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 2009  aprile 20 Lunedì calendario

Tremonti, ospite di Lucia An­nunziata in tv, ha confermato che non ci saranno tasse per ri­costruire l’Abruzzo e ha aggiun­to: «Nessuno pensa più a un crollo globale della finanza, la gente ha tirato un respiro di sol­lievo

Tremonti, ospite di Lucia An­nunziata in tv, ha confermato che non ci saranno tasse per ri­costruire l’Abruzzo e ha aggiun­to: «Nessuno pensa più a un crollo globale della finanza, la gente ha tirato un respiro di sol­lievo. Siamo ancora in una si­tuazione incognita, ma sicura­mente è finita la paura dell’apo­calisse, che sta rallentando la caduta del commercio mondia­le. La paura di un crollo delle Borse e della finanza mondiale mi sembra finita. C’è una pro­spettiva in cui la speranza si so­stituisce alla paura». Su que­sto, gli ha fatto eco il ministro Sacconi: «Registriamo segnali di inversione delle tendenze re­cessive dei mesi scorsi. Ci sono infatti le condizioni per un cau­to ottimismo». Sacconi ha lan­ciato un appello a tutte le impre­se «per una vera e propria, libe­ra e responsabile, moratoria ai licenziamenti. Lo Stato, d’inte­sa con le Regioni, ha messo a di­sposizione ingenti risorse per proteggere il reddito nei casi in cui l’attività lavorativa viene so­spesa e quindi permane vivo il rapporto di lavoro».

Sarà vero?
Cominciamo col dire che un ministro deve parlare così qua­lunque sia la situazione. Uno degli elementi della crisi è la convinzione che vi sia la crisi, che vi sia anche se chi lo pen­sa, magari, non la sente sulla propria pelle o sul proprio por­tafoglio. La convinzione che la crisi sia in atto, o che arriverà tra poco, induce a comporta­menti dannosi, o almeno dan­nosi all’interno del sistema che ci siamo costruiti. Voglio dire: il nostro sistema econo­mico campa sul consumo e sul­la circolazione del denaro, ha bisogno per star bene di una leggera inflazione (tra il 2 e il 3 per cento), è cioè un organi­smo che vive sul presupposto di una domanda sempre soste­nuta e che in nome di una do­manda robusta non fa drammi di fronte ai debiti. Questa es­sendo la logica, la fiducia di­venta un carburante indispen­sabile. Infatti, se penso che do­mani la roba costerà meno di oggi, rinvio il momento degli acquisti. Se penso che domani mi taglieranno lo stipendio, o magari mi licenzieranno, mi tengo i soldi in tasca per affron­tare la burrasca. Eccetera. I po­litici, nella situazione data, de­vono per forza parlare come fa Tremonti.

Vuol dire che la crisi non è real­mente passata?
Il Fondo Monetario dovrebbe dare proprio domani la sua va­lutazione sulla quantità di tito­li tossici presenti nelle banche del mondo. Si prevede che pro­nunci un numero mai sentito: 4000 miliardi di dollari, il dop­pio di quanto aveva valutato a gennaio, peggio anche dei 3600 miliardi ipotizzati dal ca­po dei catastrofisti, il premio Nobel Roubini. Uno dei dati cosiddetti positivi degli ultimi giorni viene dalle banche Usa, che hanno sorprendentemen­te presentato bilanci coi fioc­chi. Beh, sono bilanci legal­mente falsificati, gli istituti hanno approfittato delle nuo­ve regole che consentono loro di girare i numeri un po’ come vogliono. I problemi restano e magari verranno a galla, con maggiore violenza di prima, tra qualche mese.

Però non si sente più dire che questa o quella grande banca salterà.
C’è in giro una quantità di car­ta moneta spaventosa, che non fa partire un’inflazione da infarto solo perché la doman­da è ancora molto, molto fiac­ca. Pensi che nei soli 150 giorni che hanno preceduto l’ultimo G20, gli otto Paesi più indu­strializzati (cioè quelli del G8) hanno rovesciato sul mercato quattromila miliardi di dolla­ri. Con una simile massa di de­naro si tengono più o meno in piedi tutti quanti. Ma è droga: la produzione industriale è in calo, i commerci pure, la disoc­cupazione continua ad aumen­tare. Se non ci fosse la Cina a comprare...

Come si spiega che le Borse vanno su?
Secondo molti analisti, si trat­ta di ricoperture, gente che aveva venduto allo scoperto (i cosiddetti «shortisti», che trat­tano titoli che non hanno) e che adesso è obbligata a com­prare (a «ricoprirsi»).

Non potrebbe essere che il mi­nistro si riferisse in modo par­ticolare all’Italia? Cioè: «In Ita­lia (sottinteso) nessuno pensa più a un crollo della finanza…» eccetera.
E’ possibile. Del resto come ne­gare che, complessivamente, l’Italia, almeno fino ad ora, ab­bia retto molto meglio di tutti gli altri Paesi alla tempesta? Da una parte c’è Marchionne che questa settimana comince­rà a prendersi Chrysler e – su­bito dopo – proverà a metter le mani anche su pezzi di Gene­ral Motors. Dall’altra, è indub­bio che nessuna nostra grande banca o impresa è stata mai nemmeno chiacchierata, co­me è successo con Citigroup o con le grandi banche inglesi. Perciò, se Tremonti e Sacconi parlavano in particolare del­­l’Italia, beh forse avevano un po’ meno torto. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/4/2009]