La Stampa 25/01/2008, RICHARD NEWBURY, 25 gennaio 2008
Sul treno che collega Parigi e Londra
Il Tgv cancella Waterloo. La Stampa 25 gennaio 2008. LONDRA. All’inizio degli Anni Cinquanta Winston Churchill stava pianificando nuovamente i suoi funerali. Convocò il padre di uno dei miei amici, che era l’assistente di campo del General Officer Commanding al Distretto di Londra, responsabile del cerimoniale di Stato, e gli disse che aveva deciso che, dopo la funzione alla St. Paul’s Cathedral, voleva essere trasportato solennemente sul Tamigi con le gru che si inchinavano per salutarlo ricordando l’attacco hitleriano ai docks, e poi essere condotto alla tomba di famiglia a Bladon, partendo dalla stazione di Waterloo. Pensando che il vecchio primo ministro cominciasse a perdere qualche colpo, l’assistente di campo educatamente gli ricordò che i treni per l’Oxfordshire, dov’è Bladon, partivano dalla stazione di Paddington. «No, giovanotto. Ho controllato. Si può cambiare a Reading». Tutto per costringere de Gaulle a rendergli l’ultimo omaggio nella stazione che ricordava la vittoria decisiva di Wellington su Napoleone. Per 150 anni la stazione da dove partiva la Freccia d’oro per Parigi è stata quella di Victoria, nel nome della regina che era stata così battezzata per celebrare quella stessa Vittoria così nefasta per le ambizioni imperiali di Bonaparte. Poi, con l’apertura del servizio Eurostar per Parigi e Bruxelles attraverso il tunnel sotto la Manica nel 1998, il terminus divenne proprio Waterloo, tra le proteste del deputato gollista Florent Longuepe, che scrisse a Blair. «Capirà, ne sono certo, il disagio per i francesi nell’essere accolti a Waterloo dopo aver attraversato il tunnel sotto la Manica, simbolo della cooperazione tra le nostre nazioni. In tempi di integrazione europea, alla quale lei tiene, mi sembrerebbe più opportuno che ribattezzaste la stazione con un altro nome». Altrimenti, minacciava Longuepe, la Gare du Nord parigina, da dove partivano i treni per Londra, sarebbe stata chiamata Fontenoy, per ricordare la disfatta degli inglesi contro i francesi del 1745. Blair invitò il deputato a un colloquio privato al 10 di Downing Street, «giusto una traversa dopo Trafalgar Square». Dopo undici anni di lavori, i 100 chilometri della linea ad alta velocità che ha posto Londra a 31 minuti dalla Manica e a 2 ore e 15 da Parigi sono stati completati lo scorso novembre. La linea attraversa la capitale con un tunnel di trenta chilometri che passa sotto 2600 case e quattro linee del metrò, sfiora sottoterra per soli 75 centimetri la galleria dell’autostrada M25 sotto il Tamigi. Il tutto per tagliare di 40 minuti il viaggio verso Parigi e Bruxelles al costo di 9 miliardi di euro e 100 milioni di ore di lavoro. I francesi, compresi i 700 mila che vivono a Londra, ora possono felicemente arrivare e partire dalla stazione di St. Pancras, capolavoro vittoriano sapientemente modernizzato, dove l’unica fonte di polemiche è sull’origine del martire che diede il nome al villaggio medievale e alla chiesa che una volta sorgeva lì: forse era romano, forse di Taormina. La stazione venne costruita tra il 1866 e il 1868 per accogliere gli arricchiti industriali di Birmingham, provenienti da quel Paese Nero che si era auto-nominato giustamente «la fabbrica del mondo». Ma quando passava con la sua carrozza dentro questa macchina a vapore del suo impero la regina Vittoria tirava sempre giù le tendine. St. Pancras, monumento vittoriano alla prima era delle Ferrovie, ora potrebbe diventare il simbolo della rinascita del Treno. Nell’ultimo decennio il traffico ferroviario è cresciuto del 50 per cento, mentre il 2007 ha visto per la prima volta una diminuzione del traffico aereo, del 2 per cento. Il traffico internazionale intanto sta esplodendo, grazie proprio ai collegamenti veloci con il Continente non più isolato dalla nebbia. La ferrovia è competitiva sui tempi da centro città a centro città, e le sue emissioni di gas serra sono venti volte inferiori a un viaggio aereo sulla stessa distanza. La volta originale in ghisa e vetro di St. Pancras fu realizzata da Sir William Barlow nel 1865 ed era allora, con i suoi archi appuntiti in stile medievale, il più grande spazio coperto del mondo. Adesso è stata ampliata per accogliere i 18 vagoni dell’Eurostar con un progetto seguito da Lord Norman Forster, l’architetto di fama mondiale che ha disegnato lo Stadio Olimpico di Pechino. Questa cattedrale del vapore ricorda le chiese in mattoni dell’Italia del Nord o la Guild Halls di Amiens, Ypres e Bruges, e nella nuova St. Pancras International queste linee sono state restaurate e messe in rilievo con pittura color del cielo. In contrasto con i trasandati terminal degli aeroporti dove i passeggeri sono trattati come pecore e criminali, qui tutto è lussuoso, ampio, con pavimenti in legno lucidi, il più lungo bar per champagne al mondo, negozietti chic che fanno «più Burlington Arcade che Oxford Street», una libreria con 20 mila volumi. Meglio della Grand Central Station di New York, meglio che nell’era della Ferrovia... Anche l’altro capolavoro di fronte, il Midland Hotel, massimo esempio di gotico vittoriano in mattoni rossi di Sir Gilbert Scott (1868-76), è stato restaurato ed è divenuto un Marriot Hotel a 5 stelle. E pensare che nel 1966 il governo di Harold Wilson voleva buttarlo giù, come un relitto dell’era vittoriana, una mostruosità ai tempi del trionfo delle autostrade e della brutale architettura della Swinging London. L’albergo, quintessenza del Vittorianesimo, fu salvato da una campagna orchestrata dall’eccentrico poeta John Betjeman, il cui nome ora porta, lui ne sarebbe deliziato, il pub all’interno della stazione rinnovata. Ma c’è anche un retroscena diplomatico. Il progetto per il Midland Hotel era in principio destinato al nuovo Foreign Office che doveva sorgere davanti al Parlamento. Solo che l’appena eletto primo ministro Lord Palmerston pensò che lo stile gotico avrebbe fatto pensare alla nostalgia pre-raffaellita, mentre uno stile classico avrebbe simboleggiato liberalismo e progresso. Del resto Lord Palmerston era per il neo-classicismo e aveva detto che trasferire la capitale italiana da Firenze a Roma «avrebbe spostato indietro la storia italiana di cento anni». Così il progetto, con un grosso sconto, passò ai miliardari di Birmingham e al loro hotel nel cuore di Londra. Ma se gli inglesi in cuor loro ancora preferiscono il classicismo al gotico vittoriano, per i francesi arrivare dalla loro neo-classica Gare du Nord alla nuova, ma ancora gotica, St. Pancras è molto «chic». Vive la différence. RICHARD NEWBURY