Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La polemica scatenata da Silvio Berlusconi con la frase-gaffe sull’abbronzatura di Obama sembrava chiusa e invece ieri sera si è riaperta, e malamente, per un altrettanto infelice commento di Carla Bruni-Sarkozy, moglie del presidente e prima donna di quel Paese.
• Che ha detto?
«Credo che adesso siamo tutti pieni di speranza, di attesa. Per contrasto, quando sento Silvio Berlusconi prendere l’evento alla leggera, e scherzare sul fatto che Obama è “sempre abbronzato”, mi stranisce. Si farà pure dell’umorismo... Ma certe volte sono molto felice di essere diventata francese!».
• E’ diventata francese?
Ha preso il passaporto francese in febbraio. Italiana, è italiana, anche col passaporto francese. Questo passaggio dell’intervista è tuttavia mnolto discutibile. Il coniuge di un premier o di un capo di Stato non interviene mai su questioni che riguardano la cosa pubblica. Non corre il rischio di mettere in imbarazzo il proprio partner. Non fa politica in nessun senso. Lei ha mai sentito parlare il marito di Angela Merkel? La moglie di Bush? La moglie di Gordon Blair? Filippo d’Inghilterra? Ma Carla Bruni! Così perfetta davanti a Elisabetta II e il giorno in cui si acconpagnò col Dalai Lama! Ho l’impressione che ci sia nemica: è stata lei a convincere il marito che gli italiani non sono capaci di trattare con umanità un detenuto malato e che ha spinto Sarkozy a prendere quella decisione offensiva su Marina Petrella, la brigatista che il presidente francese ha preferito non consegnarci. Adesso questa incursione contro il presidente del Consiglio italiano. Il bello è che lei stessa, in questa intervista al Journal de Dimanche, riconosce che il suo ruolo le impone dei limiti, un comportamento sorvegliato.
• In che senso?
A un certo punto le è stato chiesto se avrebbe firnato una certa petizione in favore di un’uguaglianza reale in Francia. Risposta perfetta: «Se fossi soltanto ”la cantante” Carla Bruni, firmerei senza problemi il manifesto per l’uguaglianza reale in Francia, ma mi chiamo Bruni-Sarkozy e il mio nome mi appartiene meno». Quindi sa bene che cosa le compete o meno. Ha poi aggiunto: «Mi sono spesso chiesta da dove veniva il blocco delle nostre società che fa in modo che siamo così bianchi, nelle élite, in Parlamento, nei circoli dirigenti (la musica, la moda sono una cosa diversa) mentre la società è un incrocio [...] Siamo paralizzati dalle abitudini. Il potere ha spesso avuto la stessa testa, uomini bianchi e piuttosto vecchi. Le abitudini, alla fine, diventano una sclerosi... Mio marito non è Obama. Ma i francesi hanno votato per il figlio di un immigrato ungherese, il cui padre ha un accento, la cui madre è di origine ebrea; e ha sempre rivendicato di essere un po’ un francese venuto da altrove. E anch’io non corrispondo al profilo di première dame: sono un’artista, nata italiana!».
• Beh, qui ha ragione. Sulla vecchiaia della nostra classe dirigente, voglio dire. Obama è del 1961. Ho l’impressione che sia il presidente più giovane del mondo.
Non so se è il più giovane del mondo, ma certo appartiene a un’altra generazione. Maurizio Ricci l’ha scritto bene ieri su Repubblica: «Di quello che pensano e sentono i baby boomers, la generazione più ingombrante degli ultimi cinquant’anni, possiamo cominciare ad occuparci sempre meno. La vittoria di Obama, fra le tante altre cose, è anche un passaggio di testimone fra generazioni. George W. Bush è del ’46, come Bill Clinton. Al Gore è del ’48. Le figure che hanno dominato l´ultimo quindicennio sono nate nel pieno del baby boom postbellico. Obama è del 1961, fin troppo lontano per essere un fratello minore».
• Che cos’è esattamente questo “baby boomers”?
Gli americani hanno l’abitudine di battezzare le generazioni. Per esempio “Lost Generation” (Generazione perduta) quella di fine Ottocento (Fitzgerald, il jazz), Missionary Generation, i nati dopo la guerra civile. La Generazione dei Baby Boomers (70 milioni di persone) è quella prodotta dal boom delle nascite dell’epoca 1943-1960. Segni di riconoscimento: il Vietnam, la droga, i capelli lunghi, prima hippies e poi yuppies, cioè prima contestatori o apocalittici e poi perfettamente integrati e abbarbicati al potere. I figli dei Baby Boomers sarebbero i Baby Busters o, seguendo il titolo di un romanzo di successo di Douglas Coupland, X Generation, Generazione X, Generazione Senza Faccia. Obama è uno di loro. Ma c’è un punto, relativo all’elezione di Barack, che dovrebbe complicare un po’ i ragionamenti della giovane Bruni e del vecchio Berlusconi. Per gli americani bianchi il colore della pelle di Obama non è stato alla fine così importante: il 55% s’è espresso per McCain e il 43% per Barack. Per gli elettori neri invece è stato importantissimo: il 95%, infatti, ha votato per «l’uomo abbronzato». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/11/2008]
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