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 2007  dicembre 27 Giovedì calendario

Intervista a Mastella. Libero, giovedì 27 dicembre Indulto, Dico, referendum, crisi di governo, intercettazioni, Cosa Bianca, riforma giudiziaria, De Magistris, voli di Stato, Grillo, Benigni, Santoro, Crozza

Intervista a Mastella. Libero, giovedì 27 dicembre Indulto, Dico, referendum, crisi di governo, intercettazioni, Cosa Bianca, riforma giudiziaria, De Magistris, voli di Stato, Grillo, Benigni, Santoro, Crozza. Si chiama Clemente Mastella il comun denominatore della politica - e dell’antipolitica - italiana. L’uomo che in trent’anni di vita parlamentare ha cambiato più volte casacca, senza però mai rinnegare il suo credo democristiano. E che oggi da Guardasigilli minaccia di staccare la spina a Prodi un giorno sì e l’altro pure. Sebbene abbia giurato fedeltà al Professore. Ora scalpita nell’attesa del rompete le righe. secondo solo a Berlusconi nella quotidiana invocazione delle urne: pur di evitare il quesito popolare sulla legge elettorale è pronto a chiudere la legislatura. Caduto il governo, non esclude un’alleanza con il Cavaliere, visto che Casini finora gli ha dato picche... Un suo bilancio politico personale di quest’anno. «Sul piano della mia operatività nell’azione di governo mi darei la sufficienza. Quanto al resto, invece, sono un po’ sconcertato». Perché? «In 32 anni di vita politica non mi erano mai capitati avvisi di garanzia, se non in un caso. Nel giro di un anno me ne sono arrivati cinque. E faccio il ministro della Giustizia, non il ministro delle Riforme per il mondo intero. Questo ti fa pensare...». Lei crede di essere sotto tiro in quanto ministro della Giustizia? «Certamente sì». Che spiegazione si è dato? «Se fai una riforma, tocchi sempre gli interessi di qualcuno». A chi ha pestato i piedi con la sua riforma della giustizia? «Ce ne sono tanti cui non va giù la mia riforma. Alcuni ne fanno una questione ideologica e non gli vado bene io come ministro. Ne prendo atto. Ma non demordo». Quindi c’è un complotto? «Di sicuro nel giudicarmi c’è minor serenità psicologica da parte di chi si ritiene spiazzato». Ma lei cos’ha fatto quest’anno per migliorare la giustizia? «La riforma dell’ordinamento giudiziario è importante. Non si faceva da quarant’anni. Abbiamo rafforzato la presenza dell’Italia in Europa: prima si stentava nella cooperazione giudiziaria». Però i processi continuano ad andare a rilento. «Noi abbiamo tentato di velocizzare la giustizia». In che modo? «Abbiamo presentato dei disegni di legge che sono fermi - e questo non dipende a me - in cui stabiliamo che occorrono cinque anni per i gradi di giustizia: due anni nel primo grado, due anni nel secondo e un anno nel terzo. E questo sia sul piano penale che civile. il Parlamento che non va avanti». Uno dei provvedimenti più impopolari voluto da lei è stato l’indulto. Si è pentito? «Io no, ma ricordo che assieme a me l’hanno votato in 800, compresi Fi, Udc e qualcuno di An». Il bilancio politico dell’Udeur si chiude in avanzo o in perdita? «Alle Amministrative gli unici risultati positivi che ha acquisito il centrosinistra sono quelli del mio partito. Pensi solo a L’Aquila, dove abbiamo il 9%. L’anno venturo non sappiamo se si andrà al voto, ma alle Provinciali, in alcune realtà come la mia Benevento, Roma o Foggia, credo che avremo un risultato positivo». Nel suo giudizio di fine anno il governo è promosso o bocciato? «Il governo segue la traiettoria che esprimono le forze politiche. Se sono irrequiete, il governo finisce per vivere una vita di fragilità e instabilità continua. Manco Napoleone sarebbe in grado di reggere una situazione in cui le maggioranze non sono omogenee. Questa è