Panorama 27/12/2007, GUIDO FONTANELLI, 27 dicembre 2007
Gli sceicchi del vento. Panorama 27 dicembre 2007. Bisogna lasciarsi alle spalle la piatta penisola dello Jutland e navigare per circa 20 chilometri nel ventoso Mare del Nord: solo così si può vedere da vicino l’ultima frontiera dell’energia pulita
Gli sceicchi del vento. Panorama 27 dicembre 2007. Bisogna lasciarsi alle spalle la piatta penisola dello Jutland e navigare per circa 20 chilometri nel ventoso Mare del Nord: solo così si può vedere da vicino l’ultima frontiera dell’energia pulita. Si chiama Horns Rev, è un parco eolico formato da 80 turbine alte decine di metri che produce tanta elettricità da coprire il consumo di 150 mila famiglie. uno tra i più grandi e spettacolari impianti eolici offshore, cioè in mare, del mondo. Un’opera del genere non poteva che sorgere in Danimarca, paese che da trent’anni investe metodicamente nell’eolico: ormai il 20 per cento della sua energia elettrica viene prodotto dal vento, fonte abbondante nella piccola nazione scandinava, contro una media mondiale dell’1 per cento. Ma sulla terra ferma, punteggiata da una selva di oltre 5 mila impianti eolici, lo spazio per piantare altre sottili torri con le eliche a tre pale si è ridotto al minimo obbligando i danesi a piazzarle anche in mare. Aver puntato con tanto vigore sull’eolico ha permesso alla Danimarca di ridurre la propria dipendenza dal petrolio, di emettere meno anidride carbonica e di avere un’aria più pulita. Ma ha prodotto un altro risultato positivo: ha creato il più grande produttore di impianti eolici del pianeta, la Vestas. Quotata in borsa, la società è la prova concreta, se ce ne fosse ancora bisogno, di come il settore dell’energia verde sia diventato un vero business globale. Presente in 63 paesi, la società dà lavoro a quasi 14 mila persone. Con un fatturato di 3,8 miliardi nel 2006 e una previsione di arrivare a 4,5 miliardi quest’anno, ha conquistato il 32 per cento del mercato mondiale. Ogni 5 ore, da qualche parte del globo, viene installata una turbina Vestas. Sue sono le 195 torri del più potente parco eolico del mondo, quello di Maple Ridge nello stato di New York da 322 megawatt. Suoi gli impianti piazzati tra le onde del Mare del Nord. E suoi metà dei «mulini» che sempre più spesso compaiono sulle colline e sulle montagne del Mezzogiorno italiano. E dire che l’azienda era nata con ben diversi obiettivi: fu fondata da un fabbro, H.S. Hansen, nel 1898, per produrre finestre in acciaio per edifici industriali. Nel 1945 il figlio Peder coniò il nuovo nome Vestas e puntò su elettrodomestici e macchine agricole. Ma la crisi petrolifera degli anni Settanta aprì nuovi orizzonti: nel 1979 la Vestas iniziò a produrre le prime turbine eoliche e cavalcò il boom degli anni Ottanta. Una crescita favorita dalla legislazione americana che offriva sgravi fiscali alla nuova fonte energetica. Ma quando questi incentivi furono cancellati la Vestas entrò in crisi. Dovette disfarsi di gran parte delle attività e nel 1987 ripartì concentrandosi sull’energia eolica, diventando un colosso del settore. La sua gamma prodotti parte da turbine da 850 kilowatt fino ai giganti da 3 megawatt, che possono alimentare per un anno 3.600 famiglie ciascuna. Da 2 anni alla guida della società c’è Ditlev Engel, giovane e affilato manager dagli occhiali minimalisti. Il suo grido di battaglia è: «Wind, oil and gas». Ovvero: l’energia eolica non è una fonte alternativa, ma è come il petrolio e il gas, altrettanto economica e disponibile. Con il vantaggio di non inquinare e di non emettere gas serra. «Noi la chiamiamo energia moderna» precisa Engel. «Un’energia che presenta molti vantaggi: è competitiva, indipendente, pulita, inesauribile. Non solo, gli impianti sono riciclabili e non creano rifiuti». Sarà moderna, ma a molti l’energia eolica non piace: trovano gli impianti brutti e rumorosi, un’arma letale contro il paesaggio. A queste parole Engel indurisce ulteriormente