Si prevede che pronunci un numero mai sentito: 4000 miliardi di dollari, il doppio di quanto aveva valutato a gennaio, peggio anche dei 3600 miliardi ipotizzati dal capo dei catastrofisti, il premio Nobel Roubini. Uno dei dati cosiddetti positivi degli ultimi giorni viene dalle banche Usa, che hanno sorprendentemente presentato bilanci coi fiocchi. Beh, sono bilanci legalmente falsificati, gli istituti hanno approfittato delle nuove regole che consentono loro di girare i numeri un po’ come vogliono. I problemi restano e magari verranno a galla, con maggiore violenza di prima, tra qualche mese.
• Però non si sente più dire che questa o quella grande banca salterà.
C’è in giro una quantità di carta moneta spaventosa, che non fa partire un’inflazione da infarto solo perché la domanda è ancora molto, molto fiacca. Pensi che nei soli 150 giorni che hanno preceduto l’ultimo G20, gli otto Paesi più industrializzati (cioè quelli del G8) hanno rovesciato sul mercato quattromila miliardi di dollari. Con una simile massa di denaro si tengono più o meno in piedi tutti quanti. Ma è droga: la produzione industriale è in calo, i commerci pure, la disoccupazione continua ad aumentare. Se non ci fosse la Cina a comprare...
• Come si spiega che le Borse vanno su?
Secondo molti analisti, si tratta di ricoperture, gente che aveva venduto allo scoperto (i cosiddetti «shortisti», che trattano titoli che non hanno) e che adesso è obbligata a comprare (a «ricoprirsi»).
• Non potrebbe essere che il ministro si riferisse in modo particolare all’Italia? Cioè: «In Italia (sottinteso) nessuno pensa più a un crollo della finanza…» eccetera.
E’ possibile. Del resto come negare che, complessivamente, l’Italia, almeno fino ad ora, abbia retto molto meglio di tutti gli altri Paesi alla tempesta? Da una parte c’è Marchionne che questa settimana comincerà a prendersi Chrysler e – subito dopo – proverà a metter le mani anche su pezzi di General Motors. Dall’altra, è indubbio che nessuna nostra grande banca o impresa è stata mai nemmeno chiacchierata, come è successo con Citigroup o con le grandi banche inglesi. Perciò, se Tremonti e Sacconi parlavano in particolare dell’Italia, beh forse avevano un po’ meno torto. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/4/2009]
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