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 2017  dicembre 18 Lunedì calendario

Robert Allen Iger il Paperone di Disney che mangia Murdoch e va a caccia di Netflix

New York «Valeva la pena di cercare di mettere a segno l’acquisizione e assumersi alcuni dei rischi associati all’operazione». Quando la mattina di giovedì 14 dicembre l’amministratore delegato della Disney Bob Iger ha annunciato l’acquisto di una parte rilevante degli asset della Fox di Rupert Murdoch, il suo volto era insieme l’immagine di soddisfazione, orgoglio e potere. L’ultimo colpo da maestro di quello che viene considerato uno dei più grandi manager del nuovo secolo, è destinato a cambiare il volto del mercato dell’intrattenimento in generale e in modo particolare di quello dello streaming televisivo, con la Disney pronta a sfidare il gigante Netflix proprio sul suo terreno. Un accordo annunciato (per la bellezza di 52,4 miliardi di dollari che uniti ai debiti della Fox salgono a circa 66 miliardi) che arriva dopo settimane di voci e di anticipazioni stampa (di Wall Street Journal, Financial Times e della rete Cnbc) e che mette (per ora) la parola fine anche a molte speculazioni sul futuro dello stesso Iger. Il quale negli ultimi due anni è stato uno dei protagonisti della vita politico-economica americana, tra molte lodi sperticate e altrettante critiche (fondate o meno). Per il 66enne manager newyorchese (è nato il 10 febbraio 1951), cresciuto a Long Island, laureatosi nel 1973 con una tesi su “radio e televisione” è l’approdo di una carriera che lo ha visto protagonista prima alla Abc e poi alla Disney (da quando nel 1996 la ‘società di Topolino’ comprò il terzo dei grandi network tv). Quando aveva iniziato non aveva certo la vocazione del manager, se è vero – come racconta lui stesso – che quando studiava al college si cullava in fantasie da futuro ‘anchorman’. E il suo primo lavoro televisivo fu quello di ‘weatherman’ (l’uomo che legge le previsioni del tempo) in una televisione di Ithaca, nel profondo nord dello Stato di New York, a trecento chilometri dalla Grande Mela. Sposato due volte e con quattro figli (due dalla prima, due dalla seconda moglie), Robert Allen Iger nell’ultimo decennio è diventato un personaggio piuttosto conosciuto. Nel 2012 Steven Spielberg gli conferì il premio di ‘ambasciatore dell’umanità’ della Shoah Foundation ma è nell’ultimo biennio che il suo nome è stato associato a rilevanti iniziative politiche: prima – era l’agosto 2016 quando fu co-presidente di una grande iniziativa di raccolta fondi per Hillary Clinton che aveva annunciato la sua candidatura, poi nel dicembre 2016 quando Donald Trump annunciò che Iger avrebbe fatto parte dello “Strategic and Policy Forum” del nuovo presidente appena eletto (e non ancora entrato ufficialmente alla Casa Bianca). Per i democratici – e anche per molti suoi amici e conoscenti – fu uno shock vedere l’amministratore delegato della Disney ‘tradire’ il partito di cui aveva sempre fatto parte per diventare consigliere di The Donald. Polemiche che non gli fecero, almeno apparentemente, né caldo né freddo. Il rapporto con Trump finì del resto molto presto, perché decise di dimettersi dal Forum il primo giugno 2017, neanche cinque mesi dopo il giuramento del nuovo presidente degli Stati Uniti. Il motivo? Il “dissenso profondo” con The Donald sulle questioni del ‘ambiamento climatico a causa dell’abbandono deciso dalla Casa Bianca degli accordi di Parigi. In quella occasione ridiventò in pochi giorni il beniamino democratico, diventando una sorta di nuovo ‘guru’ interpellato di continuo su argomenti che nulla avevano a che fare con i film di successo della Disney o con le giostre e i pupazzi dei parchi-divertimento più famosi del mondo. Quasi una nuova star della politica, tanto che qualcuno ha iniziato a considerarlo