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 2007  dicembre 26 Mercoledì calendario

L’espresso, mercoledì 26 dicembre Un telefonino, a volte due o anche tre. Un videotelefonino. Un navigatore satellitare

L’espresso, mercoledì 26 dicembre Un telefonino, a volte due o anche tre. Un videotelefonino. Un navigatore satellitare. Un I-Pod. Una play station. Un televisore al plasma. Un computer per mandare in rete le foto del telefonino. E tanti aggeggi come questi, sempre capaci di svuotarti le tasche. Tutta merce che si sarà venduta molto per Natale. E anche prima. Basta entrare in una famiglia qualsiasi, anche di persone senza stipendi grassi, per rendersi conto che tante case assomigliano a supermarket di elettronica superflua. Nello stesso tempo, i giornali scrivono che il potere d’acquisto delle famiglie non è per niente aumentato, come sostengono il governo e la Confindustria. Anzi, sul finire del 2007 i bilanci famigliari risultano infelici per l’aumento del costo del denaro e per la stangata fiscale della prima finanziaria by Prodi. Tanto che quest’anno il numero delle famiglie in difficoltà ha toccato il massimo storico dal 1999, ossia da quando esiste questa statistica. Come la mettiamo, allora? Io la metto come mi suggerisce la piccola storia seguente. Un giorno chiamo un muratore per un lavoro in casa. per tutto il tempo lui si lamenta di trovarsi al verde. Ma ogni poco cava di tasca un cellulare di ultimo tipo, parecchio costoso. Fa una telefonata, poi due, poi tre, poi quattro. Gli chiedo: chi sta chiamando? Lui spiega: mia moglie e i tre ragazzi. Hanno tutti dei cellulari come il suo? In famiglia ne abbiamo cinque. Non sono troppi cinque? E lui: sì, forse sono troppi, ma come si fa a negare a un ragazzo il suo telefonino? Da anziani, si è inclini a riandare al passato. Quando ero ragazzo, mi sentivo sempre dire di no, mai di sì. I miei genitori erano dei super-specialisti del Super-No. Il loro slogan preferito era: questo costa troppo e non possiamo permettercelo. Ce lo ripetevano senza nessun rammarico. Per un motivo ben piantato nella memoria: anche loro avevano sempre ricevuto dei no. Erano bambini poveri. Mio padre, poi, aveva trascorso l’infanzia nella miseria: penultimo di sei ragazzini orfani, figli di un bracciante a giornata. Morto di colpo mentre zappava il campo di un altro: Giovanni Pansa, classe 1863, di Pezzana, provincia di Vercelli. Mia nonna, Caterina Zaffiro, classe 1869, anche lei vercellese di Caresana, non aveva voluto affidare i bambini alla carità pubblica. E li tirava su da sola, con la ferocia di una leonessa. Per farli mangiare, andava a rubare. Il suo motto diceva: la roba dei campi è di Dio e dei santi, dunque pure di una disgraziata come me. Ha patito la fame, come tutti i suoi figli. Ma è vissuta molto e ha allevato anche mia sorella e me. Era analfabeta, però amava i fotoromanzi di Bolero Film: lì capiva tutto senza leggere. Nello stesso momento, recitava il rosario e squartava le rane per il pranzo. Tutto accadeva nella cucina di casa. Era l’unica stanza riscaldata dell’alloggio. in cucina che ho scritto la tesi di laurea. Sorvegliando il minestrone messo sulla stufa economica da mia madre, prima di andare al lavoro. D’inverno, nelle altre stanze si gelava. La sera toccava a me di mettere il prete nel letto, con la brace e un filo di cenere. Quando nevicava duro, non avevamo i problemi di chi possedeva l’automobile o la motocicletta: noi si andava sempre a piedi. La stanza da bagno non esisteva. C’era soltanto il casseo, in un casottino sulla ringhiera, costruito da papà. Si faceva la doccia di domenica: nel mastello, con la mamma che ti rovesciava addosso l’acqua scaldata sul fuoco del camino. Non c’era telefono. E neppure la radio. Non si andava mai in vacanza. L’unica volta che sono riuscito a fare un po’ di montagna, nella colonia dei postelegrafonici, è stato nel luglio 1943. Ma è caduto Mussolini, accidenti! E la vacanza è finita in anticipo. Tuttavia, a Natale i regali non mancavano. Le matite colorate. Due quaderni speciali. Il teatrino dei burattini. Una bambola per mia sorella. E dei libri, tanti libri. Papà e mamma erano arrivati soltanto alla quarta elementare lui e alla quinta lei. Per poi andare subito al lavoro: come guardiano delle mucche e come piccinina in una pellicceria. Ma volevano che i figli studiassero. Dovevamo conquistare un’esistenza migliore della loro. Dunque, per prima cosa niente dialetto, si parla soltanto italiano. E poi leggere, leggere, leggere. Infine, un altro verbo implacabile: arrangiarsi. Sì, arrangiatevi da voi, perché nessuno vi regalerà mai niente! Ecco perché i Natali di oggi mi sembrano una festa del Diavolo. Troppo di troppo. Tutti che vogliono tutto. Case strapiene di inutile merce costosa. se ci sarà una vera crisi, che cosa accadrà? Mangeremo cellulari e ci scalderemo con le play station? Per quel che mi riguarda, sto tranquillo. Ad avere pochi soldi in tasca ci ho già provato. e siccome lo eravamo in molti, non ci ho fatto caso. Giampaolo Pansa