Panorama 27/12/2007, GIANCARLO PERNA, 27 dicembre 2007
Lorenzo, che fa il valium di Casini. Panorama 27 dicembre 2007. Quando fa una dichiarazione in tv, Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, suscita due tipi di interrogativi
Lorenzo, che fa il valium di Casini. Panorama 27 dicembre 2007. Quando fa una dichiarazione in tv, Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, suscita due tipi di interrogativi. Se non dice niente, com’è il più delle volte, ci si chiede se ci è o ci fa. Se invece c’è del succo in quel che dice, ci si domanda se parli lui o sia il ventriloquo di Pier Ferdinando Casini, la star del partito. In ogni caso si prova simpatia per un uomo così impacciato e ostentatamente modesto che sembra scusarsi di apparire sul teleschermo. Bisogna invece essere degli esperti per cogliere nello sguardo cosiddetto da pesce lesso di Lorenzo un sottofondo di vispa furbizia. Più esattamente, quella suprema specie di astuzia che consiste nel tenere un profilo basso per agire meglio nell’ombra. Innanzitutto, non è vero che Cesa sia succubo di Casini. Gli obbedisce, ma ha anche influsso su di lui. Tutte le volte che in questi anni «Pierferdy» ha scalpitato per rompere con Silvio Berlusconi, Lorenzo lo ha frenato. Gli ha raccomandato di non fare cretinate, esortandolo a vincere il suo complesso verso il Cav. Pierferdy infatti, ormai cinquantaduenne, ha (come Gianfranco Fini, 55 anni) la sindrome del delfino tradito. Si aspettava prima o poi di succedere al Cav. nella guida della Cdl, ma quello è di sette vite e non se ne va. Di qui il ricorrente desiderio di Pierferdy di saltargli al collo e di strozzarlo. Lorenzo è stato il suo valium e gli ha impedito di uscire di senno. Tanto è vero che Berlusconi ripete spesso: «Cesa è una brava persona, ma quel Casini…». Analoga funzione medicinale Lorenzo ha svolto con Marco Follini, di cui è stato capo della segreteria quando l’altro era segretario dell’Udc. Con lui ha fallito, ma resta il merito di averci provato. Dunque, se anche in 30 anni di politica Cesa ha inciso come se li avesse trascorsi a pelare carote, si è tuttavia riscattato come placebo dei due stizzosi puledrini, convinti entrambi di essere la reincarnazione di Ribot, l’indimenticabile campione di galoppo (1952-1972). Lorenzo, 56 anni, è il più anziano dei tre che, per decenni, hanno formato un trio indissolubile. Si conobbero casualmente a metà degli anni Settanta in un vagone letto di seconda classe. Erano nelle cuccette uno sopra l’altro e andavano a un congresso di giovani dc. Lorenzo veniva dal paese natale, Arcinazzo Romano, in Ciociaria. Casini dalla sua Bologna. Follini da Roma, dov’è nato e cresciuto, anche se gli piace dirsi piacentino come sua madre. Cosa si siano detti quella notte non è noto, fatto sta che nacque un sodalizio. Sono rimasti in contatto e hanno formato una squadra, ovunque si siano dispersi. Poi, alla fine degli anni Novanta, colmo ciascuno delle proprie esperienze, si sono ritrovati insieme nel Ccd, poi Udc. Dopo la notte del vagone letto e una laurea in scienze politiche alla Luiss, Cesa è entrato nell’orbita di Gianni Prandini, potente doroteo bresciano, ministro dei Lavori pubblici tra gli anni Ottanta e Novanta. Proprio Prandini ha spesso raccontato come dei tre scelse Lorenzo. «Erano indivisibili» diceva, parola più parola meno. «Li chiamavano il bello, il bravo e il furbo. Casini il bello andò con Forlani, Follini il bravo con De Mita, Cesa lo tenni io. Ai miei usi si confaceva il furbo». Lorenzo diventò capo della segreteria di Prandini. Di qui, per li rami, ottenne la presidenza del comitato di controllo sul tesseramento della Dc nazionale e diverse sinecure nel