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 2009  aprile 20 Lunedì calendario

COSI’ LA CRISI RIDISEGNA I GRANDI MARCHI


La recessione ha cancellato e rischia di cancellare brand storici e famosi in tutto il mondo, rimescolando i segni della globalizzazione. Un sito finanziario americano ha analizzato bilanci e prospettive di 100 aziende: ne è scaturita la lista di 12 simboli che potrebbero scomparire entro il 2010
La linea più innovativa di GM ha subito un crollo di vendite di quasi il 60 per cento
Sono già scomparse catene distributrici come Circuit City e prodotti come i personal Gateway

Ora, la crisi sale di livello e va a mordere giganti, noti anche fuori d´America, investendo gli autonoleggi della Avis, i palmari della Palm, jeans e magliette Gap e Eddie Bauer.
Il sito di notizie finanziarie "24/7 Wall St." (www.247wallst.com) ha esaminato i conti di cento aziende in difficoltà. Mettendo a confronto i bilanci e la competizione che devono affrontare ne ha individuate una dozzina che saranno, probabilmente, costrette, entro il 2010, a gettare la spugna, accettando scelte dolorose, come la chiusura di interi rami di attività, la loro cessione o la liquidazione di marchi, anche assai visibili. Questa la lista delle più note, che non esclude, naturalmente, salvataggi all´ultima ora o resistenze vittoriose.
Avis/Budget. Le due catene di autonoleggi sono gestite dallo stesso gruppo di controllo. Avis è il ramo più grosso, con 5.100 punti vendita, contro i 2.750 di Budget. La stretta al credito ha fatto venire il fiato grosso alle due catene, nel momento in cui l´industria dei viaggi rallenta, facendo salire i costi e diminuire gli incassi. Avis/Budget, secondo gli analisti, potrebbe avere difficoltà a rispettare i vincoli di operatività legati ai crediti ricevuti. I conti si chiudono in rosso consecutivamente da tre anni. Nel 2008, ha perso oltre un miliardo di dollari, su un fatturato totale di 6 miliardi. Ufficialmente, la compagnia dichiara che continuerà a far operare i due marchi, ma, con un fatturato 2009 che si prevede in discesa, potrebbe essere costretta a chiuderne uno. Quasi certamente, a scomparire sarà la catena più piccola, Budget.
Crocs. I suoi zoccoli sono stati uno dei più grossi successi commerciali degli ultimi anni, ma quel business è stato venduto e le azioni Crocs, che trattavano a 72 dollari a fine 2007, sono scese sotto i 2 dollari. Il fatturato si è dimezzato e, contro i 55 milioni di dollari di profitti di fine 2007, l´ultimo trimestre 2008 ha visto una perdita di 43 milioni. Anche qui, è la stretta al credito che strangola l´azienda. A fine marzo, una buona fetta di prestiti è stata rinnovata per altri sei mesi. Ma Crocs potrebbe non durare oltre.
Gap. Il gruppo opera tre marchi: Gap, Old Navy e Banana Republic. La logica è quella di mirare più da vicino i consumatori, con un´offerta più omogenea nei singoli negozi. Come, in Avis/Budget, la seconda è quella più economica, qui Banana Republic offre un abbigliamento più formale, Gap più casual, Old Navy più economico. In marzo, Gap e Banana Republic hanno visto scendere le vendite circa del 15 per cento, mentre a Old Navy sono rimaste piatte. La perdita di consumatori era cominciata comunque già nel 2008 e Gap, l´anno scorso, ha registrato un margine operativo inferiore al 6 per cento. Se l´emorragia di vendite non si ferma, il gruppo potrebbe essere costretto a chiudere la catena Old Navy, che è il marchio meno consolidato e con i negozi più grandi e costosi.
Eddie Bauer. I conti sono pessimi e spiegano perché il titolo, quotato 8 dollari ancora a settembre, sia oggi a 0,38 centesimi. Nell´ultimo trimestre 2008, la catena ha perso 128 milioni di dollari, su un fatturato di 369 milioni, in pratica, un dollaro ogni tre di vendite. Standard&Poor´s dà alle obbligazioni dell´azienda il rating più basso in assoluto disponibile: CCC-. Visti i problemi a rispettare le condizioni dei prestiti, Eddie Bauer, secondo 24/7 Wall St., potrebbe abbassare una volta per tutte le saracinesche dei negozi prima dell´estate.
Chrysler. L´ultima parola spetterà, probabilmente, agli uomini Fiat, ma, dei tre marchi dell´ex gigante di Detroit (Dodge, Jeep e, appunto, Chrysler) potrebbe essere proprio quello che ha dato il nome al gruppo a sparire dalla circolazione. Sia Dodge che Jeep, pur vedendo le vendite scendere del 40 per cento, sono riuscite a vendere ognuna più di Chrysler, dove sono crollate del 61 per cento: 45 mila in tutto, nel primo trimestre. Poco per giustificare le spese di marketing, necessarie a reggere un marchio.
Saturn. La stessa sorte attende, probabilmente, il marchio che la General Motors inventò per i suoi prodotti più innovativi. Nel primo trimestre, le vendite Saturn sono scese del 59 per cento: meno di 20 mila vetture.
Palm. Tutte le speranze di sopravvivenza della prima azienda di palmari sono nel nuovo modello, Pre. Le ricerche di mercato dicono, però, che chi ha già un iPhone o un Blackberry non passerà a Pre. Palm, dunque, deve trovare clienti che ancora non hanno uno smartphone. Pre, però, funzionerà solo via Sprint, l´operatore numero tre di telefonini sul mercato Usa e in calo di clienti. Intanto, Palm ha perso, negli ultimi tre mesi, 95 milioni di dollari, più di quanto (91 milioni) abbia incassato in tutto. Fra un anno potrebbe essere tutto finito. A meno che Bono Vox, il leader degli U2, entrato nell´azienda con il suo fondo Elevation Partners, non decida di tener duro.
United. E´ la più debole delle tre compagnie aeree Usa nei guai (le altre due sono American e UsAir). Nell´ultimo trimestre 2008, il cash flow è stato negativo per quasi un miliardo di dollari e il contante necessario arriva solo da un´ipoteca sugli aerei, da parte di una carta di credito. Il numero di passeggeri sta diminuendo per tutti e United potrebbe essere assorbita da Continental.
Aig. Qui, il problema è liberarsi di un brand avvelenato, dopo che il crac della più grande compagnia di assicurazioni del mondo ha reso il nome Aig simbolo della crisi finanziaria. Il gruppo verrà, probabilmente, suddiviso nelle sue unità operative che, già oggi, non hanno la sigla Aig nel loro marchio.