Dino Martirano, Corriere della Sera 27/12/07, 27 dicembre 2007
ROMA – Rischia di bloccarsi prima ancora di partire il valzer di trasferimenti che a partire dal 28 gennaio dovrebbe coinvolgere i capi di 157 uffici giudiziari (procure, procure generali, corti d’Appello, tribunali, etc) smobilitati dalla «riforma» Mastella con un preavviso di soli 6 mesi
ROMA – Rischia di bloccarsi prima ancora di partire il valzer di trasferimenti che a partire dal 28 gennaio dovrebbe coinvolgere i capi di 157 uffici giudiziari (procure, procure generali, corti d’Appello, tribunali, etc) smobilitati dalla «riforma» Mastella con un preavviso di soli 6 mesi. Il nuovo ordinamento giudiziario non ammette proroghe per i magistrati che hanno accumulato 8 anni di servizio consecutivi sulla stessa poltrona, ma il «turn over» deve fare i conti con una raffica di ricorsi: il primo a muoversi è stato il procuratore di Torino, Marcello Maddalena, che si è rivolto al Tar del Piemonte sostenendo che la data limite del 28 gennaio vale solo per i capi che hanno computo 71 anni mentre per gli altri il trasferimento scatterebbe solo nel 2011. Se, dunque, a metà gennaio la giustizia amministrativa dovesse dare ragione a Maddalena – e alla sessantina di colleghi organizzati dal procuratore di Ariano Irpino, Amato Barile, che hanno seguito la strada del ricorso, come ha fatto pure il procuratore di Brescia, Giancarlo Tarquini – il Consiglio superiore della magistratura dovrebbe rivedere i suoi piani. Da almeno un mese, infatti, a Palazzo dei Marescialli lavora una task force che ha riempito un’intera stanza con le 7000 domande presentate per i 334 uffici (tra direttivi e semidirettivi) che dovrebbero cambiare titolare. E dopo una cernita estenuante, la V commissione, presieduta da Ezia Maccora (Md), ha finalmente il quadro dei possibili spostamenti: «Noi andiamo avanti e ci fermeremo sui singoli concorsi solo se arriva la sospensiva del Tar», conferma il consigliere togato Ciro Riviezzo (Movimento per la giustizia). Ma per un Csm sempre più diviso sulle nomine che contano (l’unanimità in commissione di recente si è raggiunta solo sul nuovo procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco) non sarà indolore decidere se, Tar permettendo, Maddalena debba andare a dirigere le procura di Aosta, quella di Padova, quella di Venezia o la corte d’Appello di Bari. E anche per scegliere il suo successore alla procura di Torino la lista dei 32 aspiranti è lunga: tra gli altri ci sono, Luigi Croce, Guido Papalia, Giancarlo Tarquini, Gian Carlo Caselli, i vice Bruno Tinti e Maurizio Laudi, Raffaele Guariniello e la milanese Ilda Boccassini. L’attuazione del «turn over» e i possibili incastri con le nomine negli altri uffici giudiziari che contano rischiano di paralizzare il Csm, come ha più volte avvertito il vicepresidente Nicola Mancino. In pratica – tranne quella di Caselli che resterebbe a Torino, passando dalla Procura generale alla procura – le domande presentate sono quasi tutte multiple: il procuratore di Messina, Croce, oltre a Torino ha scelto Perugia e la procura generale di Bari; l’aggiunto di Napoli, Paolo Mancuso, ha indicato anche altre procure: Perugia, Venezia, Civitavecchia. Tutti i candidati, insomma, si sono lasciati una porta aperta. E in alcuni casi l’ingorgo è impressionante. Sulla procura di Marsala, lasciata libera da Antonio Silvio Sciuto (caso Denise), convergono le domande di mezza antimafia siciliana: Guido Lo Forte, Giuseppe Piantone, Leonardo Agueci, Alfredo Morvillo, Ignazio De Francisci, Roberto Scarpinato, Anna Maria Palma, Maria Teresa Principato, Domenico Gozzo, Antonio Ingoia, Luca Tescaroli. Il lavoro pazientemente istruito in V commissione dal presidente Ezia Maccora e dal togato Giuseppe Maria Berruti rischia di trasformarsi in un rompicapo. Le prove generali di questi giorni hanno fatto riemergere i veti incrociati tra le correnti in cui è articolata l’Anm che, di recente, ha perso la guida unitaria. Da quel momento, a Palazzo dei Marescialli tutte le nomine che contano hanno provocato divisioni: così è stato per la procura di Caltanissetta (tutta la commissione ha votato per Sergio Lari mentre Berruti ha indicato Lo Forte), per Reggio Calabria (tre proposte al plenum: Giuseppe Pignatone, Salvatore Boemi, Franco Scuderi), per Potenza (Giovanni Colangelo è passato all’unanimità solo dopo la rinuncia di Paolo Mancuso), per Catania (Renato Di Natale di Magistratura indipendente ha superato l’aggiunto Vincenzo D’Agata di Unicost che giocava in casa). E a gennaio, con queste premesse, si rischia la paralisi. Dino Martirano