La Repubblica 25/01/2008, CORRADO ZUNINO, 25 gennaio 2008
Il supermercato dei calciatori bambini. La Repubblica 25 gennaio 2008. ACCRA(GHANA). E´ l´alba sulla spiaggia di Korle Gono, stretta e lunga e schiacciata dai nuovi cantieri edili
Il supermercato dei calciatori bambini. La Repubblica 25 gennaio 2008. ACCRA(GHANA). E´ l´alba sulla spiaggia di Korle Gono, stretta e lunga e schiacciata dai nuovi cantieri edili. La sabbia è fine e compatta e tra gli avanzi lasciati dall´oceano quaranta ragazzi si allenano senza un sorriso. Allunghi, scatti e ripetute. Bottiglie rotte e pneumatici. Le ginocchia rimbalzano alte, poi il passo dei marines: si cammina gambe piegate e mani sulla testa, serve a rinforzare adduttori e addominali. Sembrano già professionisti, hanno quindici anni. Da un tubo largo come un obice esce liquido nero. Gli avanzi della città di Accra, capitale del Ghana: finisce tutto sulla battigia. Si reclutano qui i ragazzi per i provini del pomeriggio. Adolescenti africani, aspiranti calciatori universali. Come Michael Essien e Stephen Appiah, che ora hanno ville a Legon, il quartiere residenziale, e regalano salotti e macchine americane alla famiglia. Entro un mese qualche ragazzo partirà per il Nord Europa, qualcuno per l´Italia. In aereo, certo. Ma lo scorso maggio alle Canarie si è arenato un cargo abbandonato dal capitano. C´erano centotrenta ragazzi africani e quindici di loro cercavano un provino con il Real Madrid e il Marsiglia. Non c´è un filo di grasso sotto le maglie del Chelsea che vestono tre dei ragazzi che saltano sulla spiaggia, a colpire di testa la palla. C´è un adolescente con la vecchia divisa del Milan, lo sponsor Opel davanti. Quello che corre con il 7 di Figo ha un allungo straordinario e il vapore degli spruzzi dell´oceano lo inghiotte che non si è ancora fermato. Irwin, 37 anni, è il punto di riferimento per i procuratori italiani che lavorano in Africa. Ha organizzato per noi una giornata di trials, i provini. Abbiamo un mandato ufficiale di Claudio Pasqualin, l´agente storico di Del Piero: «Talent scout a titolo gratuito per la Coppa d´Africa» dice la carta. E una rete di rapporti garantita dall´ufficio di Dario Canovi, decano dei procuratori italiani con un´antica consuetudine con il calcio dell´Africa centro-occidentale. Sulla spiaggia Mohammed Tijiani ha le scarpe da calcio ai piedi, con i tacchetti. Le calza per non ferirsi e perché ama sentirle addosso. Il selezionatore Irwin si complimenta per la serietà e lo convoca per il trial: «Alle 3, non fare tardi», gli dice in ga, il dialetto della capitale. Selezione in spiaggia, poi due campi di scouting nella zona a ridosso del mare, Sukura. Uno è in terra rossa, l´altro in terra smossa. Il selezionatore Irwin, venti ragazzi sotto contratto, porta in taxi un tredicenne che vuole valorizzare: «E´ il mio favorito ma deve crescere piano piano». Invece Bright, il «luminoso» Addae, è pronto per l´espatrio. Maglia gialla con il 18, pantaloncini con il 23, ora è su un campaccio dissestato e odorante d´urina. Il Losso Park. Ne hanno stimati cinquecento solo ad Accra così. E´ senza misure né geometria, contenuto tutto tra le baracche, il cesso pubblico e l´estetista del quartiere Losso: capelli e pedicure mentre si segue il test. In questa arena è cresciuto Ahmed Barusso, oggi alla Roma e alla Coppa d´Africa. Ventidue ragazzi giocano una partita in cui non si deve mai tirare in porta: dribblano galline e cani randagi e donne con ceste di avocado sulla testa, usano il chiosco d´estetista come rimbalzo valido e non protestano mai. Il più bello a vedersi è proprio Bright, il numero 18. E´ il faro e il terminale di ogni azione e a fine «torello» si presenta: «Ho quindici anni, ma non i documenti per dimostrarlo. Gioco con il Boca in prima squadra e con il club del presidente della Football Association, le Wa All Stars. Mi alleno dal lunedì al venerdì, faccio due gare nel week-end e provini ogni volta che posso. Non sono mai stanco, il calcio è la mia vita». Bright abita qui dietro, quartiere Russia. Nella casa di legno e di due vani, senza corrente, c´è mamma e il più piccolo di quattro fratelli. E´ un´intera famiglia che spinge per farlo partire, anche se il suo inglese è stentato, la sua timidezza preoccupante: «Ho smesso di studiare alle medie, voglio solo giocare». Dimostra due anni in più dei quindici che dichiara, «ma ad Accra i documenti li produciamo non appena ci arriva la lettera di interessamento del club europeo», spiega Irwin. Li producono dopo, certo. Sul florido