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 2007  dicembre 27 Giovedì calendario

ARTICOLI SUL SEQUESTRO E L’OMICIDIO DI IOLE TASSITANI

CORRIERE DELLA SERA 27/12/2007
CASTELFRANCO VENETO (Treviso) – Uccisa a coltellate, dopo essere stata stordita con più colpi alla testa. l’autopsia a descrivere gli ultimi istanti di vita di Iole Tassitani, la figlia del notaio di Castelfranco (Treviso) rapita il 12 dicembre scorso e trovata morta nella notte tra domenica e lunedì. E dai primi risultati sembra arrivare anche un elemento utile alla prosecuzione delle indagini. A sezionare il cadavere i medici ipotizzano che sia intervenuta più di una mano: questo spiegherebbe la precisione e la cura nell’esecuzione di un «lavoro» che una persona da sola non sarebbe stata in grado di sostenere. Con una conseguenza: Michele Fusaro, il falegname di Bassano del Grappa, attualmente unico indagato per il sequestro e l’omicidio di Iole, potrebbe essere stato aiutato da un complice (o più di uno). Una pista non da escludere, anche secondo Vittorio Borraccetti, procuratore della Dda di Venezia: «Sappiamo che Fusaro aveva già cercato di farsi aiutare (dall’ex cognato, ndr) ».
Quanto alle cause di morte, per il momento, l’ipotesi più probabile è che Iole sia stata sgozzata. Epilogo terribile di una colluttazione, o forse, addirittura di una fase preparatoria all’omicidio: l’autopsia ha evidenziato tracce di colpi sulla testa provocati da un oggetto contundente. Né il coltello che l’avrebbe finita, né l’oggetto con il quale è stata stordita, sono stati ritrovati. Nessuna traccia anche della sega per metalli con la quale il cadavere è stato fatto a pezzi. Piccole parti, probabilmente per essere occultate più facilmente. Altri dettagli si aggiungono all’orrore: nel garage di proprietà di Fusaro, dove il corpo di Iole era nascosto, suddiviso in tre sacchi dell’immondizia, i carabinieri hanno trovato un deodorante elettrico e una tanica di benzina aperta. Uno stratagemma studiato a tavolino per filtrare l’aria e mascherare gli odori. Anche per questo nessuno, nel condominio di Fusaro, alla periferia di Bassano, si è accorto di nulla.
Ieri il falegname, rinchiuso nel carcere di Vicenza, è stato sentito per l’interrogatorio di convalida del fermo (poi confermato). Nessuna risposta, solo farneticazioni. «Ha fatto il pazzo» spiega un investigatore. Un copione già letto.
Sin dalla sera dell’arresto Fusaro dà prova di sé. All’arrivo dei carabinieri, cerca prima di ironizzare («non siamo mica in televisione»), poi prova a difendersi («mi sono trovato il cadavere in casa, mi hanno portato quei sacchi, io non c’entro») e fa quattro-cinque nomi, rivelatisi poi inesistenti; infine dà i numeri, con scene di isteria e panico (piange e si guarda le mani: «mi sono rovinato con le mie stesse mani »). «Una precisa tecnica difensiva » suppongono gli investigatori. Stessa linea per l’avvocato Quintavalle, portavoce della famiglia Tassitani: «Una persona che si è dimostrata così lucida durante i giorni del sequestro, che ha reagito senza batter ciglio a un controllo dei carabinieri e ha ingannato la sua fidanzata, non può essere un uomo farneticante e non in sé».
Iole e Fusaro si conoscono per motivi di lavoro. Il numero di telefono del falegname viene trovato nel computer dello studio del padre, per il quale l’uomo aveva fatto dei mobili. E poi, destino strano, frequentano uno stesso stage per la vendita di prodotti porta a porta. Fusaro ha bisogno di soldi, ossessione che lo porta a fare spesso più mestieri. Così pensa di rapire Iole «per fare soldi». Ne parla al suo ex cognato, di origini marocchine, fratello della donna dalla quale si sta separando. Sarà lui a denunciarlo. Intanto Iole viene sequestrata. Il padre riceve una richiesta di riscatto. Ma il destino della donna è già segnato. «Fusaro l’ha rapita, ma il piano prevedeva che dovesse morire» dicono gli investigatori. Ipotesi che spiegherebbe le ragioni di una fine tanto assurda: come Fusaro, infatti, avrebbe potuto gestire il sequestro e la liberazione di una persona che lo conosceva e che sicuramente lo avrebbe denunciato? Resta poi un altro mistero: il luogo dove Iole è stata uccisa e sezionata, se non subito, dopo quattro-cinque giorni dal sequestro.