parastato. stato capo delle relazioni esterne dell’Efim impianti e amministratore di società e banche. Contemporaneamente era consigliere comunale di Roma. Ricolmo di tante prebende, gli fu affibbiato il soprannome di «Madonna di Pompei degli incarichi». A furia di armeggiare, finì però nei guai. Ebbe il primo inciampo come consigliere comunale, con un rinvio a giudizio per abuso di ufficio insieme al sindaco di Roma, Franco Carraro. I giudici volevano vedere chiaro su un finanziamento di 90 miliardi di lire elargito dal Comune a un’azienda incaricata di censirne il patrimonio immobiliare. Gli inquirenti ci capirono poco e il processo finì nel nulla. Andò invece peggio 4 anni dopo, nel 1993. Contro Cesa fu spiccato mandato di cattura per avere raccolto tangenti in nome di Prandini. Lorenzo si dette alla macchia per 48 ore. Poi si costituì, fu inutilmente interrogato per 3 ore e sbattuto a Regina Coeli. Dopo qualche giorno di meditazione, dei 6 che passò tra le sbarre, decise di collaborare. Ecco alcuni brani suggestivi della confessione: «Prelevai la borsa che mi consegnò l’imprenditore Tal dei Tali contenente il denaro e di cui non contai il contenuto. Mi portai nell’ufficio del ministro, nelle cui mani consegnai la capiente borsa». Oppure: «Pinco Pallino portò nel mio studio privato una busta di carta sigillata contenente il denaro destinato al ministro e da me a questi consegnata senza neppure aprirla». Una spiattellata fiume con cui Lorenzo inguaiò una decina di costruttori per complessivi 35 miliardi di tangenti di cui era stato l’onesto, anzi, integerrimo postino. La sentenza arrivò nel 2001. Cesa fu condannato a 3 anni e 3 mesi di gattabuia, contro i 6 anni e 4 mesi di Prandini, che non gli perdonò mai di averlo chiamato in causa. Ma nel 2003 la corte d’appello annullò la prima pronuncia, finché il processo finì per prescrizione senza che nessuno abbia più provato le patrie galere. In seguito alle vicissitudini, il Furbo cambiò vita. Sebbene si fosse ricongiunto nel Ccd-Udc con gli altri due del vagone letto, decise di abbandonare temporaneamente la politica. Mise a frutto le sue capacità imprenditoriali e fondò una società di pubbliche relazioni, la Global Media. A lui si rivolgevano damazze e ricconi per chiedergli di «creare eventi» e lui li creava. Alle sue spalle però c’erano sempre il Bello e il Bravo che nel 2003 gli affidarono l’organizzazione del congresso Udc. Lorenzo lo fece da par suo e con l’occasione rientrò nel partito. Si mise all’ombra di Follini segretario, con la benedizione di Casini presidente, e ottenne un seggio al Parlamento Ue. Mentre faceva la spola, riprese la sua naturale funzione di sedativo tra i due amici che avevano cominciato a bisticciare perché Marco voleva uscire dalla Cdl e Pierferdy no. Un giorno gli fu chiesto: «Chi sceglieresti tra Casini e Follini se litigassero a morte?». «Litigare? Non succederà mai, io sono qui per questo». «E se succedesse?». «Scelgo Follini» rispose il Furbo. Quando poi successe davvero, nel 2006, col salto della quaglia di Marco nell’Unione, Lorenzo rimase invece con Pierferdy diventando segretario dell’Udc. Siamo così tornati al punto di partenza con il Cesa imbarazzato davanti alle tv. Adesso però sappiamo la ricca storia che si cela dietro il suo sguardo malinconico. Se poi noterete un velo aggiuntivo di mestizia è perché nel 2006, mannaggia, gli è arrivato un altro avviso di garanzia. Stavolta dal noto pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, che lo accusa di avere preso un finanziamento illecito di 5 miliardi di lire. Lorenzo si protesta innocente, la procura insiste. A noi non resta che ritirarci in attesa di sviluppi. GIANCARLO PERNA