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 2017  dicembre 18 Lunedì calendario

Il problema degli ogm

Anatre, faraone, tacchini, polli, ovini, bovini e maiali. Tortellini, formaggi, latte, uova. Il pranzo di Natale è servito, con gli Ogm nel piatto. Panettoni compresi. Formaggi morbidi, duri, grattugiati, prosciutti di grande marca, come i salmoni, le anguille e i capitoni cresciuti negli allevamenti. La nostra normativa è ambigua: vieta la coltivazione degli organismi geneticamente modificati, non la loro importazione, né la commercializzazione. Se produco un biscotto che contiene soia Ogm devo dichiararlo nell’etichetta, ma se vendo uno zampone di maiale nutrito per mesi esclusivamente con mangimi Ogm non sono tenuto a dirlo. Sono allergico – dichiara di esserlo il 40% degli italiani – al lattosio e bevo latte di soia? La soia venduta in Italia è per il 90% Ogm. Ogni cittadino europeo consuma ogni giorno indirettamente 186 grammi di soia Ogm ed ogni giorno l’Italia ne importa diecimila tonnellate.
 
Dopo oltre venti anni dal loro ingresso nel mercato – nel 1994 viene prodotto negli Usa il primo pomodoro transgenico, oggi circa il 10% dei terreni nel mondo sono coltivati a piante Ogm – la discussione rimane rovente: rischiosi o innocui? Il loro consumo diminuisce l’impiego dei pesticidi e tutela meglio la nostra salute o affama gli agricoltori legandoli alle poche multinazionali che li producono? Minaccia la biodiversità o aiuta a sfamare la crescente popolazione mondiale? E i cittadini sono informati in modo corretto?
Contrari e favorevoli
La posizione di Slow Food è netta: «La biodiversità è a rischio: le varietà transgeniche occupano grandi superfici e fanno parte di sistemi di monocoltura intensiva che distruggono altre colture e ecosistemi. Le colture Gm snaturano il ruolo degli agricoltori: i produttori hanno sempre migliorato e selezionato da soli le proprie sementi. Le sementi Gm, invece, sono proprietà di multinazionali alle quali l’agricoltore deve rivolgersi a ogni nuova stagione, perché gli Ogm di seconda generazione non danno buoni risultati». Ed è condivisa dalla Coldiretti: «Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo problemi di sicurezza ambientale, ma perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy», dichiara il presidente Roberto Moncalvo.
Chi ha seminato mais Ogm alla luce del sole, esponendosi a denunce, multe e affrontando i tribunali in Italia e in Europa, è stato Giorgio Fidenato, agronomo e proprietario di una piccola azienda ad Arba, in provincia di Pordenone: «Voglio ottenere mais senza usare insetticidi: con gli Ogm si può, perché gli insetti non attaccano quelle piante». Perché l’Italia prosegue nel divieto di semina? «Di fronte all’avanzare inarrestabile delle biotecnologie l’Italia pensa che sia meglio continuare a diffondere nel mondo l’immagine falsa di un paese da mulino bianco». Falsa? «Per fare il Prosecco o per coltivare le mele ci vogliono 15 trattamenti antiparassitari all’anno. E non venite a dirmi che il rame metallico usato nell’agricoltura biologica non è tossico».
In questi anni la principale minaccia alle nostre coltivazioni è la Piralide, un lepidottero che attacca mais, sorgo, altre colture, tra cui il peperone soprattuto nella pianura padana: la Piralide si innesta nei fusti e nelle pannocchie, gli amidi fermentano, producono microtossine ritenute cancerogene, per combatterle l’impiego di pesticidi, tra cui il glifosato, è molto aumentato. Lo IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), in una pubblicazione del marzo 2015, ha stabilito che «l’erbicida Glifosato e gli insetticidi Malathion e Diazinon sono probabilmente cancerogeni per gli esseri umani» (il testo originale inglese dice: «Herbicide glyphosate and the insecticides Malathion and Diazinon were classified as probably carcinogenic to humans»). Altri due insetticidi altrettanto usati come il Tetrachlorvinphos e il Parathion sono stati ritenuti «possibly carcinogenic».«Altro che agricoltura biologica e prodotti indenni da trattamenti», conclude Fidenato.
Sentenze schizofreniche
Incertezza anche nell’altalena delle sentenze: a settembre 2017 la Corte di Giustiza Europea dichiara ingiustificato il divieto di coltivazione del mais MON 810, prodotto dalla Monsanto, previsto dal decreto del governo italiano del luglio 2013. La motivazione parla di «assenza di una manifesta condizione di grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente, suffragata da valutazioni scientifiche il più possibile complete». A ottobre la nostra Corte di Cassazione recepisce la sentenza dei giudici di Lussemburgo, ma nel frattempo molti Stati, tra cui l’Italia, avevano vietato la semina di Ogm anche se autorizzata dall’Unione europea. L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) nella recente Guida per la determinazione del rischio relativo alla presenza a basso livello di piante geneticamente modificate (20 novembre 2017) non prende posizione esplicita, né a favore né contro, ma dichiara che il suo compito è avvisare «di ogni possibile rischio che l’uso degli OGM può portare alla salute degli uomini e degli animali, e all’ambiente».
«Il tema degli Ogm è quello di maggior scontro tra gli Stati e i cittadini europei. Uno scontro così sordo alle ragioni dell’altro che l’Unione Europea con la Direttiva 412 del 2015 ha restituito agli Stati il diritto di vietarne la coltivazione di Ogm. Ma se 19 Stati vietano la coltivazione, nessuno vieta l’importazione». Roberto Defez, ricercatore presso l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Cnr di Napoli, mette in luce le contraddizioni della legislazione sugli Ogm
 
