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 2007  dicembre 26 Mercoledì calendario

NAPOLEONE SARKOZY

L’Espresso 26 dicembre 2007. Parigi. Nicolas Sarkozy corre nella foresta con le sue orecchie da coniglietto rosa, tentando di sfuggire al fucile di Muammar Gheddafi in piena battuta di caccia e, al tempo stesso, al fuoco incrociato di deputati inferociti, di editorialisti e intellettuali scossi da un rigurgito d’orgoglio patriottico, di ministri e amici sorpresi dalla spregiudicata strategia internazionale a tutto campo del presidente della Repubblica francese. Il Sarkozy-coniglietto rosa, frutto della fantasia de ”L’Info”, il programma satirico di Canal+ in cui i pupazzi traducono al grande pubblico l’attualità politica francese, diverte, ma non fa ridere la diplomazia francese, la seconda più grande e importante al mondo dopo quella americana. Il ministro degli Esteri ed ex paladino del diritto d’ingerenza Bernard Kouchner ha fatto lo slalom per una settimana per evitare Gheddafi; la sua giovane sottosegretario ai Diritti dell’uomo Rama Yade ha espresso la sua opposizione alla visita del colonnello nella giornata dei Diritti dell’uomo, dichiarando che «la Francia non è uno zerbino su cui un dirigente, terrorista o meno, possa venire a pulirsi i piedi del sangue dei suoi crimini». Rivoluzione diplomatica, diplomazia della mano tesa, diplomazia del rischio o semplicemente diplomazia dell’assegno in bianco in termini di diritti dell’uomo? Sarkozy è apparentemente uomo di parola, senza peli sulla lingua, non teme di usare, se necessario, armi non convenzionali come i sorrisi e le strette di mano ai dittatori che timidamente intraprendano la strada del rispetto delle convenzioni. «Nicolas Sarkozy aveva annunciato in campagna elettorale una politica estera incentrata sui diritti dell’Uomo », spiega l’ex ministro degli affari Esteri Hubert Vedrine: «Ora offre qualcosa di completamente opposto alle sue dichiarazioni. Non sono sorpreso: l’unica politica estera possibile è quella che fa i conti con la realtà». Già, la realpolitik. E il presidente francese desidera fortemente essere, se possibile per sempre, l’amico di tutti i potenti. Davanti all’Onu ha certo minacciato la guerra ad Ahmadinejad, se l’Iran si doterà dell’arma nucleare, ma il rapporto dei servizi segreti americani che ritarda di diversi anni l’ipotesi gli ha fatto tirare il fiato. Per quello può condividere con l’iraniano l’exploit di avere felicitato, unico capo di Stato occidentale, Vladimir Putin per la vittoria della Russia Unita alle ultime legislative. La geostrategia (molto del petrolio e del gas francese arrivano da Mosca) conterà più dell’amicizia di Sarkozy con George Bush? Entrambi non condividono la scelta russa di inviare materiale fissile in Iran, e il cugino atlantico ha già avuto prova da Sarkozy del suo filoamericanismo e del suo impegno a stemperare l’anti-americanismo francese. Durante la visita a Pechino, Sarkozy ha firmato contratti miliardari con i cinesi, concedendo che per lui c’è una sola Cina, cancellando con un manrovescio le questioni tibetana e taiwanese. Sperando nell’intercessione del presidente venezuelano nella liberazione della franco-colombiana Ingrid Betancourt prigioniera delle Farc, Sarkozy è stato ineccepibile nel suo ruolo di maggiordomo della Repubblica nel giorno della visita di Hugo Chávez in Francia. Senza reagire agli attacchi antisemiti di un ministro del governo algerino, che lo accusava di essere l’uomo della lobby ebraica, ha rinnegato in Algeria il candidato che è stato pochi mesi fa, addolcendo il suo discorso anti- pentimento sulla colonizzazione. Ancora: se Sarkozy è pragmatico con i dittatori, può essere pragmatico anche con Hamas. Infatti ha promesso 200 milioni di euro alla conferenza dei donatori, precisando che non ci sarà Stato palestinese senza striscia di Gaza, il che equivale a una presa di distanza dall’Olp e a un’ipotesi di apertura ad Hamas come interlocutore imprescindibile del processo di pace. Tutto questo per dare il ”la”, nei primi sei mesi di presidenza, alla sua politica estera. Quale strenna mediatica alla liberazione estiva delle infermiere bulgare, Nicolas Sarkozy ha concesso a Gheddafi una visita degna di Nelson Mandela o di Winston Churchill. La tenda beduina protetta dalle amazzoni in tenuta kaki è stata piantata a due passi dall’Eliseo. Interi quartieri della capitale sono stati bloccati al traffico per far passare la limousine bianca della ”guida della rivoluzione libica”. Anche la Senna è stata privatizzata a causa di un’escursione in battello del dittatore che ha voluto vedere con i suoi occhi al Louvre la ”Venere di Milo” e la ”Gioconda”, prima di sbugiardare in diretta tv il presidente francese sul fatto