Francesco Grignetti, La stampa 20/4/2009, 20 aprile 2009
MERCENARI IN CAMPO CONTRO I PIRATI
Clicca sull immagine per ingrandirla Contro i pirati somali, ora scendono in mare i contractor. Anche quelli italiani. E figuriamoci le polemiche sul ruolo sempre più preponderante di questi strani operatori della sicurezza privata. Fatto sta che cresce la minaccia dei nuovi corsari. L’ultimo assalto, sventato da naviglio della Nato, ieri, ai danni di una petroliera norvegese.
Sequestrata da 24 ore, invece, una nave belga. Sono almeno 300 i marinai di varie nazionalità tenuti in ostaggio dai predoni del mare. Compresi dieci italiani. E per riscattare le loro navi, gli armatori sono costretti a pagare dai 2 ai 3 milioni di euro. Girano grosse cifre, insomma. E dal punto di vista delle società del settore è un business succulento. «Siamo arrivati in area e stiamo chiedendo le necessarie autorizzazioni», spiega Carlo Biffani, amministratore delegato della Security Consulting Group, società italianissima a dispetto del nome.
Dopo l’Iraq e l’Afghanistan, sono le rotte al largo della Somalia la nuova frontiera dei contractor. «Aree ad altissima turbolenza», le chiamano. Significa che un gigante come la Blackwater ha aperto una filiale nel Golfo Persico e armato una nave per offrire la scorta armata ai mercantili che transitano di lì. Altre società, come una specializzata inglese, offrono invece una squadra di tiratori da imbarcare nel tratto più pericoloso. E’ quanto vorrebbe fare anche Biffani, che non nasconde di avere in proposito colloqui in corso con armatori italiani e olandesi. «I militari - dice ancora Biffani - finora hanno dissuaso gli armatori dal rivolgersi ai privati e così le società di assicurazione.
Ma gli armatori sono disperati. Molte società fallirebbero se costrette a pagare un riscatto da 2 milioni di euro». Il pacchetto in offerta è un team di ex militari che stia a bordo per 4-5 giorni, armati sul serio, con carabine di precisione, visori notturni e anche qualcosa di più pesante. Salgono su un mercantile e lo scortano. Poi, usciti dal raggio di azione dei pirati, scenderebbero e s’imbarcherebbero su una nave che va in senso inverso. Semplice e redditizio. Costi preventivati, 30 mila euro a scorta.
In teoria i contractor non dovrebbero servire. Al largo della Somalia, infatti, da qualche mese incrocia una potente flotta della Nato e già si parla di inseguire i pirati sulla terraferma. Ma nonostante il dispiegamento di forze, quelli si fanno sempre più arroganti. Ormai attaccano in alto mare, perfino a 500 miglia dalla costa. Si sono dotati di navi-madre con cui andare al largo e poi di veloci barchini per assalire i cargo. Hanno kalashnikov e lanciagranate. Si registrano anche i primi assalti notturni: agli occhi degli analisti significa che sono dotati di radar e buon addestramento. Può bastare una squadra di contractor a bordo per fermarli? Probabile. Specie se a bordo ci fossero tiratori scelti in grado di colpire con fucili a lunga gittata, oltre i 400 metri. Qualche colpo di avvertimento avrebbe enorme effetto. «I pirati - dice ancora Biffani - sarebbero sotto il nostro tiro e senza possibilità di reagire. Sicuramente mollerebbero».
L’intervento poderoso delle marine militari mostra i limiti di fronte alle continue scorribande. l’altro giorno un elicottero ha sparato raffiche di avvertimento davanti a una piccola imbarcazione, ma non si è fermata. La nave canadese «Winnipeg» li ha inseguiti nella notte, finché è riuscita a bloccarli. I marinai hanno sequestrato un lanciagranate, ma sono stati costretti a lasciare i pirati: il mandato del Canada non prevede la detenzione di prigionieri. Un pazzesco dispendio di risorse per ottenere un corto circuito legal-burocratico.