Sergio Romano, Corriere della sera 21/4/2009, 21 aprile 2009
MONTANELLI E PREZZOLINI UNA RECIPROCA AMMIRAZIONE
Sono una studentessa liceale ticinese. Mio papà sta leggendo il volume dei «Diari» di Indro Montanelli e mi racconta che Montanelli ne dice di tutti i colori; forse salva solo Giuseppe Prezzolini, di cui io non so quasi nulla, perché a scuola nessuno ce ne ha mai parlato. Lei li avrà conosciuti entrambi e chissà quanti aneddoti potrebbe raccontarci di loro. Sarebbe bello che qualche volta lo facesse.
Gabriella Casagrande
Lugano (Svizzera)
Cara Gabriella,
Nei diari che lei sta leggendo i cenni a Prezzolini sono pochi ma rivelatori. Nel luglio del 1969 Montanelli scrive di avere ricevuto una lettera con cui Prezzolini lo ringrazia per avere citato il suo nome due volte in uno stesso articolo e aggiunge di essergli grato «di queste continue testimonianze di affetto e di simpatia». «Non è vero, commenta Montanelli, preferirebbe che non parlassi affatto di lui, o che ne parlassi male, per poter pensare che anch’io l’ho dimenticato o tradito, che non c’è nessuno, proprio nessuno che gli sia rimasto amico. Non gli darò questa soddisfazione. Voglio che muoia almeno con un piccolissimo dubbio sulla ingratitudine degli uomini su cui per tutta la vita ha fatto così comodo assegnamento».
Tre anni dopo, nell’aprile del 1972, un altro episodio descrive ancora più chiaramente la natura dei loro rapporti. Montanelli è a Lugano, dove Prezzolini si è trasferito ormai da qualche mese, per una conferenza sul fenomeno della contestazione studentesca, esploso in Europa nella seconda metà degli anni Sessanta. Di fronte a Prezzolini, seduto fra la gente, Montanelli parla di lui come del «vero inventore della contestazione». Si riferisce agli anni in cui il suo vecchio amico dirigeva a Firenze La Voce, un settimanale intelligente, irriverente, spregiudicato, anti-retorico che stava spalancando le finestre della cultura italiana e avrebbe avuto una grande influenza anche sulla generazione di Montanelli. Prezzolini («più solido, più arzillo, più pugnace di prima») apprezza il complimento e invita Montanelli a colazione nella sua «casa da emigrante, come tutte quelle che ha avuto, di una semplicità monacale e di una avarizia toscana; ma con una bella vista sul lago».
I due stanno volentieri insieme. Hanno gusti, virtù e difetti diversi, ma ciascuno dei due riconosce nell’altro qualcosa che gli appartiene. Montanelli descrive Prezzolini «scabroso e ruvido», ma «sensibilissimo all’affetto». E aggiunge: «Coi ticinesi non ha ancora litigato. Ma si vede che si propone prima o poi di farlo perché non ha stretto rapporti di amicizia, e nemmeno di buon vicinato ». Sono parole rivelatrici. Parlando di Prezzolini Montanelli descrive se stesso. Benché abbiano fatto scelte di vita e professionali molto diverse, entrambi hanno bisogno di continui duelli in cui aguzzare le frecce della loro intelligenza e della loro ironia. E hanno entrambi una naturale riluttanza ad accettare le verità ufficiali, la retorica dei buoni sentimenti, gli imperativi del «politicamente corretto». Quando parlava di Prezzolini ai suoi lettori, Montanelli ricordava spesso la «Società degli apoti » che il fondatore della Voce aveva lanciato agli inizi degli anni Venti per reagire al clima politico italiano di allora. Gli «apoti» (un neologismo che lei, cara Gabriella, non troverà nel vocabolario) sono quelli che «non la bevono », quelli che non si lasciano incantare dalle chiacchiere: una categoria di cui Montanelli si considerava, insieme a Prezzolini, membro permanente.
A proposito di aneddoti ve n’è uno che mi è stato segnalato qualche giorno fa da Arturo Colombo. Nel Centro dell’Università di Pavia creato da Maria Corti per la raccolta dei manoscritti degli scrittori italiani vi è la copia di una lettera di Montanelli a «Prezzo» (come lui chiamava l’amico) dell’8 settembre 1977 in cui è scritto, tra l’altro: «Sabato scorso, passando da Lugano, ho sentito da Jakie che avevi mal di denti. E non ti vergogni? Alla tua età avere ancora i denti? Sei un mostro. Un abbraccio dal tuo invidiosissimo Indro».
PS. Questa risposta vuole ricordare Montanelli, sulla sua pagina, alla vigilia del centenario della sua nascita.