Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Un uomo di 76 anni e mezzo, che sta in galera ed ha un diabete allo stato terminale. Siccome dovrebbe seguire una dieta strettissima, e il carcere non glielo permette, non mangia da quattro giorni. Allora la moglie va dall’avvocato e l’avvocato scrive al presidente della Repubblica chiedendogli di concedere la grazia con atto unilaterale, perché quell’uomo la grazia non vuol chiederla (si proclama innocente) e, se resterà in carcere, morirà. Il presidente della Repubblica gira la lettera al ministro competente, cioè quello della Giustizia, vale a dire Mastella, e Mastella avvia l’istruttoria. Si tratta di chiedere i pareri non vincolanti della Procura di Palermo, che a suo tempo accusò il carcerato dei reati per i quali è detenuto, e del Tribunale di sorveglianza di Napoli, che deve dire se le condizioni di salute del recluso sono effettivamente così drammatiche. Nel frattempo, varie associazioni di familiari delle vittime insorgono all’idea che a un individuo simile sia concessa la grazia, altre forze politiche – generalmente di destra – insistono invece perché la grazia sia concessa, il presidente viene in qualche modo tirato per la giacca da questi e da quelli fino a che sbotta (ieri): «So bene quello che si deve fare e quali sono le procedure».
• Ma di chi stiamo parlando?
Di Bruno Contrada. Le dice qualcosa ma non sa bene che cosa? stato un poliziotto importante, numero tre del Sisde, capo della Mobile di Palermo, poi capo della Criminalpol. Adesso è in carcere, condannato a dieci anni. Alla metà degli anni Settanta avrebbe tenuto rapporti impropri con mafiosi, avvertendoli in anticipo di quello che facevano magistrati e carabinieri. Così almeno diceva l’accusa e così dice la sentenza di condanna.
• Lei non ci crede?
In questo momento la questione riguarda solo la grazia.
• Ma il presidente può concederla se lui non la chiede?
Si è fatto con Bompressi, uno dei tre condannati per l’assassinio del commissario Calabresi. Napolitano l’ha graziato con atto unilaterale perché stava male. S’era insediato da neanche un mese. Anche allora vi furono lamentele da parte dei familiari della vittima: il Quirinale non pensò di avvertire in anticipo la famiglia Calabresi di quello che stava per fare, e di spiegare. I familiari delle vittime della mafia protestano adesso per la ventilata scarcerazione di Contrada. La sorella di Borsellino ha detto che, se uno sta male, si possono prendere misure meno significative della grazia. Il prodiano Franco Monaco ieri ha ricordato che Contrada è in prigione per fatti di mafia, il che rende particolare la sua situazione.
• Perché?
E’ perché si tratta di reati di mafia che Contrada sta dentro nonostante abbia 76 anni e mezz quando c’è di mezzo la mafia tante garanzie vengono a cadere. Monaco ha ricordato che quando a Sofri si ruppe l’esofago non venne concessa la grazia, ma una sospensione della pena. Poi c’è il fastidio per la polemica politica, anche su queste cose. La destra che difende a gran voce, i familiari delle vittime comprensibilmente in allarme per ogni cedimento, la sinistra che sta zitta perché la grazia a Contrada potrebbe in qualche modo rendere più agevole il percorso della grazia a Sofri. Ha ragione Napolitan ci sono le procedure e il presidente, qualunque decisione prenderà, sarà nel giusto perché così vuole la Costituzione.
• Ma Contrada era un mafioso? Avrebbe commesso reati tanto gravi?
E’ una storia piena di dubbi, come quella di Sofri. C’era chi avrebbe messo la mano sul fuoco per lui – come il vecchio capo della Polizia Vincenzo Parisi o come il prefetto, eroe della lotta alla mafia, Arnaldo La Barbera – e chi non se ne fidava, come il vecchio questore Immordino che nel 1980 lo tenne all’oscuro sulla famosa retata del 4-5 maggio. Voci su Contrada giravano da un sacco di tempo. Nel 1984 Buscetta dichiarò: «Ho saputo da Rosario Riccobono che Contrada gli passava informazioni sulle operazioni della polizia». Falcone, che ebbe per le mani quella dichiarazione, la archiviò come irrilevante. Poi ci furono le accuse degli altri pentiti: Mutolo, di nuovo Buscetta, Marchese, Spatola. Stavolta i pm di Palermo decisero di agire. Contrada fu arrestato la vigilia di Natale del 1992, tenuto in carcere 31 mesi in cui non smise di proclamarsi innocente e «uomo delle istituzioni». Condannato una prima volta, poi assolto «per non aver commesso il fatto», poi condannato di nuovo a dieci anni. Dire che si tratta di procedure e processi convincenti è assai azzardato. Ma col diabete terminale e la grazia, o la sospensione della pena, questo non c’entra. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 26/12/2007]
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