Varie, 21 aprile 2009
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Solmi Federico
• Bologna aprile 1973. Artista. Autore del discusso crocefisso (ritrae un ipotetico papa con il pene in erezione) esposto ad Artefiera Bologna nell’allestimento-video The Evil Empire e sequestrato il 27 gennaio 2009 dai carabinieri perché ritenuto «blasfemo», poi vinciotore del premio Guggenheim • «[...] carriera [...] iniziata nel 1999 a New York. [...] A sostenere in giudizio l’artista italo-americano, è stato tra gli altri il direttore dell’Istituto di Cultura di New York Renato Miracco, con una lettera indirizzala al Tribunale di Bologna in cui si legge: ”Come pittore e video artista Federico possiede una rara capacità espressiva […] Non possiamo essere legati solo ad una nostra identità del passato, pur indiscussamente fondamentale, ma dobbiamo sostenere chi quotidianamente cerca di dare al Paese una connotazione moderna”. Senza contare il supporto della Collezione Farnesina, fiore all’occhiello del Ministero degli Esteri, che della censuratissima serie Rocco Never dies di Solmi ha chiesto in prestito 20 opere in cinque anni. [...] ”[...] il mio e quello dei miei collaboratori è un lavoro serio, importante. Non mi sono divertito in tribunale e mi ha seccato contattare due avvocati per difendere un’opera d’arte, riconosciuta ora a livello mondiale. Il Premio Guggenheim nasce nel 1925 e ha all’attivo ben 102 artisti divenuti nel tempo Premi Nobel. Una bella responsabilità. Lo hanno vinto personalità del nostro secolo come il biologo Renato Dulbecco e il poeta-scrittore Octavio Paz. Devo ammettere che è stata proprio la passione per la scienza, per la tecnologia a salvarmi la vita, a darmi forza tra tribunali e rigetti in galleria. [...] Il Guggenheim mi ha persino chiesto di ideare qualcosa di ancora più estremo, provocatorio. E pensare che è cominciato tutto con convinzione ma per gioco. [...] ho compilato una ”application” per iscrivermi al concorso della Fondazione Guggenheim e ricordo di aver esaltato la mia formazione da autodidatta a New York, sottolineando nella scheda introduttiva la frustrazione verso il mondo accademico e la mal sopportazione di quelle losche persone che, solo per aver frequentato università elitarie come Yale o la Columbia, possono permettersi di emergere. Per fortuna l’America è il Paese della speranza, in cui i sogni si possono avverare anche se non sei connesso ai ceti più ricchi. [...]» (Filippo Brunamonti, ”il manifesto” 21/4/2009).