Il Messaggero, 18 dicembre 2017
Dietro l’operazione la regia di Ella la nipote che media con la politica
ROMA L’artefice dell’Operazione Rientro (s’intende, delle salme dei nonni paterni), Ella di Savoia, si chiama, in realtà, Maria Gabriella Giuseppe Aldegonda Adelaide Margherita Ludovica Felicita Gennara, ed è nata a Napoli 77 anni fa, terza figlia di Umberto II e Maria José del Belgio. Nelle decisioni di seppellire i due avi a Vicoforte, e nelle trattative con lo Stato italiano (in particolare, con la Presidenza della Repubblica), si ignora se, come appare probabile, sia stata fiancheggiata dall’altra sorella Maria Pia, la primogenita, che vive a Parigi, ed ha sposato in seconde nozze Michele, principe di Borbone-Parma.
Ella è tre volte nonna: i nipotini sono i figli di Elisabeth, nata da Robert de Balkany, il re dei centri commerciali che è morto due anni fa e che, nell’ultimo periodo della vita, aveva acquistato il piano nobile di Palazzo Sacchetti, in via Giulia, edificato da Giuliano da Sangallo come propria abitazione, ed affrescato da Francesco Salviati, Jacopino del Conte e Pietro da Cortona. La vendita mise a soqquadro la nobiltà romana: il marchese Giulio Sacchetti, per oltre 30 anni, è stato al vertice dell’Amministrazione del Vaticano, di cui, unico laico, era il foriere maggiore.
L’INIZIATIVA
Maria Gabriella è stata per anni la più vicina a sua madre: Maria José viveva nei confini della sua villa a Ginevra; e ne ha sicuramente ereditato l’estro artistico. Se l’ultima regina suonava il pianoforte (suoi docenti, il violinista Eugène Ysaye e Bronislav Huberman), Ella ha appreso da Oskar Kokoschka, che chiamava Oka, l’arte di dipingere ad acquerello, e si è concessa anche alcune esposizioni. Ma, soprattutto, nel 1896 ha creato una Fondazione, intitolata ai suoi genitori, e centro di ricerche storiche sui Savoia.
Tra le ultime iniziative, nel 2015, per l’ostensione della Sindone a Torino, la mostra di parte delle 11 mila stampe antiche riguardanti la reliquia, raccolte dal padre, la cui porzione maggiore è andata però distrutta nel bombardamento di Montecassino, dove era stata ricoverata dal castello di Racconigi.
Ella ha ricercato in ogni dove dei reperti di famiglia, e custodisce con cura quelli ricevuti in eredità; ha riacquistato all’asta anche quanto alcuni tra i fratelli avevano venduto. «Altri, spontaneamente, mi hanno perfino inviato dei cimeli, e io sono loro assai grata». Per accrescere la Fondazione, ha ceduto anche parte del suo patrimonio; oggi possiede libri rari, quadri, oltre 12mila stampe, e tantissime fotografie. Ha esposto a Torino, alla Venaria Reale, abiti e manti di corte; altrove, i gioielli della mamma e degli avi, da cui ha tratto anche un libro.
IL RUOLO
Insomma, è l’intellettuale di famiglia. Ma anche la più politica tra i suoi rappresentanti: da qui l’iniziativa del ritorno degli avi, non condivisa dal fratello Vittorio Emanuele, che ancora sperava in una sepoltura al Pantheon. Ma quando l’idea è stata soltanto ventilata, aveva creato tali ostacoli, da sembrare davvero insormontabile: lo Stato italiano rifiuta quella tomba, di un re con molte e gravi responsabilità storiche, in un sito tanto prestigioso.
I rapporti tra loro non sono mai stati dei migliori: quando viveva ancora la terza sorella, Maria Beatrice, tutte si erano dimesse dall’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, di cui Viktor è il Gran Maestro. A fianco ad Ella è invece sempre stato il cugino, Amedeo d’Aosta. Di Vittorio, lei politicamente dice solo: «Abbiamo preso due strade diverse, e sono inconciliabili». Adesso, ancora di più.