la crisi del sistema». Lei ultimamente ha detto: «Visto come stanno le cose, è inutile anche il vertice di gennaio, meglio andare subito al voto». «E lo ribadisco. Se il 10 arrivassimo a vederci per uscire ancora così divisi, che senso avrebbe andare avanti? E se prima del 10 non si ricompongono le molecole che sono uscite dal Partito democratico, tanto vale anticipare la crisi». Chi ha determinato questa crisi? «Le difficoltà dell’esecutivo derivano dal Partito democratico. Ha generato per protesta partiti come la Sinistra democratica. Sono usciti anche Dini, Fisichella, Manzione e Bordon. E i calcinacci sono ricaduti sul governo». Che effetto le hanno fatto le ultime dichiarazioni di Fisichella? «Evidenziano che la situazione è irrecuperabile. La maggioranza ormai pullula di gente che sogna cose diverse. Quindi è inutile giocare. Tanto vale andare a elezioni». Molti pensano a un governo istituzionale. Lei? «Io sono contrario. A un Paese che chiede di essere guidato diversamente perché non gli piace questa maggioranza tu non puoi dare in pasto un governo deresponsabilizzato che è di tutti e di nessuno». Fisichella ha detto: «Il mio rapporto col governo è esaurito». Anche il suo? «Fino a quando resta in piedi questo governo io sarò leale. E non l’ho detto in privato a Berlusconi, l’ho detto a tutti». E in privato cos’ha detto a Berlusconi? «A Telese gli ho detto che è inutile dare la spallata inseguendo questo o quel senatore: il governo si decompone da sé, si squaglia, "muore lentamente", come dice Neruda». Che idea si è fatto delle trattative tra Berlusconi e i senatori "dissidenti" del centrosinistra? «Come per la Monaca di Monza: "La sventurata rispose". Qualche sventurato avrà risposto sicuramente, sennò Berlusconi mica si azzardava a spingersi a tanto. Poi lo sventurato sarà tornato indietro, ma qualcuno di sicuro ha partecipato. O per lo meno ha dato a intendere che fosse disposto a passare di là. Io mi sono fatto una mia idea. La chiamo "la teoria di Penelope"». Sarebbe a dire? «Penelope è ritenuta l’emblema della fedeltà. Ma io ho sempre detto che non lo era. E probabilmente neanche alcuni senatori lo sono. Se tu dici no, dici no. Ma non puoi tessere la tela di giorno e disfarla la notte. Se Berlusconi fa il procio che induce in tentazione, la maggioranza è comunque piena di Penelopi». Nei sondaggi, intanto, il governo sprofonda. «La luna di miele non c’è più da un pezzo. Un governo dovrebbe durare cinque anni. Ma se si creano condizioni tali per cui qualcuno viene meno, bisogna prenderne atto e andare a casa». Perché ha fatto segno verso se stesso? Mastella, sta venendo meno? «Io sarò leale a questo governo. Ma sfido l’opposizione: se va dal Capo dello Stato e dice "noi siamo per elezioni anticipate", stia certa che andremo anche noi da Napolitano a dire "noi che siamo determinanti al Senato chiediamo che si vada al voto". Ma lo deve dire tutto il Polo. Le Penelopi non ci piacciono, ma neanche gli Ulissi che vogliono giocare sulla pelle degli altri». Se dodici mesi fa qualcuno le avesse detto che oggi si sarebbe trovato in questa situazione sarebbe stato contento o disperato? «Io mi sono sempre paragonato a un radiologo. Perché vedo prima le cose che accadranno». Come Cassandra. «Sì, ma mi piace di più il radiologo, perché fa la lastra dove gli altri non vedono nulla, ma lui sì. Così sono io sul piano politico. I miei amici arrivano a riconoscere in ritardo quello che io ho già visto». Cosa vede nella lastra di Prodi? «Ha maggiori capacità di quelle che gli riconoscono. Ma come tutti i professori, il consenso lui non ce l’ha. Però di politica industriale lui è un grande intenditore». Lastra di governo: quanto gli resto da vivere? «Non lo so. Ma una