Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 20 Lunedì calendario

«AMORI E TRADIMENTI IL MIO NEGRESCO SEGRETO»


Per la macchina, non c’è problema. Basta dar le chiavi al signore in livrea, con le calze blu e le scarpe con le ghette, come le portavano nel 1913, quando hanno aperto questo posto, affacciato sul mare, di fronte alla luna, un giorno di sole buono. Dieci anni fa lo voleva comprare Bill Gates e fece come fanno gli americani, soprattutto quando hanno i miliardi come lui, e mandò un avvocato con il farfallino e un libretto di assegni in bianco: «Metta lei la cifra», disse. «Qualsiasi cifra». Jeanne Augier non gli rispose neanche. «Ma perché devo vendere una cosa bella?». Forse è giusto così. Le cose belle non si vendono mai. E l’Hotel Negresco sta ancora affacciato sul mare come allora, di fronte alla luna parlando alle stelle, come la sera che cominciò questa storia, com’era nei sogni dell’emigrante romeno Henri Negresco, prima che arrivasse la guerra, che finisse la Belle Epoque e che il mondo morisse.
La vita bisogna saperla tenere, tutto qui. Ma non è così semplice come sembra. Jeanne Augier sta su al sesto piano, padrona di questo posto disegnato sulla storia, per guardarsi il mondo da un albergo dietro le colline e di fronte al mare. Al quinto pieno c’è il Secondo Impero, 1880, e al quarto, per il primo Impero, c’è un tavolino sopra la moquette firmata da Yvaral con tutte le battaglie di Napoleon.
Il Negresco è fatto così. Elton John per le sue tournée in Europa faceva base qui, poi andava a Barcellona, o a Madrid o a Roma a fare i concerti. A dormire tornava sempre in questo posto, camera 112 come quella del viaggio di nozze, camera veneziana, letto a barca col baldacchino, regalata da un americano che l’aveva comprata per la sua casa di Montecarlo: solo che non ci andava mai, e si può buttare via la bellezza così, senza farla mai vedere a nessuno? Un giorno telefonò alla signora Jeanne: «Gliela voglio regalare». Perché?, gli chiese lei. «Perché lei ama le cose belle. Le tiene bene. Io mi fido». Ha resistito così: dopo Bill Gates, volevano comprare quelli dello champagne Taittinger e poi i soliti arabi. Sempre no, ha detto. Ma come si fa? L’Hotel Negresco in Giappone è diventato una canzone, in America un mito come Montecarlo, in Francia un monumento come la Tour Eiffel.
Gliel’ha detto il sindaco di Nizza, ricorda lei. Jeanne Augier ha un tailleur celeste che ha la stessa dolcezza del suo albergo, qualcosa che non sta nell’esplosione di una immagine, ma in quello che ci sta dentro. Non è così facile da spiegare. Bisogna capire. La signora ha tenuto tutto del suo tempo, mica solo le memorie, anche il suo tempo: la stessa segretaria Danielle Curty da 40 anni, la stessa direttrice Nicole Spetz, lo stesso uomo di fiducia, Michel Palmère. Un mondo al femminile, una grande famiglia da mantenere.
Adesso Jeanne Augier ha lasciato tutto in eredità a un’associazione per gli animali: «Perché così tutto resta come adesso». E adesso è tutto com’era quando cominciò questa storia, nel 1957. «Mia madre aveva avuto un incidente e per colpa di un medico era rimasta paralizzata su una carrozzella. Noi eravamo una famiglia di costruttori. Quando venimmo qui per vedere l’albergo, mi colpì il grande ascensore: aveva il velluto, gli specchi e notammo che una carrozzella dentro ci stava comoda. Comprammo l’albergo per quello, per far capire a mia madre che la vita continuava».
Il grande ascensore è rimasto uguale. Altre cose sono cambiate. C’era una grande sala pranzo di 600 metri quadri: la divisero in tante sale bellissime, le arredarono con mobili d’epoca e d’antiquariato. Quando arrivarono non c’era nemmeno un arazzo alle pareti, niente di niente, e Jeanne chiese perché ai vecchi proprietari: «Perché sono i clienti il nostro arredamento», le risposero. Invece, da allora, gli ospiti si sono fatti arredare. Qui, fra il salon Royal con il lampadario in Baccarat di 16800 lampadine e il tappeto più grande del mondo di 375 metri quadri, sono nati e cresciuti gli amori tumultuosi fra Alain Delon e Romy Schneider e fra Richard Burton e Liz Taylor. Qui si nascondeva Anthony Quinn con la sua amante facendo impazzire di gelosia la prima moglie.
Erano i favolosi Anni Sessanta. Michel Palmère durante la loro prima tournée in Europa fecero base al Negresco e sulla carta dell’albergo scrissero The Fool on the Hill, e la firmarono Paul McCartney o John Lennon, Michel non è che se lo ricorda bene, ma quel foglio è rimasto come un’icona, questo se lo ricorda. Gli anni poi sono passati «e il fascino è ancora lo stesso». Quando Michael Jackson è venuto in Francia, s’è fermato in questo albergo e ha bloccato tutto un piano, liberando solo una stanza, ma per farne una pista da ballo. C’è rimasto cinque giorni e il brutto è che non voleva più andarsene via, perché s’era trovato benissimo.
Beh, qui è difficile trovarsi male. Quindici anni fa ci fecero un festival del cinema italiano a Nizza, una specie di omaggio. E c’erano Monica Vitti, Aznavour, Sofia Loren e un mucchio di altri, come ricorda Michel. C’era Sofia Loren che non voleva sedersi in certi posti perché le veniva male il profilo e Monica Vitti che le dava il suo: «Io non ho problemi di profilo», diceva. Gli scappa da sorridere perché la memoria si accontenta di poco.
Il fatto è che il Negresco è sempre stato così fino a due anni fa, dice la signora Jeanne. «E’ da poco che c’è la crisi». Ma non importa: lei ha mantenuto lo stesso tutti i 260 dipendenti, non ha rinunciato manco a uno. «Perché il nostro segreto è la famiglia», dice.
Guarda il mare qui intorno, e piove, senti come piove. «L’ho preso per salvare mia madre - dice - pensando alla famiglia. E ho continuato a farlo». Dice: «Per questo è un posto così bello».