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 2007  dicembre 27 Giovedì calendario

Fattore celebrities. Panorama 27 dicembre 2007. CORSA ALLA CASA BIANCA Il ranger Chuck Norris gira spot per Mike Huckabee, Barbra Streisand scrive email per Hillary Clinton

Fattore celebrities. Panorama 27 dicembre 2007. CORSA ALLA CASA BIANCA Il ranger Chuck Norris gira spot per Mike Huckabee, Barbra Streisand scrive email per Hillary Clinton... Le star di Hollywood entrano in campagna elettorale. «Non è mai servito ai candidati» obiettano gli esperti. Ma questa volta si è mobilitata la regina tv Oprah, che ha scelto Obama. Sconvolgendo i sondaggi. L’altro giorno Barbra Streisand mi ha scritto un’email: «Cara Silvia, voglio sconfiggere i repubblicani nel 2008. Ecco perché mi unisco alla campagna di Hillary, perché penso che abbia tutto ciò che serve per essere un grande presidente. Lei conta su di te per vincere. Anch’io sono orgogliosa di fare qualsiasi cosa per aiutarla. Tua, Barbra Streisand». Io Streisand l’ho vista solo al cinema. Mai incontrata in vita mia. Anche lo scrittore John Grisham l’ho conosciuto soltanto attraverso i suoi libri. Eppure, ultimamente è stato piuttosto affettuoso: «Cara Silvia» mi ha scritto «una volta Hillary mi ha detto che legge i miei romanzi per rilassarsi. un onore averla come lettrice, è una grande amica, e ho persino intrallazzato per ottenere un invito da Bill per vedere con lui un suo dibattito. Ho sentito dire che anche tu ti unirai a noi e la guarderai in tv». Di questi tempi, a una settimana dalle elezioni primarie americane nell’Iowa, è comune ricevere letterine del genere se il vostro nome è nell’indirizzario di Hillary Clinton, Rudy Giuliani, Barack Obama, Mike Huckabee, John Edwards, Fred Thompson, John McCain, Dennis Kucinich o qualsiasi altro candidato. Email in cui star disparate dichiarano il loro appoggio incondizionato a questo o quell’altro aspirante presidente. Qualche giorno fa, per esempio, Sean Penn mi ha fatto sapere: «Ho scelto di dare il mio sostegno a Dennis Kucinich. Se noi, cioè il popolo, lo eleggeremo, l’America sarà più grande che mai». Il repubblicano Mike Huckabee invece mi ha segnalato il suo spot elettorale con Chuck Norris, il divo ruvido e biondo che fa Cordell «Cord» Walker nella serie televisiva Walker, Texas Ranger. Nel video c’è Huckabee con lo sguardo umido: «Il mio piano per mantenere sicuri i confini? Due parole: Chuck Norris. Quando Chuck Norris tira in alto, non si solleva lui, scende in basso la terra. Chuck non sostiene me, dice all’America come deve essere». A quel punto l’attore tira un pugno e attorno alla sua testa si forma magicamente un’aureola di stelline da sceriffo. I manager dei divi hanno spesso scoraggiato i loro clienti dal parlare di politica. Spingere un candidato non è come sponsorizzare un profumo o un orologio in una pubblicità. «Quando una star apre la bocca e sostiene un candidato piuttosto che un altro, si fa nemica la metà dei suoi fan» calcola Steve Ross, professore dell’University of Southern California che sta scrivendo un libro sull’argomento. Charlie Chaplin, Jane Fonda e il trio country delle Dixie Chicks subirono gli strali dei fan dopo essersi avventurati in politica. «I divi fanno parte del nostro mondo fantastico» sostiene Ross «quando scendono dal palcoscenico e cominciano a predicare è come se ci facessero una doccia fredda». L’appoggio dei famosi e ricchi storicamente sposta pochi voti. Che effetto può fare un’attrice come Barbra Streisand, visto che l’ultima volta che si è vista in un film risale a 10 anni fa? Almeno Grisham è sempre in testa nella lista dei best-seller. Bruce Springsteen e Michael Jordan avevano appoggiato l’uno John Kerry nel 2004, l’altro Bill Bradley nel 2000. Ma il loro sostegno non fece la differenza e nessuno dei due candidati democratici, neppure quello sponsorizzato dal Boss, fece il suo ingresso alla Casa Bianca. Da un sondaggio della E-Poll Market Research è risultato che solo il 16 per cento degli elettori cambierebbe il suo voto seguendo l’indicazione della celebrità preferita. Però il sondaggio era stato svolto prima che la regina conclamata della tv americana, Oprah Winfrey, scendesse in campo. Le cose sono cambiate. Lo chiamano il «fattore O», altresì detto fenomeno «Oprahbama»: la star Oprah che fa campagna elettorale per il patinatissimo senatore democratico dell’Illinois, la star Barack Obama. Vanno in giro in due dall’Iowa al New Hampshire, alla Carolina del Sud, attirando folle adoranti che si presentano con i cartelli: «Oprah + Obama uguale cuore». Il binomio è una tale fusione tra due icone pop che è come se gli U2 andassero in tournée con i Beatles o le Supremes con Frank Sinatra. «Oprah appartiene a una categoria superiore» secondo Todd Boyd, professore all’University of Southern California’s School of cinematic arts. «Non è un’attrice. Non è una rockstar. un marchio. Una delle poche persone al mondo che può essere identificata solo con il nome». Di fatto ha una grande influenza su milioni di americani, soprattutto sulle donne che compongono la stragrande maggioranza del suo gregge televisivo, e si vede. Guardate che cosa succede se scrivete un libro e siete invitati alla sua trasmissione: il libro diventa un best-seller. Alcuni analisti politici, ostinati nella tradizionale obiezione che vendere un presidente non è come spingere in classifica Ken Follett, sono stati zittiti dagli ultimi sondaggi: dopo la visita di Oprah nello Iowa al fianco di Obama, la preferenza delle donne per Hillary è scesa dal 14 al 4 per cento. Nella Carolina del Sud, dove in molti pensavano che Obama non fosse abbastanza nero per erodere il gradimento degli afro-americani per i Clinton, il senatore dell’Illinois è di gran lunga in testa tra i neri in quattro sondaggi. In una ricerca chiamata «Il fattore Oprah e la campagna 2008» il 60 per cento degli intervistati è convinto che l’appoggio di Winfrey sia decisivo per la vittoria del senatore. Ma se Obama ha Oprah, fra gli elettori repubblicani un cenno del duro Chuck Norris o un lancio del campione di baseball Curt Schilling possono avere lo stesso effetto che per un democratico ha un’apparizione della regina dei talk-show. Per questo il senatore John McCain, che cerca di riguadagnare la popolarità che lo aiutò a vincere nel 2000 le primarie repubblicane del New Hampshire, ha trovato un testimonial per il suo ritorno nel lanciatore dei Red Sox. Schilling è infatti l’uomo che nel 2004 ha aiutato i Sox a recuperare un 3 a 0 contro gli odiati Yankees. E alcuni analisti politici sostengono che un pervicace patriota come Norris può aiutare Huckabee a rispondere ai critici, che lo considerano molle su questioni come le tasse o l’immigrazione clandestina. Huckabee, che durante un dibattito aveva affermato di non credere nell’evoluzionismo di Charles Darwin, è stato tolto dall’impiccio dai fan di Norris che sul web sostengono: «Non esiste una teoria dell’evoluzione, solo una lista di animali a cui Chuck Norris permette di vivere». SILVIA GRILLI