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 2009  aprile 20 Lunedì calendario

GALEOTTA FU LA STILOGRAFICA


Ho sempre sentito dire che mi ci era voluto un anno intero per imparare la lettera a. Il deserto della mia ignoranza cominciava al di là dell’invalicabile b». Confessa Pennac, ricordando gli anni bambini, quando il padre ironizzava sul suo incerto futuro da ignorante e la mamma si disperava per gli orrendi voti in pagella. Tra una lettera e l’altra, distratto sui banchi, il piccolo Daniel schizzava ghirigori, omini che fuggivano dalle noiose aule, ideogrammi di libertà. Quel caos s’è poi mutato in arte. Le parole disortografiche si son combinate in letteratura, gli scarabocchi in disegni bellissimi. Tracciati con la penna stilografica e con una penna stilografica sempre protagonista, di volta in volta sensuale amante, serpente tentatore, arma micidiale, strumento tossico. I disegni, una cinquantina, sono raccolti nel magnifico volumetto edito da Archinto col titolo Scrivere. La storia di come quel somaro mignon, disperazione dei genitori, sia diventato uno degli scrittori più amati d’Europa è invece nel Diario di scuola (Feltrinelli), autobiografia minima del mondo scolastico. Capace di dare nobiltà e anima dolente agli allievi che non se la cavano mai, e grandezza agli insegnanti dall’altra parte della cattedra che, nonostante tutto, riescono a salvare i somari e renderli uomini liberi. E veri.
Pennac, nomen est omen. L’amore per la penna stilografica continua?
«Ho un fratello generosissimo. Che riempiva i famigliari di meravigliosi regali. A me donò una penna stilografica. nel mio studio da 46 anni, assieme all’apposito calamaio. Da 46 anni la uso per depositare sulla carta pensieri, appunti, per disegnare e scarabocchiare. Per le lettere agli amici, perché preferisco l’inchiostro alla mail. Per riempire agende e taccuini di appunti durante il giorno, che alla fine diventano la metafora del tempo passato, della vita che è stata vissuta. la compagna più intima dei miei pensieri, dei miei sogni, delle mie paure. La uso per scrivere quando non ho la forza di scrivere».
La penna non è quindi strumento da romanzo?
«La penna stilografica è un po’ galeotta, stuzzica la fantasia, la divagazione. Appena la impugno, le lettere si trasformano in omini e disegnini, come quando ero in classe. Il romanzo invece ha bisogno di un po’ più di disciplina. Quando ho cominciato a scrivere sul serio ho dovuto incominciare a battere i tasti di una macchina, una vecchia Triumph, che ho tenuta fino a 35 anni. Poi il solito fratello generoso mi regalò una macchina da scrivere elettrica Ibm che produceva un rumore infernale di mitragliatrice e mi ha accompagnata fedele per i primi romanzi».
E al computer è refrattario?
«Gli amici mi dicevano che ero del Pleistocene a ostinarmi sulla macchina da scrivere. E così ho deciso di passare al computer. Il giorno in cui me lo consegnarono stavo lavorando al terzo Malaussène. Nell’istante stesso in cui il fattorino suonò alla porta, la macchina da scrivere elettrica esplose. stato un suicidio d’amore, di gelosia. Aveva capito che l’avrei tradita per un altro strumento. E dato che ci ho messo qualche settimana prima di imparare a usare il pc, ho rischiato di suicidarmi anch’io perché non potevo più scrivere».
Lei quand’era alunno invece di scrivere i temi o i dettati s’abbandonava a ghirigori. Un gesto di libertà, ma forse il maestro non era contento...
«Ero un pessimo studente. Sulla pagella l’insegnante scrisse: disegna dappertutto salvo che sui fogli da disegno. Non era un complimento».
 importante per i bambini imparare a scrivere?
«Apprendere la scrittura significa apprendere l’autonomia. Il tempo di leggere e di scrivere, come il tempo di amare, dilata il tempo del vivere. Ma quello strumento eccezionale è anche una dolorosa limitazione. Basta guardare i bambini che non sanno ancora scrivere: si scatenano a disegnare su grandi fogli, con ampi movimenti del braccio, linee larghe come il desiderio di conquistare uno spazio senza limiti. La scrittura li obbliga invece a disciplinare il polso, l’orizzonte infinito si riduce alle righe del quaderno. Non possono più usare il braccio come uno strumento di illimitata libertà, devono misurare i movimenti delle dita, concentrarsi sulle falangi dell’indice e del medio. tutta un’altra cosa».
Ma imparare a leggere e scrivere apre a un mondo di meraviglia.
«Martin Eden, il personaggio di Jack London, impara a leggere e scrivere perché vuole entrare nel cuore della fanciulla che ama, una figlia della borghesia, educata e istruita. Ma alla fine scopre che l’innamorata legge scemenze. Scopre, insomma, che la cultura non è un valore in se stessa. pieno il mondo di cretini che si occupano di cultura e restano cretini. Per salvarsi, Jack London diceva che ci sono due soluzioni, o leggere capolavori, o scriverli».
Il mondo è pieno anche di cretini che rifiutano programmaticamente la cultura, perché la cultura rende ricco solo lo spirito.
« una categoria ancora più numerosa e antipatica e perniciosa. Ma se leggi un libro o verghi la stilografica su un foglio bianco ti sembrano persino meno molesti».
I somari invece sembrano essere una categoria metafisicamente diversa. Lei, per esempio, era un somaro dichiarato, come confessa nel magnifico Diario di scuola. un messaggio di speranza per tutti i somari e per i genitori dei somari che non sanno più a che santo votarsi?
«Grazie al cielo il destino dell’uomo non si compie solo a scuola. Anche se la scuola salva, io per esempio mi sono salvato grazie a due o tre professori. Somaro, in francese si dice "concre", parola del XVII secolo che si collega a "granchio". un’immagine molto vera... perché il bambino somaro cammina di traverso, indietro, come il piccolo crostaceo, mentre il professore vuole portare la classe avanti e dritta. In "concre" c’è anche il significato di cancro, della malattia che ti resta dentro come cicatrice, anche quando si è guariti. Perché in fondo restiamo somari per tutta la vita. Quando abbiamo un dubbio; quando ci scoraggiamo; quando non abbiamo la forza di scrivere; quando l’amore ci sconvolge, vuol dire che siamo tornati somari. la nostra meravigliosa, vitale, umanità».