cosa è certa: la volta prossima questa compagine governativa non ci sarà più. Ma spero che anche quella del Polo sia superata. Noi dobbiamo applicare il vecchio motto della scuola salernitana, che utilizzava Dante Alighieri: "Similia similibus curantur, contraria contrariis curantur". Cioè, bisogna mettere assieme quelli che la pensano allo stesso modo e su schieramenti opposti quelli che la pensano in maniera diversa». E lei il prossimo anno da che parte starà? «Spero ancora in Parlamento». Non al governo? «La scelta del Parlamento la decide il popolo. Mentre non è mai stata in cima ai miei pensieri l’idea di fare il ministro». Ma se ha fatto il diavolo a quattro per ottenere un ministero... «Entravano tutti i segretari di partito, perché io no?». Legge elettorale: scelga il suo modello preferito. «Tutti dicono che questa legge è una porcata, ma ha consentito un minimo di governabilità. Un Paese che con 20mila voti e due senatori di scarto riesce a tenere in piedi un governo è quasi un miracolo». Difende il "Porcellum"? «Non è che lo difendo. Io vorrei sempre la preferenza. La bozza Bianco, che non dà la possibilità al cittadino di scegliere, per me è una legge truffa, come lo è quella dell’esito referendario. A questo punto, meglio il referendum, che almeno introduce una soglia del 4%». Lei però ha detto che sul referendum è disposto a far cadere il governo. Sarebbe davvero pronto a staccare la spina a Prodi? «Io ho posto un ultimatum quando c’era un’ipoteca sul piano dei valori, come con i Dico: là me ne andavo per davvero, là non era mica uno scherzo». Quindi sul referendum ha scherzato? «Il mio ultimatum non è una minaccia. come lanciare un allarme». Non si contano più i suoi ultimatum al governo. Pensa di essere ancora credibile? «Quelli che mettono in dubbio la mia credibilità devono aspettarsi che quando non parlo più è davvero la crisi. Quando facemmo il Ccd con Casini minacciavamo ogni volta di rompere. Quando poi ho deciso, ho deciso». Anna Finocchiaro l’ha ribattezzata «Mastella "al lupo al lupo"». «Si vede che non ha dimestichezza con i lupi. Dalle mie parti, invece, i lupi ci stanno. Sono quelli che abbaiano e incutono paura facendo sì che non ti avvicini al branco e scansi il pericolo. Se poi però arrivano i leoni, è ovvio che ti devi difendere». Dica la verità: lei non riesce a staccare la spina a Prodi perché ha la sindrome del voltagabbana. «’Sta storia del voltagabbana spero sia finita. Se uno passa nella tua parte è un eroe, dall’altra è un farabutto? Stabiliamo una volta per tutte i criteri». possibile che il 2008 le porti una nuova alleanza con Silvio Berlusconi? «Non lo escludo. Se salta tutto in aria - e qui il rischio c’è per davvero - ti devi guardare intorno e costruire una casa nuova. E la fai con chi ti è più vicino». E chi sente più vicino al momento? «Non so. Vedremo». Non Pier Ferdinando Casini? «Sarebbe la cosa più naturale, però lui a volte la ritiene innaturale». In effetti, al leader dell’Udc l’idea della Cosa Bianca non piace tanto. «Uno spazio di centro in Italia ci sarebbe eccome. Se si perde anche quest’occasione, la responsabilità è di chi smarrisce questo sentiero. Ma quest’area d’interposizione preoccupa molti. Guarda caso, ogni volta che io inizio a parlare di centro mi arriva un avviso di garanzia. Come succedeva ai tempi della Dc, quando ogni volta che parlavo del delitto Moro venivano a frugarmi in casa o nell’ufficio». C’è un complotto contro di lei perché sta progettando la Cosa Bianca? «C’è qualcosa che non mi quadra. Mica c’è stata una grande manifestazione di solidarietà nei miei confronti quando sono stato attaccato da De Magistris». Ma com’è che nessun Guardasigilli va d’accordo con i magistrati? Colpa loro