bacino di Accra, diventato centro internazionale del reclutamento dei calciatori africani da quando il Ghana vinse i mondiali Under 17, nel 1991, a ondate confluiscono osservatori degli inglesi del Portsmouth e dei francesi del Paris Saint Germain, dei belgi del Beveren e del Torino Calcio. Ajax e Feyenoord hanno società direttamente affiliate. Guardano e scelgono. E invitano, pagando il biglietto di classe economica. Per avvicinare i loro ragazzi agli osservatori molte famiglie ghanesi hanno venduto la casa e ora vivono negli slum dell´hinterland della capitale. Alcuni broker del calcio, i peggiori, anticipano tremila dollari per garantire viaggio e prima sopravvivenza in Europa, se il ragazzo non passa la dura selezione il debito resta sulle spalle della sua famiglia, che impegnerà baracca, anelli e bracciali per restituirlo. Spesso il figlio emigrante, scioccato dal fallimento calcistico e incapace di deludere un clan intero, non torna più. L´associazione francese «Culture Football Solidaire» ha censito nelle strade di Parigi 800 ragazzi africani diventati solo ex calciatori. Vendono borse di Prada false a Montparnasse. In Italia la situazione è ancora più complicata. La legge Bossi-Fini e la nostra Federcalcio consentono l´importazione di un solo extracomunitario per i club di serie A, nessuno per B e C. E allora le società di calcio si inventano lavori fittizi per ottenere il visto e afferrare il talento. Il Matera Calcio è in procinto di ospitare quattro ragazzi di Accra: entreranno come imbianchini attraverso una cooperativa. Il Siena è in trattativa per altri quattro ghanesi. Il Brescia ne ha presi due lo scorso autunno utilizzando l´escamotage del «primo tesseramento». Significa che i due ragazzi in Ghana hanno giocato solo in società non riconosciute dalla federazione locale, vere e proprie accademie abusive del calcio che nascono quotidianamente con nomi biblici - «Sons of Moses», «Lovers of Christ» - sulla scorta dei successi dei calciatori africani in Europa. Il Brescia, grazie al primo tesseramento, paga nulla alla fonte e ha a disposizione «africani non extracomunitari»: valgono tre volte tanto. Molti talenti vengono fuori dai club ufficiali, il Liberty, i King Faisal, i Goldfields al nord, e così salta la convenienza. «In quel caso», spiega Irwin, «dobbiamo cambiare i connotati del ragazzo». Lo si ribattezza sul posto. «Andiamo all´anagrafe, denunciamo un nuovo nome, una nuova età e con 250 euro, 100 per la trattativa urgente con l´ufficio comunale e la questura, costruiamo un nuovo passaporto». A volte in Italia i falsi si scoprono, è accaduto con il brasiliano Luciano-Eriberto. Come documenta il libro «La razza in campo», quasi nessun giocatore africano arrivato in Italia ha avuto una storia anagrafica ortodossa. «Anche sul visto facciamo miracoli». I buoni rapporti di alcuni procuratori con l´ambasciata italiana ad Accra consentono di avere documenti in 24 ore. «All´aeroporto non ci sono mai problemi», chiude Irwin, «i poliziotti che conosco accompagnano il ragazzo fino alla scaletta dell´aereo». Il servizio costa l´equivalente di 12 euro. «Se non trovi il club italiano che può fargli il contratto lo parcheggi in Spagna o in Svezia», spiega il talent scout Domenico Ricci, «ma la verità è che in Ghana il calcio e la musica sono l´unica alternativa di un giovane a una vita da 100 euro al mese». In questi giorni di Coppa d´Africa, la città di Accra è un´unica bandiera rossa, gialla e verde. Le tivù sono cariche di pubblicità di yogurt e scarpe sponsorizzate da Muntari e Asamah, star ormai europee e guide spirituali della nazionale di casa. Gli altri ghanesi diventati famosi - Abdì Pelè, già nel Torino - si sono messi a fare traffici con l´Occidente, hanno sistemato i familiari e vengono bollati dal popolo come «selfish», puri egoisti. In giro per il mondo c´è Adu, stella del calcio nord americano, ma anche Adjey Agyemiang, a quindici anni miglior portiere del torneo Nereo Rocco di Gradisca d´Isonzo. Finito il torneo l´hanno trovato che dormiva in un casolare del napoletano: era già un muratore clandestino. Non importa tutto questo, nella capitale Accra. Le aspettative di Bright il luminoso, quello abile sul campo brullo, il numero 18 dal lancio naturale, e le aspettative della sua famiglia, dei suoi molteplici coach, dei talent scout che lo hanno inquadrato sono diventate un´ossessione. Il quarto provino davanti agli osservatori dell´Inter e del Parma è andato male e lui chiede spaventato: «Mi ci portate in Italia, vero?». CORRADO ZUNINO