i lineamenti: « facile dire di no, ma quali sono le alternative? La sfida energetica è un problema molto importante. E non si risolve con il cosiddetto carbone pulito o con il nucleare, che oltre a produrre scorie radioattive crea problemi per il forte fabbisogno d’acqua, bensì con fonti davvero pulite». Ma quale potrebbe essere il contributo che realisticamente l’eolico darebbe alla produzione mondiale di energia elettrica, tenendo conto che può essere installato solo dove c’è vento e che è una fonte discontinua? Engel risponde: «Il 10 per cento dell’energia mondiale è un risultato raggiungibile». E poiché ora siamo ad appena un decimo di quell’obiettivo, lo spazio di crescita per la Vestas è enorme. Del resto, nell’ultimo decennio il settore è cresciuto del 29 per cento all’anno. Ma il manager sottolinea anche come sia importante che l’Europa integri la sua rete elettrica: solo così, sostiene, potrà raggiungere l’obiettivo di avere entro il 2020 il 20 per cento dei consumi energetici proveniente da fonti rinnovabili. Tra i mercati che la Vestas considera molto promettenti c’è l’Italia, che è oggi il settimo paese al mondo e il quarto in Europa per capacità eolica. Delle quasi 3 mila turbine installate in Italia, 1.529 sono della Vestas. Non a caso proprio a Taranto, a fianco della fumosa acciaieria dell’Ilva, c’è uno stabilimento ex Finmeccanica ora della Vestas, l’unico nel Paese a produrre impianti eolici. Vi lavorano quasi 700 persone. Vicino all’ingresso sono adagiate al suolo lunghe lame bianche, 25 metri di resina e fibra di vetro che pesano, ciascuna, 2 tonnellate: sono le pale dell’impianto da 850 kilowatt, uno dei più venduti al mondo. Montate su una torre di 50 metri e attaccate a una navicella, diventano una macchina eolica da 36 tonnellate. Un aggeggio che va a ruba: compagnie private e gruppi elettrici come l’Enel o l’Edison stanno investendo miliardi di euro in campi eolici per aumentare la quota di energia pulita e per sfruttare i generosi contributi pubblici. In Italia, per ogni kilowattora prodotto da energia rinnovabile, viene riconosciuto un prezzo di circa 7-7,5 centesimi, a cui va aggiunto per i primi 12 anni di funzionamento un ricavo per la vendita dei certificati verdi pari a 13,7 centesimi al kilowattora. Un affare. C’è però da considerare che in Italia, a seguito delle difficoltà con le autorizzazioni, il costo di sviluppo degli impianti eolici è sensibilmente più alto rispetto agli altri paesi europei. «L’Italia» sostiene Rainer Karan, austriaco, direttore generale della Vestas di Taranto, «è un paese con ottimo potenziale di vento, concentrato soprattutto nelle regioni del Sud, il che rende naturalmente vantaggioso un investimento in un parco eolico. In particolare Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna sono tra le regioni più interessanti». Inoltre l’Italia si è data l’obiettivo, entro il 2010, di avere il 25 per cento del consumo di elettricità da fonti rinnovabili. E attualmente la produzione da fonti «verdi», geotermico e idroelettrico in testa, rappresenta solamente il 14,5 per cento: ha ancora molta strada da percorrere. Infatti i 2.365 megawatt di eolico installati fino al 30 giugno scorso sono appena l’1 per cento della produzione elettrica complessiva, mentre la vicina Spagna è al 9 e la Germania al 7. Comunque il governo ha detto di voler salire a 12 mila megawatt nel 2020. Il problema è che in Italia la paura che le pale possano danneggiare il paesaggio sta frenando e rendendo più costosa l’avanzata dell’eolico. Agli operatori manca così la certezza di veder realizzato il proprio investimento, che può essere impallinato in qualsiasi momento dalle amministrazioni locali. l’effetto Nimby («Not in my backyard», non nel mio giardino), che paradossalmente potrebbe congelare lo sviluppo della fonte energetica più pulita e competitiva oggi a disposizione. Ma per la Vestas non è un problema: tanto ci sono la Grecia, la Turchia, la Cina... GUIDO FONTANELLI