Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il ritorno della bara di Vittorio Emanuele è un modo di chiudere i conti col passato?
Oggi tema storico. I Savoia, le guerre, il fascismo e la memoria del nostro Paese.
• Sono sempre stato scarso in storia. Poi di lunedì mattina… Non possiamo parlare di altro?
Bando alle lamentele. Il fatto è questo: verso le undici di ieri mattina è rientrata in Italia la salma di Vittorio Emanuele III. Era partita da Alessandria d’Egitto a bordo di un volo dell’Aeronautica militare italiana e alla presenza dell’ambasciatore italiano al Cairo Giampaolo Cantini, atterrando all’aeroporto di Cuneo. Le spoglie del penultimo re d’Italia sono state poi trasportate al Santuario di Vicoforte, nel Cuneese. La bara in legno chiaro, avvolta da una bandiera tricolore con lo stemma della casata Savoia, è stata benedetta dal rettore don Meo Bussone. Dentro alla basilica, Vittorio Emanuele III è stato tumulato nella cappella del Duca dove riposa anche la regina Elena, i cui resti sono stati trasferiti dalla Francia venerdì scorso. Le note del «Silenzio» fuori ordinanza sono echeggiate durante il rito che si è svolto in forma privata, provenienti dalla tromba di un caporalmaggiore degli Alpini. Inevitabili, sono presto arrivate le polemiche.
• Mi ricordi brevemente chi era questo re e perché la sua tomba non era in Italia.
Vittorio Emanuele III fu sovrano d’Italia dal 1900 al 1946. Nel suo primo quindicennio di regno sembrò un re equilibrato, poi si dimostrò inadeguato alle sue responsabilità. Attraverso cedimenti e complicità, spalancò le porte all’avvento del regime fascista. Due le grandi colpe che gli vengono imputate: aver firmato le leggi razziali del 1938 volute da Mussolini ed essere scappato da Roma nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943, senza aver dato disposizioni all’esercito, che si ritrovò quindi allo sbando. Nel 1946, quando abdicò in favore del figlio Umberto II, insieme alla regina Elena di Montenegro andò in esilio ad Alessandria d’Egitto, accolto con tutti gli onori dall’amico re Faruk. In Egitto morì, il 28 dicembre del 1947, proprio il giorno dopo la sottoscrizione della Costituzione della Repubblica Italiana, e fu sepolto. La moglie Elena lasciò presto Alessandria per andare in Francia, a Montpellier, dove fino a tre giorni fa si trovava la sua tomba. È stata la nipote di Vittorio Emanuele III, Maria Gabriella, a organizzare la traslazione. Il Quirinale ha dato il suo assenso purché la cosa avvenisse senza celebrazioni, in tono discreto. Eppure non tutti gli eredi Savoia hanno accolto bene la cosa.
• Perché?
I Savoia sono una famiglia parecchio litigiosa. C’è una disputa dinastica che oppone Amedeo di Savoia a Vittorio Emanuele IV. Quest’ultimo, sposando Marina Doria senza il consenso del padre, ha violato le regole di successione della casata o ex casata. La sorella Maria Gabriella ha sostenuto le pretese di Amedeo d’Aosta che si considera il vero erede al trono virtuale d’Italia. Comunque Emanuele Filiberto, il figlio di Vittorio Emanuele IV si è detto «sorpreso per la segretezza dell’operazione, non capisco questa specie di vergogna di riportare in Italia un ex re e un’amata regina. La nostra battaglia è sempre stata quella di far tornare le salme degli ex re nell’unico luogo deputato alla loro sepoltura, il Pantheon a Roma. Non in una tomba qualsiasi in Piemonte».
• Che c’entra il Pantheon?
Il Pantheon conserva le tombe dei due primi re d’Italia, Vittorio Emanuele II e suo figlio Umberto I, e della Regina Margherita, moglie di Umberto. In realtà, il Pantheon doveva essere una location provvisoria in attesa che fosse completato il Vittoriano, che avrebbe dovuto ospitare i Re d’Italia. Comunque la gran parte dei Savoia, venti per l’esattezza, sono sepolti nella basilica di Superga, che sorge sull’omonimo colle a nord-est di Torino e fu fatta costruire dal re Vittorio Amedeo II come ringraziamento alla Vergine Maria, dopo aver sconfitto i francesi che assediavano Torino nel 1706. Al Santuario di Vicoforte, dove riposano ora anche Vittorio Emanuele III e la regina Elena, finora si trovava solo il corpo di Carlo Emanuele. Altri Savoia sono sepolti in varie località d’Italia e all’estero.
• Ma è giusto che tutti i re, buoni e cattivi, riposino in Italia?
Ieri le comunità ebraiche d’Italia hanno definito la vicenda della salma di Vittorio Emanuele III «un fatto inquietante», parlando «di rimozione della memoria», soprattutto alla vigilia degli 80 anni dalla firma delle leggi razziali. Eppure mi sembra che bene abbia fatto il presidente Mattarella a dare il consenso a questo ritorno silenzioso. Avrebbe creato di certo più clamore un rifiuto. È sintomatico che oggi, al di là delle evidenti ragioni della comunità ebraica, il ritorno delle spoglie di un re non abbia turbato nessuno. Ricorderà il putiferio nel 2002, quando fu abrogata la norma transitoria della Costituzione sull’esilio dei reali. Non so se adesso siamo più distratti o semplicemente in questi quindici anni abbiamo compiuto qualche piccolo passo verso una memoria condivisa. E non si tratta certo di celebrare un re che ha avuto evidenti responsabilità storiche, sia chiaro. Come ha detto lo storico Lucio Villari, «la storia non è vendicatrice, non è giustiziera, ma, per dirla con Benedetto Croce, giustificatrice».
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