o dei ministri? «Nel mio caso c’è stata più una prevaricazione su di me che mia rispetto agli altri, tant’è che il tribunale dei ministri mi ha scagionato». Non si è pentito di aver chiesto il trasferimento di De Magistris dalla procura di Catanzaro? Così ha dato l’impressione di averlo fatto perché stava indagan- do su lei e Prodi. «Non stava indagando su di me. Quando sono uscite le prime notizie su Panorama, c’è stata una richiesta ufficiale del mio ufficio di gabinetto che domandava alla procura se io fossi indagato: se ci fosse stata una conferma mi sarei fermato. Ma è stato risposto "no". Quindi sono andato avanti rispetto a un’ispezione che non ho chiesto io, ma era precedente. E dopo una settimana, guarda caso, è avvenuta la mia iscrizione sul registro degli indagati». Tutt’altro che casuale, secondo lei. «Come dice Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina». Ha risposto alla lettera-denuncia di Berlusconi sulle intercettazioni? «Ho detto a Berlusconi che gli sono vicino ogni volta che c’è un assalto alle libertà personali. Ma anche lui dovrebbe essere vicino agli altri. Voglio ricordare che le prime intercettazioni che riguardavano me e De Magistris uscirono su Panorama, guarda caso prima che arrivassero alla procura». Si è creato un asse tra lei e Gianfranco Fini sulla riforma elettorale. Crede che possa sfociare in futuro in un’alleanza? « vero che laddove salta il sistema è ipotizzabile di tutto. Fini stesso ha assunto la linea delle mani libere. Ma il mio punto di riferimento resta il Ppe». Pure per il leader di An. «Ma fino ad ora nel Ppe lui non c’è». Anche Beppe Grillo ha contribuito a fare di lei l’uo mo dell’anno. Ma lo fate ’sto libro insieme o no? «Volentieri. Dipende da lui. Si potrebbe scrivere assieme un libro sulle tante caste. Io non ho mai avuto niente contro di lui. Pensi che i primi torroncini di Benevento li ho regalati a Grillo tanti anni fa». Ha fatto "innamorare" anche Benigni. « una persona eccezionale. Io sono un suo fan accanito, anche se lui non voterà mai per me. E poi lo ringrazio, perché è stato il più benigno di tutti sull’indulto. Sarà stata la lettura dei testi danteschi. E ha fatto i suoi spettacoli nelle carceri italiane senza prendersi una lira». Benigni, Crozza, Grillo... Ma che gli fa lei ai maestri della satira? «La satira non mi dispiace mai se rende umana la politica. Non mi piace quando c’è la cattiveria». Lei è permaloso, dica la verità. «Un pochino». Come le è venuto di prendere un volo di Stato per andare a Monza vedere il Gran Premio di F1? «A: io ero invitato per fare la premiazione. B: il giorno dopo ho partecipato a un dibattito sulla giustizia. C: su quel volo c’era anche Rutelli». E allora perché se la sono presa solo con lei? «Vorrei capirlo pure io. La Corte dei Conti ha detto che ero estraneo a tutto». Però lei si difese malissimo dicendo che aveva portato con sé suo figlio perché non vi vedete mai. «Era una difesa familiare. E poi è vero: mio figlio non lo vedo mai, quindi ho approfittato per portarlo con me anche perché la sua presenza non incideva sul costo del volo. Ma per questa storia è diventato più famoso il mio volo che quello di Icaro». Allora non è che nell’Unione si spesero molto per difenderla. Sconta per caso la sua cattolicità? «Francamente sì. Dà fastidio che io difenda certi valori. Ce l’avevano anche con la Dc per questo». Qual è il desiderio che esprimerà stappando lo spumante all’ultimo dell’anno? «Più serenità. Da quando faccio il ministro della Giustizia non ne ho più». Non la Cosa Bianca? «"Cosa" non mi piace, è un dato neutro». E come pensa di chiamarlo il suo centro? «Se riuscirò a farlo nella prossima stagione, lo chiamerò Partito Primavera». Barbara Romano