Massimo Gramellini, La Stampa 27/12/07, 27 dicembre 2007
Gli auguri più originali del mondo li ha spediti Chet Firch, americano dell’Oregon, che ha scritto ad amici e parenti, nonostante fosse morto da alcuni mesi
Gli auguri più originali del mondo li ha spediti Chet Firch, americano dell’Oregon, che ha scritto ad amici e parenti, nonostante fosse morto da alcuni mesi. Per ovviare a un impedimento così insormontabile, si è giovato della collaborazione di un’amica parrucchiera, alla quale consegnò le cartoline una settimana prima di andarsene. «Imbucamele tu, il prossimo Natale». Nello spazio del mittente aveva messo: «Chet Firch, Paradiso». Gli auguri più struggenti del mondo li ha spediti Claudio Di Felice, italiano di Torino, nello spazio dei necrologi dove ogni anno rinfresca il suo amore per la moglie Cristina. Stavolta il messaggio era insolitamente gonfio d’addii, perché «all’alba del 3944° giorno» (tanti ne sono passati dalla sua scomparsa e lui continua a contarli, uno per uno), Claudio ha finito i soldi e teme di non poter più scrivere all’«unico tesoro della mia vita, sposa nell’amore, amica nella lotta, sorella nelle avversità, madre coraggio nel dolore». Morti che scrivono ai vivi, vivi che scrivono ai morti. Sembra uno scenario lugubre, invece è molto più vitale di quello simboleggiato dal messaggino d’auguri mandato in fotocopia a tutti i numeri della rubrica telefonica, autentico trionfatore dell’abbuffata di smack-smack natalizi. L’ironia di Chet Firch e il romanticismo di Claudio Di Felice raccontano in fondo la stessa storia: la vita continua anche dopo la vita, al di là dello spazio e del tempo. Un concetto impossibile da capire per la testa, un po’ meno per il cuore.