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 2009  aprile 20 Lunedì calendario

LA DESTRA DI SINISTRA E IL MITO DI EASY RIDER


Non è solo che la destra s’è scoperta unica, vera sinistra. E’ che la destra italiana, dinanzi alla scomparsa della sinistra, prova a essere ciò che in parte era sempre stata.
Nella facoltà di Filosofia dell’Università di Roma ai primi anni novanta poteva accadere che Giano Accame, da poco ex direttore del Secolo d’Italia, incontrasse Lucio Colletti uscito da una lezione di filosofia teoretica e gli confidasse, tra l’altro: «Pensa te, Lucio, Almirante una volta che era particolarmente arrabbiato mi disse ”basta, sei tu che manovri tutti questi ragazzacci di sinistra!”». Dove per ragazzacci di sinistra il vecchio intendeva uomini come Gianni Alemanno, Francesco Storace, persino l’intellettuale Marco Tarchi, che aveva vinto il congresso del Fronte salvo poi veder assegnare d’imperio lo scettro a Fini. Insomma, un manipolo di destrorsi un po’ troppo terzomondisti, anticapitalisti, ecologisti, vagamente antiamericani, per poter esser considerati anche affidabili e «nazionalconservatori». E che film vedevano quei ragazzi? Ma Easy Rider, naturalmente.
Stupisce relativamente, allora, che il Secolo sempre in vena di repêchage si riappropri infine anche di ciò che più spontaneamente s’intrecciò col «suo sessantotto», il sessantotto di destra, o almeno quel sessantotto in cui i confini destra-sinistra non s’erano ancora così radicalmente divaricati, come accadrà di lì a poco. Nell’edizione di ieri il giornale diretto da Flavia Perina titolava «E ancora oggi vorremmo tutti essere Easy Rider», un numero consacrato al quarantennale del film. Ma non è che la destra ormai supplisce all’assenza di sinistra, come pure lascerebbero sospettare le critiche di Gianfranco Fini al premier. Semmai, è la destra che è sempre stata in fondo un po’ sinistra e - come sussurrava qualcuno l’altro giorno, uscendo da Santa Maria della Consolazione, ai funerali di Accame «il fascista rosso» - «adesso Fini se n’è ricordato».
Bizzarrie della politica italiana, il film diventato icona della controcultura, della battaglia contro la guerra in Vietnam, della marijuana che per la prima volta veniva ostentatamente fumata in pubblico, e non conduceva a nessun atto criminoso, anzi, a una fuga di libertà su due potenti Harley Davidson, ecco, quel film è in realtà sempre stato sottilmente amato da parte delle destre di mezzo mondo. Specialmente quelle che volevano essere rivoluzionarie. Nicolas Sarkozy è stato il primo, nelle celebrazioni del Maggio francese l’anno scorso, a invitare Dennis Hopper, attore e regista del cult-movie, ad aprire una grande retrospettiva alla Cinemateca francese. Lo stesso Hopper, peraltro (assieme a Chuck Norris), si accompagnava nell’ultima campagna elettorale americana a Mike Huckabee durante la stagione delle primarie; poi fece campagna per McCain. Al Capri film festival Hopper spiegò che Easy Rider «tutto voleva essere, tranne che un manifesto di sinistra». Semplicemente, «le città erano in ebollizione, si manifestava ovunque, era un’epoca dura segnata dalle uccisioni di JFK, di Robert Kennedy, di Martin Luther King e Malcolm X. Cercavamo di opporci alla guerra in Vietnam, tutti noi eravamo coinvolti nel movimento politico. Scrissi con Peter Fonda il film nel ”67, lo girai nel ”68 e uscì nel ”69, volevo raccontare un storia di motociclisti ma con il clima dell’epoca venne fuori un film sulla libertà». Lui voleva scrivere «un film sulle moto»!
Ecco, mentre Berlusconi domina la scena politica, Fini si ricongiunge col giornale della destra, mai come ora il Secolo e Gianfranco hanno marciato idealmente insieme. E il ministro Sandro Bondi spedisce il portavoce Alberto Crespi ad accompagnare Peter Fonda - l’altro grande attore del film - in visita al Cenacolo Vinciano nella basilica di Santa Maria delle Grazie a Milano, dopo avergli organizzato un omaggio: «Quest’uomo è un simbolo della cultura americana». Non un simbolo della sinistra. E pensare che nel ”69 erano usciti altre cose, il Pdl al potere poteva pur celebrare La caduta degli dei di Visconti, il Satyricon di Fellini, il teatro di Fo del Mistero buffo...
No, la destra che fa la sinistra - i «ragazzacci» - sceglie Easy Rider, le canne, il mito della ganja che non solo Bob Marley fumava. Ha detto Gianfranco Fini, rivalutando il sessantotto inviso invece a Berlusconi e Brunetta, che «ci si emozionava sentendo Joan Baez, i Beatles, il nome dell’università di Berkeley, c’erano i figli dei fiori alla Hopper, il Piper, si portavano i capelli lunghi... E anch’io me li lasciai crescere. Nel ”68 la destra perse una grande occasione. Anziché capire le ragioni dei giovani, difese l’esistente, si schierò con i baroni universitari, con i parrucconi». Un errore che qualcuno potrebbe ripetere, ora che Times they’re a changing, cantava quel «ragazzaccio» di Dylan. Neanche lui, in fondo, di sinistra.