Il Manifesto 25/01/2008, Roberto Ciccarelli, 25 gennaio 2008
Viaggio nella ricca zona grigia abitata dalle tribù del malaffare. Il Manifesto 25 Gennaio 2008. Per chi vive a Londra, come l’economista Loretta Napoleoni, capita sempre più spesso di incontrare la reincarnazione del Grande Gatsby
Viaggio nella ricca zona grigia abitata dalle tribù del malaffare. Il Manifesto 25 Gennaio 2008. Per chi vive a Londra, come l’economista Loretta Napoleoni, capita sempre più spesso di incontrare la reincarnazione del Grande Gatsby. sulla capitale inglese, infatti, che oggi sarebbe rivolto lo sguardo famelico del protagonista del romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Chelsea, Hampstead e Belgravia sono i quartieri a più alta concentrazione di miliardari, sul modello dell’East Egg, il lato più alla moda di Long Island, qualche anno prima della grande depressione. Gatsby andrebbe a cena con i nouveaux riches inglesi protagonisti del New Labour di Tony Blair, ma anche con gli oligarchi russi che hanno preso la residenza a Londra, con i calciatori e i piloti di MotoGp che approfittano di una vecchia legge fiscale vittoriana che permette di conservare la residenza in Gran Bretagna e spostare il domicilio fiscale all’estero. Solo gli americani non possono beneficiare di questa legge, perché il loro paese tassa anche i redditi globali. Un potere criminale Per Loretta Napoleoni, a Roma per presentare il suo nuovo libro Economia canaglia. Il lato oscuro del nuovo ordine mondiale (Il Saggiatore, pp. 310, euro 17), «torna d’attualità l’analisi di Thorstein Veblen: i nuovi ricchi sono affaristi che non producono beni o servizi, ma si limitano ad ammassare profitti. I fondi sovrani distolgono ingenti somme di denaro dagli investimenti reali e prolungano lo squilibrio tra offerta globale di lavoro e capitale». Spregiudicati come i contrabbandieri del proibizionismo, crudeli come i gangster della mafia russa nella Promessa dell’assassino di David Cronenberg, gli speculatori dei fondi sovrani rappresentano la spina dorsale dell’economia canaglia. Questi nuovi Gatsby speculano sui mercati delle materie prime, facendo salire i prezzi in modo esponenziale. «Il loro ingresso nel mercato dei derivati - aggiunge Napoleoni - è legato alla globalizzazione dell’economia mondiale. Questi fondi sono invenzioni sensazionali. Gestiscono enormi sacche di denaro ed eludono i controlli monetari e finanziari a livello nazionale. Si servono di denaro per produrre altro denaro, ma non producono nuova ricchezza». la descrizione di una realtà che ricorda quella del 1929: la disparità tra i redditi aumenta a dismisura, la pauperizzazione del ceto medio è irrimediabile. Da una parte, c’è la «classe del dolce far niente» degli speculatori, dall’altra parte c’è il calvario del ceto medio di New Orleans, troppo povero per noleggiare un’auto e fuggire dall’uragano Katrina. Per un sistema economico che si è retto sul credito ai consumi del ceto medio, la crisi dei mutui subprime americani sembra essere il colpo finale. Per Loretta Napoleoni, già autrice di Terrorismo Spa (Tropea), saggio sul rapporto tra la finanza globale e il terrorismo fondamentalista, nell’11 settembre delle banche mondiali che sta terrorizzando da qualche giorno i listini di tutto il mondo c’è una novità: l’affermazione della «finanza islamica». Solo nell’ultimo mese, i fondi sovrani arabi, insieme a quelli russi, hanno erogato 21 miliardi di dollari per sopperire alle perdite di banche d’affari come Citigroup e Merrill Lynch. stato calcolato che questi fondi hanno 2 mila 900 miliardi di dollari da investire. «Secondo l’agenzia di rating Moody’s - precisa Napoleoni - nel 2004 sono state emesse obbligazioni islamiche per un valore di 41 miliardi di dollari. La maggior parte provengono dalla Malesia e dai paesi del Golfo Persico». «Economia