Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Benazir Bhutto, 55 anni il prossimo giugno, capo dell’opposizione in Pakistan e per due volte primo ministro del Paese, è stata uccisa ieri in un attentato suicida a Rawalpindi, non lontano dalla capitale Islamabad. Aveva appena finito di parlare a una gran folla. È scesa dal palco, è salita in macchina e, mentre agitava la mano per salutare i suoi sostenitori, s’è avvicinato lo shahid, forse a bordo di una motocicletta. Le ha sparato uno o due colpi, poi, percorsi pochi metri, s’è fatto esplodere. La Bhutto, portata in ospedale, è spirata sotto i ferri. Con lei sono morte almeno dieci, e forse venti persone. La notizia ha provocato incidenti in tutte le località pakistane, con morti e feriti. Un altro uomo politico pakistano, Nawaz Sharif, è stato fatto oggetto di un attentato che è costato la vita a cinque persone (ma non a lui). Si esclude per ora che vi sia un collegamento tra le due azioni.
• Un mese fa parlammo del Pakistan e io non sapevo neanche dove stava... Perché ne parlammo?
Erano stati arrestati cinquemila avvocati, notizia che quasi quasi la faceva ridere. Le spiegai che il presidente di quel Paese, di nome Musharraf, volendo restare presidente anche se non gli toccava (era già stato eletto due volte e la terza non si poteva), aveva fatto una specie di colpo di stato, proclamando lo stato d’emergenza e sospendendo le garanzie costituzionali. Il Pakistan ha 160 milioni di abitanti. Di questi, 65 milioni vivono con due dollari al giorno e altri 65 milioni sono appena sopra la soglia di povertà. All’interno degli altri 50 milioni è cresciuta in questi anni una borghesia che, come tutte le borghesie del mondo, vorrebbe vivere in pace e con un sistema democratico non dissimile, nei fondamentali, da quello nostro. Cioè elezioni, giornali liberi, imprese lasciate in pace eccetera. Il quasi-golpe di Musharraf sembrò a questa classe sociale un ritorno all’indietro. Protestarono gli avvocati e furono messi in galera. Poi i giornalisti e finirono dentro pure loro (con relativa chiusura di testate, eccetera). Musharraf non voleva neanche tenere le elezioni, sostenendo che la situazione era troppo pericolosa. Allora intervennero gli americani, con un discorso che si può riassumere in due parole: non esagerare.
• Che c’entrano gli americani?
Gli americani passano al Pakistan – un paese che non ha il petrolio, ma ha la bomba atomica – dieci miliardi di dollari l’anno. Glieli dànno perché il Pakistan si trova nella posizione in cui si trova...
• Adesso lo so, ieri in tv hanno fatto vedere la cartina un sacco di volte: una striscia di terra messa in mezzo all’Iran, all’Afghanistan, alla Cina, all’India...
In questo momento è importante soprattutto l’Afghanistan. Gli americani finanziano Musharraf perché faccia da diga ai talebani. Con i quali però Musharraf segretamente tratta: quando i russi invasero l’Afghanistan (1979-1989), gli americani pagavano il Pakistan perché aiutasse i talebani a far la resistenza ai sovietici. Da allora è rimasto un rapporto che formalmente è stato tagliato, ma sotto sotto continua. I talebani si sono ritagliati un pezzo di Pakistan, al Nord, che è una specie di sotto-nazione. Si chiama Waziristan. Musharraf ha questa capacità, di far l’amico sia di Bush che di Al Qaeda.
• Che c’entrà in tutto questo la Bhutto?
La Bhutto, dopo essere stata per la seconda volta capo del governo (1993-1996), viene mandata in esilio con l’accusa di essere corrotta. Se ne sta a Dubai e continua a far politica. Quest’estate Condoleeza Rice la ritira fuori e tratta con Musharraf il suo rientro in patria. Gli americani vorrebbero un’alternativa a Musharraf, e la Bhutto – bella, intelligente e di una famiglia patrizia di grandi tradizioni politiche (il padre è stato primo ministro e, alla sua caduta, fu impiccato dagli avversari politici) – sembrava fare al caso loro. I sondaggi, in vista delle elezioni dell’8 gennaio, le davano un 30 per cento di consensi, cosa che l’avrebbe riportata al potere. La Bhutto nei suoi comizi giurava che avrebbe denunciato le malefatte dei servizi segreti, che sono in Pakistan una lobby potentissima.
• Che senso ha questa morte?
Musharraf ha bisogno di un’opposizione estremista, cioè fondamentalista, cioè filo-terrorista, un’opposizione cioè su cui gli Stati Uniti non possano far conto. Ha proclamato tre giorni di lutto, ma le accuse contro di lui hanno senso, almeno a lume di logica. Certo il Paese potrebber sfuggirgli di mano. Certo la guerra civile potrebbe scoppiare. Certo Al Qaeda e talebani potrebbero effettivamente insediarsi a Islamabad. Sarebbe un fatto gravissimo, che potrebbe provocare un intervento americano nell’area e, con la Cina a un passo, persino favorire una guerra di dimensioni planetarie. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/12/2007]
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