 
La normativa italiana dice no alla coltivazione, sì alla importazione e alla commercializzazione. Nient’altro che un paradosso?
«Un paradosso della logica e del rispetto dei consumatori. In Europa si potrebbe coltivare una singola pianta Ogm, un mais detto Bt perché vi è stato aggiunto un gene dal batterio Bacillus thuringiensis che lo protegge da alcuni parassiti. Autorizzato alla coltivazione nel 1998, il brevetto è scaduto nel 2015 e quindi tutti potremmo produrre quei semi senza pagare royalties. Invece l’Europa e l’Italia importano 68 diversi tipi di Ogm, autorizzati per il consumo umano».
Dove sta il business?
«Nell’importazione di derrate – soia, mais, cotone e olio di colza – che possono venire solo dall’estero. Alimenti derivati da animali nutriti con Ogm non devono essere etichettati come derivati da Ogm. Quindi, anche coloro che non vogliono Ogm li consumano indirettamente tramite latte, formaggi, yogurt, salumi, carni e prosciutti. Tutti i consumatori sono così beffati».
Esclude che la nostra salute risenta del consumo di prodotti Ogm?
«Quale alimento può dirsi sicuro? Sei anni fa dei germogli di soia biologica causarono in Germania 300 intossicati gravi tra cui 53 morti: vogliamo affermare per questo che l’agricoltura biologica in toto è rischiosa? Nessuna attività umana è a rischio zero, ma non esiste al mondo una singola persona ospedalizzata per il consumo di un qualunque derivato di pianta Ogm».
Lei sostiene che le coltivazioni Ogm sono meno dannose di quelle tradizionali. Su quali basi?
«Piante Ogm come il mais o il cotone Bt riducono l’uso di insetticidi ed i rischi per l’ambiente, i vertebrati e l’uomo. Tutto il mondo usa cotone per asciugare le ferite. Il 70% del cotone mondiale è cotone Ogm e nessuno ha mai avuto intossicazioni o reazioni allergiche. Attenzione alla caccia alla streghe».
Gli Ogm confliggono con la biodiversità. Come replica a questa affermazione?
«La biodiversità si perde illudendosi di lasciar fare al caso. Insetti, funghi e parassiti sono molto efficaci nel mangiare la nostra biodiversità. Ad esempio sta scomparendo il riso Carnaroli aggredito da un fungo. Ma il Carnaroli è una varietà nata nel 1945. Bastano pochi anni per perdere biodiversità se non la aiutiamo rinforzando le nostre piante. I parassiti evolvono più velocemente dei sistemi di difesa e con la ricerca scientifica vietata come è in Italia da 16 anni possiamo solo assistere inermi alla scomparsa continua di biodiversità che invece i ricercatori pubblici, non le aziende private, potrebbero salvare.
Concentrati nelle mani di poche multinazionali, i semi Ogm accentuano la dipendenza degli agricoltori. Questo è un dato innegabile.
«Il 99% del mais piantato in Italia proviene già da multinazionali straniere. Il 95% è prodotto da tre aziende: 55% Dupont, 20% a testa Monsanto e Syngenta. L’Italia non ha aziende sementiere né grandi né medie: se si continua così saremo i braccianti di scelte pensate all’estero e di proprietà estera. Solo l’innovazione può consentire di produrre semi che tutelino la biodiversità nazionale e combattano le malattie che abbiamo qui».
Quale il punto di sintesi possibile tra biotecnologia e “naturalezza” delle coltivazioni?
«Il solo modo di ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura è il miglioramento genetico sia delle piante che del microbioma del suolo, ossia i microrganismi promotori della crescita vegetale. Le piante Ogm sono le piante più “bio” in circolazione e solo una frantumazione delle barriere ideologiche potrà aiutarci a progettare un’agricoltura del futuro a basso impatto ed elevate produzioni di ottima qualità. Separate, le due agricolture perdono entrambe. Bisogna essere bio-ragionevoli». [S. CAP.]