Grazia Maria Mottola

CORRIERE DELLA SERA 27/12/2007
DAL NOSTRO INVIATO
VICENZA – «Non ho fatto niente, io non c’entro. Cercate i colpevoli, cercateli». Michele Fusaro è sdraiato in posizione fetale sulla sua branda nella cella numero 1 del carcere San Pio X di Vicenza. Indossa scarpe da ginnastica bianche, pantaloni scuri con le tasche laterali, una felpa chiara. Abbigliamento fornito dalle guardie carcerarie perché da domenica, da quando è rinchiuso nel penitenziario, nessun parente è ancora venuto a trovarlo. Eppure la sua è una famiglia numerosa, due sorelle e un fratello, tutti più vecchi di lui.
Sul tavolino ci sono i piatti del pranzo di Santo Stefano: pasta al sugo, verdure cotte e tre mandarini. Ma lui non tocca cibo. «Praticamente non mangia», dice l’agente che non lo perde d’occhio. Da quando è in carcere l’uomo è sotto sedativi.
In prigione, davanti a Laura Fincato deputato del Partito Democratico, Michele Fusaro, 41 anni, si preoccupa per suo figlio Emanuele di 18 anni, nato dal primo matrimonio: «Emanuele non c’entra, non fategli del ma-le, non tiratelo dentro a questa storia ». L’altra preoccupazione è per il pizzetto. Se lo liscia, è perfetto e ben curato nonostante i tre giorni passati dietro le sbarre.
Il corpo, i soldi, le donne e la pulizia sono le ossessioni di Fusaro. Un vero narciso, un maniaco della forma fisica con il corpo, asciutto e atletico, allenato in palestra e mantenuto con le diete. I soldi, mai abbastanza, nonostante due lavori: falegname presso il mobilificio Gemme Stile di Romano d’Ezzelino (assunto a luglio dopo il fallimento dell’azienda orafa del cognato dove lavorava) e la vendita porta a porta di prodotti per la casa. Il denaro è stato anche la causa del fallimento del primo matrimonio, quando aveva vent’anni, con una ragazza di Roma. Il suocero, che lo accusava di non guadagnare a sufficienza per consentire una vita dignitosa alla famiglia, un giorno arrivò a Bassano per riportare nella Capitale figlia e nipotino.
Le donne non gli sono mai mancate. Breve anche il secondo matrimonio con una ragazza marocchina, che ora vive a Reggio Emilia, da cui ha avuto un bimbo che oggi ha due anni. Clandestina, invece, l’ultima relazione con una collega sposata. In mezzo, numerose storie perché Michele Fusaro ci sa fare. Sempre ben vestito e curato, conquista con modi affabili, il fisico atletico e l’abilità manuale. Uno di quegli uomini che in casa sanno fare di tutto. E in casa Michele Fusaro ha sempre fatto tutto, comprese le faccende domestiche. Viveva da solo ma il suo appartamento, il suo garage, sono tirati a lucido, neanche un filo di polvere, nulla fuori posto.
Pochi amici, una vita apparentemente normale quella del presunto mostro di Bassano del Grappa. Un solo precedente che risale al 1983, quando era ancora minorenne, per ricettazione. Nei bar della zona, tra quanti sostengono di conoscerlo («Sì, di vista, ma non siamo amici»), qualcuno mormora che «ogni tanto lo vedevo in giro con gente strana, tipi drogati ».
«Si è sempre dato da fare, non è mai rimasto disoccupato», assicura un conoscente che ricorda di «quando Michele frequentava la parrocchia assieme al fratello per partecipare a qualche attività sportiva». «Una persona tranquilla e riservata, mai avuto problemi, mai un ritardo», dice Francesco Cristian l’ultimo datore di lavoro. Tranquillo Fusaro lo era anche la sera prima di essere arrestato, alla cena natalizia del mobilificio Gemme Stile. Iole Tassitani era già stata fatta a pezzi ma lui ha bevuto, mangiato e chiacchierato con tutti come se nulla fosse. «Ora che ci penso aveva lo sguardo un po’ assente, ogni tanto fissava il vuoto. Sembrava assorto nei suoi pensieri, ma niente di insolito», ricorda un collega.
Per gli inquilini della palazzina a tre piani dove abita, in via Carducci al numero 16, è addirittura un punto di riferimento, pronto a smorzare eventuali tensioni con gli immigrati arrivati da poco: «Quando c’era una discussione tra vicini era lui a cercare la soluzione migliore per tutti», dice il figlio della famiglia eritrea che vive al pianterreno. Sempre pronto a dare una mano come quando, poche settimane fa, da solo aveva ripulito il cortile condominiale dai rovi.
Rannicchiato sulla brandina della cella, Michele Fusaro aspetta la visita del cappellano del carcere: «Non è ancora passato, voglio parlarci, ho fede in Dio». Poi si copre il viso con le mani e mormora: «Cosa ho fatto, cosa ho fatto...».