che nel loro incontro abbiano evocato la questione dei diritti dell’uomo. La Repubblica ha superato la soglia di sopportazione quando Gheddafi le ha rimproverato il fatto che non rispetta i diritti degli immigrati e quello di tutti alla poligamia, prima di visitare il trono del re Sole a Versailles e di concedersi una battuta di caccia nelle foreste di Rambouillet. Ma pazienza. La Francia di Sarkozy continua sulla strada della realpolitik con uno stile freddo, cinico, visto che bisogna giocare su due tavoli: quello dei valori e quello dei contratti. Se prima la fermezza sui valori giustificava la firma dei contratti, oggi la Francia dà l’impressione di far coincidere le due cose. I valori sono i contratti. E quello che conta, nella cultura del risultato acclamata da Sarkozy, è la fattura finale. Scambi economici, ordini per le imprese, vendita di Airbus e di centrali nucleari a tutto il Magreb, alla Cina e perché no, presto anche all’Africa sono il fine ultimo della diplomazia francese. Ma il punto di crescita supplementare che il presidente cerca per la Francia ha un costo d’immagine elevato. «Perché la Francia pesi nel mondo deve essere economicamente forte», afferma l’enarca Jean Guellec, presidente dell’Istituto Scipio di strategia internazionale: «Per questo Sarkozy sta organizzando la sua politica estera senza inibizioni con gli Stati che le forniscono energia. Con i paesi più autoritari Sarkozy mostra ottimismo e li invita a progredire sulla strada dei diritti umani». Così la Francia conosce ora un’altra faccia del suo presidente, quella dell’avvocato d’affari per cui non esistono problemi, ma soluzioni, quello dell’uomo dalle tante intuizioni che mette al servizio di quel moto perpetuo che gli è tanto rimproverato. «A causa del suo narcisismo Sarkozy vuole sempre essere al centro dell’attenzione», analizza Pascal de Sutter, esperto in psicologia politica alla Nato e autore del libro ”Questi pazzi che ci governano”: «Anticonformista, si costruisce per opposizione, estroverso e ambizioso ha sempre bisogno di essere riconosciuto, di avere successo. Flessibile e pragmatico, quando si accorge che la sua idea non funziona la cambia, ma non rinuncerà mai a essere davanti alla scena». Infastiditi, i partner europei della Francia. Angela Merkel, la cancelliera tedesca, non sopporta più le sue pacche sulle spalle e rimpiange l’eleganza dei baciamano di Jacques Chirac. In particolare non ha apprezzato il fatto che il presidente francese si sia precipitato in tv per attribuirsi il merito della rimessa in sella dell’Europa politica grazie al trattato semplificato firmato a Lisbona e gli ha inviato chiari messaggi d’opposizione anche alla sua Unione mediterranea (sostenuta invece da Gheddafi) che vorrebbe fare nascere nei prossimi sei mesi, se possibile senza perdersi in estenuanti discussioni con i paesi dell’Unione europea. Spagna e Italia, al di là delle dichiarazioni ufficiali d’apertura al progetto, tentano il contropiede in modo che tutte le decisioni non passino da Parigi, ma Sarkozy, in carica fino al 2012, sa bene che nessuno degli altri premier europei è potente quanto lui. In Germania la Merkel guida una grosse coalition difficile da gestire, in Spagna José Luis Zapatero si avvia a elezioni delicate, in Gran Bretagna Gordon Brown trova più opposizioni del suo predecessore Tony Blair, in Italia se un senatore prende un raffreddore cade il governo. Perché allora rallentare la corsa? «L’unico ostacolo che lo potrebbe fermare sarebbe un’evoluzione negativa dell’opinione pubblica francese, ispirata dalle lobby poco in sintonia con il presidente », dice Marie de Jerphanion, caporedattrice della ”Rivista internazionale e strategica” dell’Istituto delle relazioni internazionali che dedica il suo ultimo numero proprio alla ”Morale come nuovo fattore di potenza internazionale”. Ma Sarkozy ha già indossato il costume di un Superman che salva l’Europa fornendole un nuovo trattato, promuove una Unione mediterranea per allargare la sua zona d’influenza, gestire meglio i flussi migratori e diventare più ricca e competitiva. Sa che può contare su tutti quegli europei che apprezzano il suo attivismo e la sua determinazione. Una economia interna florida, poi, gli aprirà la strada a un secondo mandato, e se l’Unione mediterranea dovesse essere un successo, potrebbe puntare fra dieci anni, come lascia intendere in ”Sarko l’Americain” l’avvocato Jean-Philippe Immarigeon, alla presidenza di un’Europa unita, pragmatica e potente. Ma una cosa per volta. Intanto c’è da onorare un pranzo di lavoro a Roma con Romano Prodi e José Luis Zapatero, organizzare una cenetta intima sul Nilo con Carla Bruni, prima di volare l’anno prossimo a Londra dalla regina Elisabetta.
GIACOMO LESO