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 2007  dicembre 27 Giovedì calendario

Twitter e ti racconti in 140 caratteri. Panorama 27 dicembre 2007. Che la rete sia una formidabile creatrice di dipendenze più o meno innocue non è una sorpresa

Twitter e ti racconti in 140 caratteri. Panorama 27 dicembre 2007. Che la rete sia una formidabile creatrice di dipendenze più o meno innocue non è una sorpresa. Ma nessuno pensava che l’ultima di queste droghe sarebbe stata un sito, partito da zero nel marzo 2006 e senza pubblicità, in cui i navigatori raccontano le loro giornate minuto per minuto, in tutti i dettagli. A poco più di un anno dalla nascita, Twitter.com è diventato un fenomeno che ha preso in contropiede anche i suoi fondatori, un gruppo di giovani programmatori della Obvious corporation di San Francisco. Secondo la Forrester research, solo in America sarebbero già 8 milioni i maniaci di Twitter. Una parola che sul web è sinonimo di microblog. Twitter permette agli utenti di pubblicare in maniera istantanea tutto quello che gli accade inviando messaggi di testo, lunghi non più di 140 caratteri, via sms, chat, email, il sito di Twitter, o un programma da installare sul computer che si chiama Twitterrific. I motivi di questo successo? Primo, è facile da usare; secondo, a quanto pare, moltissime persone ne hanno bisogno. La domanda di partenza del sito resta sempre la stessa: «Che cosa stai facendo adesso?». Ma i twitteri, per dirla all’italiana, la interpretano ognuno a modo suo. Creano frenetici botta e risposta con gli altri, commentano le ultime notizie, cercano qualcosa da fare la sera. Unico limite, lo spazio a disposizione: 140 caratteri, in pratica un messaggino del cellulare. un po’ come essere a una macchinetta del caffè universale: c’è sempre qualcuno con cui scambiare due parole. Chi è brillante accumula «follower», ossia amici che vogliono leggere ogni cosa che mettiamo online. Ma chi c’è nel popolo di Twitter? Poche, per ora, le celebrità. C’è qualche attore che vuole concedersi più da vicino ai fan. E c’è il candidato alle presidenziali degli Stati Uniti, Barack Obama (o chi per lui), che lo usa per segnalare i suoi appuntamenti nella corsa alla candidatura. Twitter è solo l’ultimo arrivato. come una pausa sigaretta ogni 10 minuti. Per ora il vero confessionale globale è Facebook: come un annuario scolastico in cui scegliere quali foto mettere. nato proprio così, nel 2004: per il suo creatore Mark Zuckerberg doveva essere la versione online dei bollettini «conosciamoci meglio» che venivano distribuiti ai suoi compagni di Harvard. Poi, quando è stato aperto a tutti, il boom. Oggi le persone che hanno un album personale su Facebook sono 58 milioni (160 mila in Italia). E un modo veloce di ritrovare gente persa di vista. Le storie a lieto fine in questo senso non mancano: il bello non sta nel fare nuovi incontri, quanto nel sentirti vicino a chi già conosci. Ma se fabbricarsi una nuova identità su Facebook non va di moda (anzi, la comunità è molto critica a riguardo), questa onestà non si traduce per forza in una salutare gestione della «lista amici». C’è chi aggiunge ai propri contatti centinaia di persone a malapena sfiorate; chi si ritrova bersagliato dai messaggi di estranei; chi aggiorna con precisione estenuante le varie liste del «chi sono, dove vado, che musica ascolto»; e chi magari parte cercando il vecchio compagno di banco ma poi vaga per giorni in un labirinto di facce, hobby e professioni. E non si riesce a staccare. Come se fosse l’archivio di tutta l’umanità. Sarà per questo che Facebook sta diventando popolare come sostituto dell’online dating: meno ansie da prestazione, meno rischi di incrociare un bugiardo patologico. In teoria non c’è tanta differenza, rispetto al chiedere agli amici «per caso hai qualcuno di carino da presentarmi?». VIOLETTA BELLOCCHIO