un ‘credibile’ candidato alle elezioni per la Casa Bianca nel 2020. Lui lascia dire, anche se al momento non sembra pensarci proprio. Del resto dopo una vita passata come elettore (e soprattutto finanziatore) del partito democratico, l’anno scorso ha deciso di cambiare la sua affiliazione politica diventando ‘indipendente’ (negli Stati Uniti per votare devi essere registrato come democratico, come repubblicano o come indipendente). E lasciandosi così ogni porta aperta. A meno di clamorose sorprese, per i prossimi due anni e mezzo resterà concentrato sulla Disney e sul suo futuro manageriale. L’accordo con la Fox ridisegna il mondo della tv e dello ‘streaming’ e apre una fase completamente nuova nel mercato americano e internazionale. La casa madre di Topolino avrà lo studio cinematografico Twentieth Century Fox, la società di distribuzione Fox Searchlight Pictures e Fox 2000. A questi gruppi (associati a film di successo come ‘Avatar’, ‘The Martian’ e molti altri) vanno aggiunte le divisioni televisive Twentieth Century Fox Television, FX Productions e Fox21 che hanno portato su piccolo schermo la celebre serie sulle spie russe attive negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda (“The Americans”), la sit-com ‘Modern Family’ e il celeberrimo cartone dei ‘Simpsons’. Inoltre, i personaggi della Marvel, comprata da Disney nel 2009 per 4 miliardi di dollari, avranno una casa unica visto che negli anni ‘90 Fox siglò un accordo di licenza che diede il controllo di franchise come “X-Men” e “I Fantastici Quattro”. Disney avrà inoltre anche il controllo di FX Networks, National Geographic Partners, Fox Sports Regional Networks (che vanno ad aiutare una ESPN oggi in difficoltà), Fox Networks Group International, Star India e le partecipazioni di Fox nel servizio di video in streaming Hulu, nella britannica Sky, nell’indiana Tata Sky e nel colosso olandese della produzione televisiva Endemol Shine Group. Iger si è detto “onorato e grato che Rupert Murdoch ci abbia affidato il futuro di attività per il cui sviluppo ha dedicato una vita”. Non sembra affatto preoccupato dall’ipotesi che S&P abbassi di un gradino il rating della Disney (oggi è A+) e ripete quasi come un mantra le frasi sulla “opportunità straordinaria”, sulle possibilità di “crescita significativa” del portafoglio di contenuti, sull’allargamento “internazionale” del gruppo e soprattutto sulle “nuove offerte che faranno felici i nostri consumatori”. Una strategia che ha avuto inizio dieci anni fa, subito dopo che venne nominato Ceo: in un decennio la Disney ha speso 15 miliardi di dollari per comprare Pixar, Marvel e Lucasfilm. Iger (e i suoi più stretti collaboratori) adesso possono contendere seriamente a Netflix e ad Amazon – lanciando quella che si annuncia come una grande offensiva sul fronte dell’intrattenimento digitale – il primato dello streaming, lanciando offerte nell’intrattenimento digitale. Per l’amministratore delegato di Disney è una bella soddisfazione, cui va aggiunto (non certo ultimo per importanza) un bell’incremento per le sue finanze personali. Con l’accordo di giovedì scorso Bob Iger ha ricevuto infatti 100 milioni di dollari in titoli azionari (932.996 azioni a prezzo limitato, alcune delle quali legati alla performance), il suo stipendio base aumenterà del 20 per cento (3 milioni l’anno) a partire dal primo gennaio e avrà un ulteriore ‘bonus’ di 500mila dollari quando l’accordo verrà ratificato definitivamente (entro 12-18 mesi). La ‘target compensation’ (indennizzi vari) aumenterà del 62 per cento per un totale di 48,5 milioni di dollari, inclusi un bonus annuale di 20 milioni di dollari e altri 25 milioni di ‘stock grants’. Con un contratto prolungato di altri due anni e mezzo (scadrà nel 2021) l’amministratore delegato di Disney può dunque dormire sonni molto tranquilli.