ItaliaOggi 25 gennaio 2008, Francesca Sottilaro, 25 gennaio 2008
L’arte? Invenzione del marketing. ItaliaOggi 25 gennaio 2008. L’arte contemporanea? «Un’invenzione del marketing»
L’arte? Invenzione del marketing. ItaliaOggi 25 gennaio 2008. L’arte contemporanea? «Un’invenzione del marketing». Gli attori principali? «Le grandi gallerie che promuovono (Matthew Marks a New York, Charles Saatchi a Londra, Larry Gagosian nel mondo); i curatori dei musei che organizzano un evento (Guggenheim, Moma, Tate Modern); infine i critici che consolidano la fama di un artista e fanno partire le contrattazioni del secondo livello di mercato dove giocano case d’asta e Fiere». I potenziali player? Privati, ma anche banche e fondi di investimento, ieri investitori per sé, oggi organizzatori di tour di settore, con consulente e launge privata per i clienti più dispendiosi. Questo il panorama del settore tracciato con Armando Cirrincione, docente di marketing al Clac (Corso di laurea di economia, arte e cultura) della Bocconi insieme a Sandro Bicocchi, presidente e a.d. di Fiera Milano International, organizzatore di MiArt, chiamati a commentare gli scenari e i trend economici dell’arte per il 2008. Ieri Artprice, colosso delle valutazioni artistiche quotato alla Borsa di Parigi, ha archiviato il 2007 come l’anno della bolla speculativa dell’arte, «ma a fare la differenza nei listini sono sempre le Gallerie», dice Cirrincione. Secondo Artprice, per il settimo anno consecutivo i prezzi delle opere vendute sono saliti del 18%, con vendite di Fine art per 6,2 miliardi di euro in crescita del 43,8%. Nonostante la crisi dei mutui, Sotheby’s ha registrato la sua migliore asta d’arte contemporanea a novembre 2007, con scambi per 316 milioni di dollari (214 mln euro). Ma nello stesso periodo, nella sua sede newyorchese sono andati invenduti il Campo di grano di Vincent Van Gogh, La lampe di Pablo Picasso (base d’asta 17,5 milioni) e La repose de la danseuse di Henri Matisse perché nessuno si è fatto avanti con un’offerta. «Le super quotazioni di Artprice e le cadute di grandi pittori a cui abbiamo assistito e assisteremo», dice Cirrincione, «fanno pensare a un mercato alterato: chi decide cosa e chi deve salire è il network di collezionisti e musei». Soggetti che lanciano e promuovono, che si contano in un migliaio in tutto il mondo e, secondo il docente milanese, non comprendono grossi nomi italiani, ma proprio in Italia metteranno basi solide. Uno fra tutti, Larry Gagosian, che ha decretato questo trend inaugurando a dicembre scorso la Gagosian Gallery di Roma (dopo le sedi di New York, Los Angeles e Londra). «Per molti è stato un evento mondano, per altri l’apertura di un occhio su Roma, ma in realtà è il primo gallerista che porterà sul mercato internazionale gli artisti italiani di metà novecento come Morandi, Pomodoro, Vurri», racconta Cirrincione. Una normativa (la legge 88/1998) prevede che le opere italiane aventi meno di cinquant’anni non possano essere esportate se non con molta burocrazia. «Ma il termine per questi artisti di metà novecento sta per scadere», sottolinea il docente della Bocconi, «e questo scatenerà le quotazioni oggi bassissime per gli artisti italiani di quell’epoca rispetto agli esordienti contemporanei come Catellan». Sullo sfondo banche e finanza, come conferma l’a.d. di Fiera Milano international, promotrice del MiArt il salone dell’arte in programma dal 4 al 7 aprile a Milano. «I fondi non badano a spese, ma hanno anche molta meno cultura e comprano per rivendere», spiega Bicocchi a ItaliaOggi, «dieci anni fa era impensabile trovare banche alle fiere mentre oggi è la norma: si organizzano eventi per i clienti, si passano in rassegna le opere con i consulenti. Presto vedremo nuove forme contrattuali solo per l’arte e come Fiera Milano international stiamo studiando possibili collaborazioni con istituti di credito per portare l’arte a un pubblico sempre più vasto». Ultimo termometro, infine, dello strapotere dei promoter dell’arte, l’arrivo degli artisti orientali: «Il governo cinese sta promuovendo la propria cultura in tutto il mondo», sottolinea il docente della Bocconi, «e anche nelle aste internazionali i pittori orientali sono super quotati». Yue Minjun, per esempio, con la sua Execution (1995) venduta a ottobre 2007 da Sotheby’s a Londra per 3,7 milioni di euro, è entrato nella cerchia degli artisti più pagati della grande avanzata d’arte cinese. «Da questa aggiudicazione avvenuta a ottobre 2007», conclude Cirrincione, «è iniziata una vera rivoluzione nell’arte contemporanea. Sul listino finale, a parte Andy Warhol e David Hockney, tutti gli artisti sono stati venduti a cifre inferiori alle stime massime. Mentre i cinesi, insieme agli indiani, hanno portato il totale dell’asta a oltre 34 milioni di sterline (45,4 milioni di euro)». Francesca Sottilaro