La Stampa 25/01/2008, Franca Rame, 25 gennaio 2008
E SE DOMANI TORNASSE BERLUSCONI
La Stampa 25 gennaio 2008. Caro direttore,
l’altra sera, dopo la giornata trascorsa alla Camera, sono rientrata a casa senza alcuna voglia di parlare. Mi sono sdraiata sul letto a riflettere. Pensare e ripensare a quanto visto e udito in quella lunghissima giornata. Avevo addosso un grande sconforto. Sono entrata a Montecitorio alle 15,30. Il governo era presente al completo, Prodi con tutti i suoi ministri, meno l’ineffabile Mastella. Ho ascoltato le dichiarazioni di voto dell’opposizione e di qualche rappresentante della sinistra cosiddetta estrema. Erano entrambe violente e insultanti. Parola d’ordine: «Vattene Prodi». Non mi giudichi «facile al patetico», non lo sono. Piuttosto mi sono messa nei panni di Prodi e ho vissuto il suo stato d’animo. Stavo male per lui. Me ne sono uscita interamente svuotata. Già la mattina era cominciata male. Un’amichevole conversazione con un compagno che stimo è degenerata in un attimo, partendo dal voto di fiducia a Prodi.
La coerenza è stata una costante assoluta della vita mia e di Dario Fo, coerenza che abbiamo anche pagato caramente. Sono salita su questa strana nave che a momenti mi ricorda quella dei folli, pensando di poter fare qualcosa di utile. Non mi è stato possibile. Non ce l’ho fatta. Essere coerenti con le proprie scelte ideologiche è onesto, giusto, indispensabile... ma se non te lo puoi permettere? Non ti resta che rassegnare le dimissioni. Cosa che ho fatto. Senza presunzione dico che non so se il governo avrebbe retto senza i miei «sì» con i piedi saldi a terra, dettati dal senso di responsabilità. Se qualcuno di quelli che mi hanno votata pensa che io abbia tradito i miei elettori e me stessa, io rispondo che l’esame di coscienza me lo sono imposto ogni giorno. Adesso tocca a loro, mettendosi anche nei miei panni fino in fondo. La coerenza va ragionata e non perseguita a piedi giunti a oltranza, muovendosi esclusivamente lungo le proprie convinzioni. Causa ed effetto.
Il governo è caduto. I responsabili di ”sto sfacelo dovranno renderne conto a «molti» italiani. Sì, non tutto è andato come si voleva. Sì, la gente sta male. Sì, ci siamo trovati in mezzo a guerre, così dette «missioni di pace», sì i precari, sì gli operai che si alzano alle 5 e vedono crescere i figli quando li vanno a guardare mentre dormono, solo la sera al rientro. Sì, le pensioni fanno schifo... beh, non tutte: un importante politico intasca circa 500 mila euro l’anno. Sì, non s’è mosso un dito per il conflitto d’interessi e la cancellazione delle leggi ad personam. Ma in quanti «mangioni» si saranno dati da fare perché a Prodi non si permettesse di affrontare l’argomento? Ma che Prodi, in quel suo governo, di fatto, si trovasse come un condannato agli arresti domiciliari con manco un cane che gli portasse le arance... non l’avete mai considerato? Andavano da lui solo a imporgli, a chiedere e a ricattare. Bella gente!
Che Berlusconi ci ha lasciati con le pezze al sedere nessuno se ne ricorda? E che i soliti furbacchioni hanno collezionato cariche e privilegi in quantità? Non ha fatto proprio niente Prodi? In un editoriale Scalfari faceva un elenco che dimostrava proprio il contrario. Sono poi passati solo 19 mesi. Bastavano per rimettere in piedi un Paese completamente allo sfacelo? Cosa pensano i responsabili della caduta di Prodi, che tornando Berlusconi a Palazzo Chigi la classe operaia andrà in fabbrica con la Ferrari, i pensionati sverneranno a Sanremo e i precari avranno contratti d’oro che erediteranno i loro figli e i figli dei loro figli? E se non andasse così? E se si peggiorasse come è più che probabile? No, l’estremismo non mi è mai piaciuto. Penso a un tale, di cui ci si ricorda sempre meno, che sentenziava: «Attenti. L’estremismo è la malattia infantile del comunismo». Ha sbagliato: non è una malattia infantile, ma senile! Ed è una malattia all’ultimo stadio. Senatrice.
Franca Rame