Ian Buruma, Corriere della Sera 27/12/07, 27 dicembre 2007
«...C’è
un «ma», tuttavia, che rovina tutto. Nessuna economia mantiene lo stesso ritmo di crescita all’infinito. Prima o poi, giunge una crisi. E che cosa accadrebbe, se il patto tra il ceto medio cinese e lo Stato monopartitico cominciasse a scricchiolare a seguito di una battuta d’arresto, o peggio di una recessione, nell’irrefrenabile corsa alla ricchezza materiale? già accaduto in passato. Per certi versi, la Germania del diciannovesimo secolo, con la sua potenza industriale, il suo ceto medio istruito ma politicamente sterile, e la sua tendenza al nazionalismo aggressivo, è quanto di più vicino al Modello Cinese. Nel caso tedesco, il nazionalismo si rivelò letale non appena crollò l’economia, e i tumulti sociali minacciarono di sovvertire l’ordinamento politico.
Lo stesso potrebbe accadere in Cina, dove l’orgoglio nazionale rischia costantemente di scivolare in uno scontro con il Giappone, Taiwan e, alla lunga, con l’Occidente. Anche il nazionalismo aggressivo della Cina potrebbe rivelarsi letale, qualora la sua economia inciampasse. E poiché nessuno ha interesse a che ciò avvenga, non possiamo che augurarle il meglio per il 2008, e dedicare un pensiero anche a tutti i dissidenti, i sostenitori della democrazia e gli spiriti liberi che languono nei campi di lavoro e nelle prigioni, sperando che possano vedere il giorno in cui anche i cinesi saranno un popolo libero. Può darsi che sia un sogno ancora lontano, ma a che cosa serve l’atmosfera di Capodanno, se non a sognare?» (Ian Buruma)