Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Napolitano ha cominciato le consultazioni ieri pomeriggio: prima Marini, poi Bertinotti, poi il gruppo misto della Camera e quindi quello del Senato. Finirà martedì, con le delegazioni dei due partiti più forti – cioè il Partito democratico e Forza Italia – e subito con gli ex presidenti della Repubblica, cioè Cossiga Scalfaro e Ciampi. A quel punto prenderà una decisione: un incarico, un reincarico, un mandato esplorativo, lo scioglimento del Parlamento, lo scioglimento del solo Senato.
• Mi faccia capire. Lei ha detto “Forza Italia”. Ma Berlusconi non aveva fondato un altro partito, qualcosa come Popolo della Libertà?
Ieri Fini ha detto che la faccenda del Popolo della Libertà deve considerarsi per il momento chiusa. Il capo di An dice che non c’è tempo da perdere con i nuovi partiti o con maneggi d’altro tipo. Bisogna andare a votare presto, e Berlusconi – secondo lui – è sicuramente il capo del centro-destra. La Lega è d’accordo. Casini soffre.
• Perché?
Casini non vuole Berlusconi tra i piedi. Per non avere Berlusconi tra i piedi, ci vuole tempo. Se si va a votare adesso per lui è un guaio. Se si rimette con i tre partiti del Polo, deve abbassare la testa e riconoscere la leadership del Cavaliere. Se corre da solo e la legge elettorale è quella di adesso (quella – tra l’altro – che ha voluto lui) non può beneficiare del premio di maggioranza. Quindi punta al governo di «responsabilità nazionale», cioè si manda a Palazzo Chigi qualcuno che cambi la legge elettorale, in modo da evitare il referendum (che Casini vive come una iattura). Questo governo di «responsabilità nazionale» starebbe in piedi o col sistema di non fargli votare contro nessuno – quella che il Pci del compromesso storico chiamava la «non sfiducia» – o col sistema di farlo appoggiare più o meno da tutti, ma «senza impegno», o con un misto dei due sistemi. In ogni caso, ministri svincolati dai partiti, nomi di prestigio a fare i ministri, eccetera.
• E chi sarebbe il presidente del Consiglio?
Gira il nome di Gianni Letta. Berlusconi, quando gliel’hanno riferito, ha rispost « una cosa di cui non ho mai sentito parlare». Berlusconi, d’altra parte, ha fatto capire che un governo di «responsabilità nazionale» si può fare anche dopo il voto, cioè con lui che dà le carte. Ieri a Napoli ha detto: «Se vinceremo, qualunque sia il risultato, chiameremo tutti a un atto di responsabilità».
• E il Partito democratico?
Ieri hanno fatto un vertice nel loft. C’è andato anche Prodi. Sono usciti all’apparenza tutti d’accord almeno ufficialmente, non vogliono le elezioni subito. Benché Prodi abbia già detto che non può essere reincaricato («sono stati venti mesi bellissimi, ho perso, farò il nonno»), Veltroni e Franceschini proporranno a Napolitano di far tentare un primo giro proprio a Prodi. Se Prodi dovesse fallire, chiederanno di tentare il governo istituzionale. Il fatto che i democratici dicano “istituzionale”, mentre Casini dice “di responsabilità nazionale”, significa che i democratici hanno problemi a imbarcare eventualmente l’Udc nella maggioranza. Ieri qualche dichiarazione rifondarola aveva chiaramente il sens «Casini non lo vogliamo». Badi, non è che significhi granché. Specialmente in fasi come questa, le posizioni cambiano di continuo e la tattica trionfa. Per esempio, sembra tramontata l’idea di Veltroni di correr da solo. Ieri il suo vice Franceschini era su questo punto molto più possibilista.
• Senta, ma mentre il governo è andato a casa chi comanda in Italia? Perché mi sembra pericoloso che Palazzo Chigi sia vuoto...
Ma no, il governo Prodi è sempre in carica fino a che non sarà insediato il nuovo esecutivo. Quindi, se Napolitano non riuscirà a trovare una maggioranza per un nuovo gabinetto e dovrà sciogliere il Parlamento, Prodi guiderà il Paese nel periodo elettorale e ancora dop mentre si voteranno i presidenti di Camera e Senato, mentre si svolgeranno le nuove consultazioni, il presidente del Consiglio sarà sempre lui, e nei vari dicasteri continueranno a dar ordini i ministri di adesso. Certo, dovranno tutti quanti gestire soltanto l’ordinaria amministrazione, cioè limitarsi a portare a compimento, possibilmente, l’attività avviata. Anche così, però, non mancheranno momenti delicati. Per esempio a febbraio bisognerà votare le leggi che rifinanziano le nostre missioni militari all’estero, una questione che ha tormentato i venti mesi di Prodi. Parecchi esponenti della sinistra radicale ieri hanno detto che voteranno contro. Soccorreranno sicuramente i voti del centro-destra. Altrimenti potrebbe capitare che i nostri militari siano richiamati a casa – con gran dispetto degli Stati Uniti – non per una scelta politica meditata, ma per la debolezza e il caos nel quale ci troviamo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 25/1/2008]
(leggi)