Panorama 27/12/2007, RENZO ROSATI, 27 dicembre 2007
Il Nord resta a terra. Panorama 27 dicembre 2007. Ventiquattro milioni di passeggeri, 470 mila tonnellate di merce, un bacino pari al 31 per cento del pil italiano, al 41 dell’export, al 47 per cento delle importazioni: sono le cifre, tutte in crescita, della Malpensa, l’aeroporto intercontinentale lombardo rifatto giusto 10 anni fa per rilanciare l’Alitalia
Il Nord resta a terra. Panorama 27 dicembre 2007. Ventiquattro milioni di passeggeri, 470 mila tonnellate di merce, un bacino pari al 31 per cento del pil italiano, al 41 dell’export, al 47 per cento delle importazioni: sono le cifre, tutte in crescita, della Malpensa, l’aeroporto intercontinentale lombardo rifatto giusto 10 anni fa per rilanciare l’Alitalia. Che ora la compagnia ex di bandiera, per nulla riconoscente, vuole retrocedere al rango di scalo minore, qualunque sia il compratore scelto dal governo: nero su bianco nel caso dell’Air France; ma più o meno la stessa cosa anche nella eventualità (il condizionale è d’obbligo, visti gli interpreti e le puntate di questa fiction politico-industriale) di una rimonta della cordata AirOne-Intesa Sanpaolo per la quale pure tifano il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, e le altre istituzioni di Milano. Insomma, Malpensa non sarà più un hub, uno snodo di primo livello per le rotte intercontinentali: si potrà continuare a prendere il volo diretto per New York, forse per Shanghai, San Francisco o Tokyo. Di sicuro per Londra e Berlino. Ma per il business a Hong Kong o le vacanze a Rio de Janeiro, Sydney, o le Maldive, per l’Africa e il Medio Oriente i viaggiatori del Centro-Nord dovranno rassegnarsi a far scalo a Fiumicino, o al Charles de Gaulle di Parigi. Una prospettiva sconcertante visto che la clientela del Centro-Nord italiano è fra le più mobili e appetibili. Jean-Cyril Spinetta, numero uno dell’Air France, ha detto a chiare lettere: «Fiumicino diverrà il nostro scalo intercontinentale per il Sud Europa, così come Parigi e Amsterdam lo sono per il Nord. Malpensa verrà dedicato alla clientela business per l’Europa e alle rotte intercontinentali sulle quali non si perdano soldi. Ma dopo profonde ristrutturazioni negli orari e nei servizi». Ciò significa alcuni collegamenti per il Nord e Sud America e per l’Estremo Oriente. Quali? Tutto da decidere. Più cauto è stato Carlo Toto, patron della AirOne: «Roma e Milano resteranno poli intercontinentali; Venezia, Torino, Milano e Catania aeroporti nazionali e internazionali». Ma per conoscere più in dettaglio le intenzioni della Ap Holding, la cordata nazionale finanziata dall’Intesa di Corrado Passera, è utile ascoltare gli uomini della Boston Consulting, l’advisor industriale: «Il nostro modello non prevede alcun hub, solo rotte dirette point to point, cioè da città a città» dice Lamberto Biscarini, partner e managing director della Bc. «Del resto proprio la strategia basata su uno o addirittura due hub ha portato a fondo l’Alitalia, e non vogliamo ripeterne gli errori». Biscarini elenca cifre e percentuali: «In Italia partono e arrivano 70 milioni di passeggeri. Venti su destinazioni interne, 40 per rotte europee, 10 intercontinentali. Un terzo ha come bacino Roma e il Sud, un terzo la Lombardia, l’altro terzo il Nord-Est. In definitiva l’80 per cento del mercato è sul breve e medio raggio. Ma anche il restante 20 preferisce arrivare a destinazione senza scali. Per il passeggero significa tempo e sicurezza, per la compagnia un investimento molto più economico». Le destinazioni intercontinentali da servire point to point dovrebbero essere ridotte? «Certo, le rotte si servono là dove il mercato le chiede. Non il contrario». il modello Usa, aggiunge Biscarini, dove con la deregulation a dettare legge sono i viaggiatori, non le compagnie. E gli aeroporti prosperano e si moltiplicano: «Se ti vuoi spostare da Chicago a San Diego, ci vai direttamente, magari con un low cost, non sei obbligato a prendere la Delta e cambiare ad Atlanta». Diverso il discorso di qua dall’Atlantico: «Il modello hub è figlio delle vecchie compagnie di bandiera. Prevede aeroporti enormi che per ripagarsi devono attirare migliaia di coincidenze. Solo in tre se lo possono permettere: Air France, Lufthansa e British Airways». Dunque anche con l’Alitalia in mano alla AirOne il destino di Malpensa non cambierebbe di molto rispetto al declassamento dei francesi. Certo, i due modelli di business proposti da Air France e AirOne sono alternativi, il che rende bizzarri gli auspici di Walter Veltroni: «L’ideale sarebbe un incrocio tra la forza dell’Air France e il radicamento di una compagnia nazionale». Il leader del Pd ignora che i contendenti hanno obiettivi inconciliabili. L’Air France, in vista della partenza nel 2008 di Open sky, liberalizzazione delle rotte con gli Usa, deve potenziare proprio l’offerta di hub: e dopo Parigi e Schiphol-Amsterdam avrebbe Fiumicino a coprire il Sud Europa. la strategia tipica del più grande gruppo del mondo, che vuole rafforzare la leadership senza appesantire i costi. L’AirOne mira al quarto posto europeo, puntando solo marginalmente sul resto del mondo, sempre che sia profittevole. Malpensa addio, allora? Forse sarebbe più giusto dire «addio Alitalia». Oggi l’aeroporto lombardo è il 14esimo d’Europa, mentre Fiumicino è decimo. Ma cresce del 10 per cento l’anno, superato in questo solo da Dublino e Barcellona. Open sky potrebbe costituire il jolly dell’azionista Sea: liberata dai vincoli e dai padrinati politici dell’Alitalia, potrebbe diventare appetibile per la concorrenza straniera, British Airways e Lufthansa in testa. Gli inglesi inaugureranno ad aprile 2008 un collegamento diretto Milano-New York. Mentre il colosso tedesco, uscito all’ultimo momento dalla trattativa Alitalia, potrebbe avviare trattative con la Sea per fare della Malpensa il quarto scalo intercontinentale dopo Francoforte, Monaco e Zurigo. Proprio l’esperienza di Schiphol è istruttiva. Decentrato rispetto al cuore dell’Europa, 10 anni fa doveva essere il perfetto equivalente di Malpensa al Nord, quando sembrava fatto il matrimonio fra Alitalia e Klm. Saltato quello e andata in crisi la compagnia olandese, lo scalo di Amsterdam pareva spacciato. Invece ha saputo rilanciarsi aprendosi a tutte le compagnie mondiali: con 47 milioni di passeggeri è il quarto aeroporto d’Europa dietro Heathrow, Parigi e Francoforte. Schiphol, il cui caso ha fatto scuola, è un «hub-non hub»: nodo di transito e punto di arrivi e partenze dirette, business e low cost. collegato da ferrovie veloci e autostrade, ha aree giochi e mostre d’arte (gratuite). «Se fossimo i responsabili della Malpensa» dicono i suoi manager «lasceremmo perdere l’Alitalia. Come prima cosa chiederemmo al governo di liberalizzare gli slot, cioè i diritti di atterraggio». Giusto. Forse dandosi anche da fare per una ferrovia e un’autostrada degne di tale nome. RENZO ROSATI