Roberto Rizzo

LA STAMPA 27/12/2007
ANNA SANDRI
ANNA SANDRI
TREVISO
Tre sacchi di plastica nera appoggiati al muro; accanto, piegati con cura, gli abiti e, appaiate, le scarpe. Nel garage di un condominio alla periferia di Bassano del Grappa, questo era quanto restava di Iole Tassitani, 42 anni, rapita la sera del 12 dicembre mentre rientrava a casa a Castelfranco Veneto. I resti sono stati trovati nelle prime ore di lunedì e sul tavolo del medico legale a Padova c’è ora un corpo smembrato in trenta parti.
In carcere, accusato del sequestro a scopo di estorsione e dell’omicidio, dalla notte tra domenica e lunedì c’è Michele Fusaro, falegname di 41 anni di Bassano: era lui la mente, il basista, la banda intera del sequestro. Ieri all’interrogatorio di garanzia per la contestazione dell’omicidio, si è detto innocente e poi si è rifugiato in farneticazioni. stato un Natale di orrore per la fine della donna di cui tutti fino all’ultimo aspettavano la liberazione; mentre i reparti speciali del Ros erano in attesa del segnale per l’irruzione, dal comando dei carabinieri dove Fusaro era sotto torchio da ore sono arrivate gazzelle senza nemmeno le sirene. Non c’era più un ostaggio da salvare.
Iole Tassitani è stata rapita da un uomo con un matrimonio fallito alle spalle, un figlio piccolo da mantenere, un affitto da pagare e uno stipendio da operaio di mobilificio che non bastava mai. Un uomo con una fidanzata, che aveva incontrato regolarmente nei giorni del sequestro e dell’orrore, senza che lei potesse sospettare nulla; un bravo vicino di casa capace di risolvere con un decespugliatore il problema dei rovi che davano tanto fastidio ai bimbi in giardino.
Nel suo appartamento al primo piano della modesta palazzina, abitata in larga parte da extracomunitari, gli investigatori hanno trovato pulizia e ordine maniacali; libri di viaggi ed esoterismo, cibi biologici e una scorta di integratori alimentari, che consumava per moltiplicare i risultati della palestra che frequentava con ossessione, della corsa quotidiana lunga chilometri con cui modellava un fisico perfetto, e alla quale non ha rinunciato nei giorni in cui Iole era a pezzi nei sacchi, nel suo garage. Fusaro aveva un chiodo fisso: i soldi. Voleva essere ricco, ma non aveva, dicono gli investigatori, alcuna intelligenza e alcun senso pratico per svoltare nella vita. Faceva l’operaio, arrotondava con il volantinaggio e vendendo porta a porta prodotti per la pulizia della casa.
Aveva suonato anche al campanello di Iole Tassitani: e quel cognome, nella zona di Castelfranco, erano pochi a non conoscerlo. Lei deve essergli sembrata la svolta: l’ha rapita per i soldi. Ha pianificato il rapimento ma l’omicidio è avvenuto d’impeto, probabilmente durante una reazione o un tentativo di fuga della donna, che ha un profondo taglio alla gola: se un altro pezzo da tagliare o una coltellata fatale si saprà oggi, con i dettagli dell’autopsia, che diranno anche quando è morta.
I carabinieri, per caso, lo avevano fermato per un controllo la sera stessa del sequestro vicino a Castelfranco: la sua auto scassata valeva una verifica. Era sereno. Quando il suo nome è emerso dal computer, nella rubrica telefonica di Iole e non in una chat, un campanello d’allarme è suonato. stato pedinato per giorni; quando il cellulare di Iole dava un segnale, lui era sempre nella zona della cella agganciata. Ma non c’erano movimenti né telefonate sospette che potessero spingere a un intervento. Poi è arrivato il fratello dell’ex moglie, marocchino: ha detto ai carabinieri che Fusaro gli aveva chiesto se voleva partecipare a un sequestro, aveva conosciuto una «che c’era da fare soldi». Lui aveva detto di no, e quando aveva sentito del caso Tassitani era corso a raccontare quello che sapeva. I termografi del Ros non davano segnale di presenze umane nella casa di Fusaro quando lui non c’era: il blitz era stato rinviato.
Resta da capire dove la donna sia stata uccisa: non nella casa, non nel garage. Resta da capire dove e quando si sia consumato l’orrore sul suo corpo: Fusaro non confessa, piuttosto piange o farnetica, dà nomi di complici che non esistono. Sul fatto che ce ne siano, gli investigatori sono divisi. Il lavoro orrendo e meticoloso che ha compiuto sul corpo fa pensare che possa non aver agito da solo, ma di fronte a una personalità tanto complessa e alla sua mania per il corpo umano, ogni ipotesi può essere valida.