Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Che dire di una conferenza mondiale contro il razzismo organizzata dall’Onu nella quale il presidente di un grande Stato dice che Israele è razzista?
• Che dire?
Che l’Italia ha fatto benissimo a non andare, in modo da non dare il minimo appiglio ai nemici di Israele.
• Spieghi bene.
Una decina di anni fa l’Onu pensò bene di intensificare la lotta per l’affermazione dei diritti umani, e dopo un lungo lavoro di preparazione organizzò una conferenza a Durban, in Sudafrica, su razzismo, discriminazione, xenofobia e intolleranza. Centoquaranta delegazioni, 15 capi di Stato, 10 mila rappresentanti accreditati e, però, 17 mila dimostranti a sfilare per le strade con magliette e cartelloni in cui la stella di David era stata deformata in una svastica. Tra i capi di Stato c’erano Fidel Castro (ancora nel pieno dei poteri) e Arafat, ancora vivo. Tra i temi in discussione: «Lo schiavismo inteso come colpa dell’Occidente e specie degli Usa insieme alla discriminazione colonialista, e la proposizione di Israele come stato razzista». Capisce? I rappresentanti del Terzo Mondo e in special modo dei Paesi islamici si erano impadroniti dei lavori e alla fine votarono una risoluzione razzista contro Israele. Quattro giorni dopo, ci furono gli attentati alle Torri Gemelle. Saggezza avrebbe forse voluto che questi appuntamenti si lasciassero perdere. E invece quest’anno ecco la seconda edizione della conferenza, stavolta a Ginevra.
• L’Italia non è andata.
No, perché si stava preparando qualcosa di simile a Durban. Vi fu un lungo lavoro preparatorio per elaborare un documento finale equilibrato, e da questo documento finale è stato effettivamente eliminato ogni riferimento a Israele. Ma a un certo punto la nostra diplomazia si rese conto che sarebbe stato impossibile garantire un dibattito senza interventi razzisti contro Tel Aviv e decise di non partecipare. Così i lavori si sono svolti senza italiani, americani, tedeschi, polacchi, australiani, canadesi, neozelandesi e israeliani. I francesi e gli inglesi sono voluti andare lo stesso, benché fosse annunciato, tra i primi discorsi, quello di Ahmadinejad, il presidente iraniano, per il quale erano state preparate accoglienze trionfali. Ahmadinejad, che ha parlato dopo il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, non ha purtroppo tradito le attese.
• Che cosa ha detto?
«Dopo la fine della Seconda guerra mondiale gli alleati sono ricorsi all’aggressione militare per privare della terra un’intera nazione, sotto il pretesto della sofferenza degli ebrei. Hanno inviato immigrati dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal mondo dell’Olocausto per stabilire un governo razzista nella Palestina occupata». Ha poi aggiunto, tra non pochi applausi della platea, che «gli Stati occidentali sono rimasti in silenzio di fronte ai crimini commessi da Israele a Gaza» e che «occorre rivedere le organizzazioni internazionali e il loro modo di lavorare». A parte tutto il resto, attiro la sua attenzione sul fatto che la sofferenza di Israele per l’Olocausto è stata considerata «un pretesto »: Ahmadinejad ha sempre sostenuto che Israele deve essere annientata e che le camere a gas sono solo un’invenzione occidentale.
• I francesi, gli inglesi e gli altri europei non hanno protestato?
Sì, la delegazione dell’Unione europea ha abbandonato per protesta i lavori ( nella foto Reuters in alto). Sarkozy ha avvertito che la Ue dovrà adottare un’estrema fermezza contro gli appelli all’odio come quello fatto dal presidente iraniano. Tutte reazioni tardive: sarebbe stato meglio non sedersi al tavolo con un uomo politico che sostiene quello che sostiene dal giorno dell’insediamento. E che è in campagna elettorale, dunque su questo punto non avrebbe di sicuro fatto marcia indietro: l’agenzia stampa Fars ha diffuso il discorso in Iran sostenendo che Ahmadinejad ha definito Israele «la più orribile manifestazione del razzismo» e che la comunità internazionale usa «due pesi e due misure sui diritti umani e la violazione degli stessi negli Usa e in Europa». Il governo israeliano, per manifestare il suo malcontento, ha richiamato «per consultazioni» il suo ambasciatore in Svizzera. Il clima non è migliorato neanche dopo la parte del discorso – possibilista e più moderata – dedicata alla mano tesa di Obama. «L’America ha fatto un’apertura importante, a cui però devono seguire fatti concreti». Quanto al nucleare, «dico no all’arma, sì all’energia ». Un modo per ribadire che Teheran non si ferma. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 21/4/2009]
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