e finanza islamica - afferma Napoleoni - nascono dalla joint-venture tra i ricchi musulmani e gli studiosi della sharia. Questa alleanza è il cuore di una finanza basata sulla condivisione del rischio: chi presta deve dividere il rischio con il mutuatario. Così facendo si inietta una forte componente sociale nel sistema finanziario, distinguendolo dalla finanza occidentale che massimizza i profitti e minimizza le perdite con la diversificazione del rischio». Mentre la finanza occidentale ruota attorno all’interesse del singolo individuo, quella islamica è vincolata ad alcuni principi etici che vietano l’interesse speculativo e proibiscono investimenti nel tabacco, nella pornografia, nella prostituzione e nei mercati delle attività illegali che finanziano l’economia canaglia dalla caduta del Muro di Berlino. «Per essere venduto - aggiunge Napoleoni - un prodotto conforme alla sharia richiede una fatwa emesso da un religioso. Questo rapporto tra etica ed economia assicura gli investimenti contro l’illecito e offre agli investitori un livello di sicurezza che i prodotti occidentali non hanno». Napoleoni propone infine una nuova categoria, quella di «tribalismo economico transnazionale», per spiegare come l’evoluzione delle principali strutture parentali incida sulle nuove modalità di governo dell’economia globale. Rispetto alle economie mafiose classiche, ad esempio quella bulgara e quella della ’ndrangheta, questa nuova versione del tribalismo non deve essere intesa nei termini di un conflitto frontale con le autorità statali. Quanto alla finanza islamica, si assiste alla curiosa fusione del tribalismo con l’universalismo della Umma che è potenzialmente l’antitesi dell’economia canaglia. «L’islam - sottolinea la studiosa italiana - sottoscrive i valori tribali tradizionali come il senso dell’appartenenza, l’obbligo di aiutare gli amici e l’accettazione dell’autorità dei religiosi. Gli studiosi della sharia traducono in economia i valori che hanno permesso ai beduini arabi di sopravvivere nel deserto. In ambienti ostili, la collaborazione tribale è d’obbligo». In Cina, invece, il tribalismo è fondamentale per mantenere viva la rivalità con la cultura occidentale. Alimenta la determinazione cinese di sfidarla sul suo terreno, quello dell’egemonia. Ma il tribalismo è anche un’idea del mercato. Perdendo i suoi connotati tipicamente criminali, infatti, questa cultura viene usata dallo Stato cinese per liberare l’economia dai vincoli legislativi. «La decisione di Deng Xiao Ping di istituire un regime di laissez faire economico - ricorda Napoleoni - ha permesso alla Cina di approfittare della globalizzazione e di prosperare nell’economia canaglia». Il valore dell’illegalità Le conseguenze del suo lapidario giudizio sull’apertura della Cina all’economia mondiale sono note: Pechino è oggi il maggior consumatore al mondo di acciaio, rame e stagno e il secondo importatore del petrolio, ma è anche partner commerciale di rilievo e principale azionista del Tesoro americano. La finanza internazionale, aggiunge l’economista, si adeguerà a questo nuovo sistema sino-arabo, come ha sempre fatto con le grandi trasformazioni. Così farà anche la politica occidentale, dopo essersi illusa di usare le risorse finanziarie senza riconoscere l’autonomia di questi sistemi. Sulla base della crescente interdipendenza tra queste economie, è possibile anche il tracollo finanziario del terrorismo targato Al Qaeda che ha sfruttato i margini di illegalità nella finanza islamica per i suoi fini. Resta da capire, alla fine di questa storia, cosa faranno i Gatsby dell’economia globale. Abiteranno, forse, tra Chelsea e Hampstead. Di sicuro, continueranno a prosperare su quei valori finanziari che, pur essendo declinati in arabo o in cinese, saranno tradotti sempre allo stesso modo. Roberto Ciccarelli