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 2017  dicembre 18 Lunedì calendario

La fine di mamma Ebe. Truffava i sofferenti, ora è sola e ammalata

Ha fatto leva tutta la vita sulla disperazione di chi era malato, ora la stessa sorte è toccata a lei. Mamma Ebe, al secolo Gigliola Giorgini, 85 anni, ribattezzata la “santona di Carpineta’” finita nei guai più volte con la legge e condannata per truffa e esercizio abusivo di professione medica, dopo anni passati a dispensare improbabili cure per patologie vere, è stata sottoposta di recente ad un complesso intervento chirurgico allo stomaco e all’intestino ed è appena rientrata nella sua abitazione a Sant’Ermete a Santarcangelo di Romagna, nel Riminese, dove sta scontando la sua pena agli arresti domiciliari. «Sta molto male ci spiega il marito Gabriele Casotto fuori dal portone di casa -, non posso farla entrare. Non sta proprio bene, tanto che dovrà tornare in ospedale per essere ancora operata. Ha dei brutti polipi che tendono a riformarsi...». Tentenna un attimo, poi gira i tacchi e sparisce dietro al portone d’ingresso. 
PROMESSE VANE 
Nella frazione di Santarcangelo tutti sanno che la santona vive ai domiciliari in via Casale Sant’Ermete. Oltre ai suoi fedelissimi, ovviamente. La casa costeggia un fiume, ha un grande giardino davanti all’ingresso che si affaccia sulla strada, mentre nella parte retrostante, immersa nel silenzio della campagna, ci sono cantine e garage ostruiti da pezzi di vita ammucchiati alla rinfusa. Vasi, mobili, ferro vecchio e altro materiale abbandonato. 
In questa casa indipendente fino a pochi mesi fa mamma Ebe ha comunque continuato nonostante le limitazioni alla sua libertà ad aprire la porta a chi le chiedeva aiuto e guarigioni. L’ultimo caso in ordine di tempo, finito con una denuncia, risale al luglio 2017. Il reato contestato è sempre lo stesso: l’anziana santona è stata accusata di nuovo di aver esercitato abusivamente la professione medica. La paziente è una giovane donna forlivese impiegata in uno studio legale riminese che, costretta dal marito, si è sottoposta ad applicazioni sul proprio ventre di una pomata definita miracolosa perché in grado di renderla più fertile. In realtà le aveva procurato una perdurante irritazione cutanea e lesioni al basso ventre. La donna, 37enne, italiana, aveva interrotto le terapie mediche tradizionali finalizzate a risolvere il problema legato alla chiusura di una tuba. L’uomo, professionista italiano di 35 anni, le riteneva inutili e dannose e minacciava la moglie di lasciarla se non si fosse sottoposta alle cure della veggente della quale era un fedele sostenitore. 
GLI ADEPTI 
La donna ha raccontato agli inquirenti che tutto era iniziato alla fine del 2014, quando mamma Ebe, che voleva farsi chiamare Gigliola, era stata scarcerata e dunque, secondo il marito, poteva curarla e risolvere la loro volontà di diventare finalmente genitori. Il marito aveva poi convinto la moglie che la santona era stata incompresa dalla giustizia italiana e dall’opinione pubblica e che solo alla sua morte si sarebbero riconosciuti i suoi miracoli. Non solo: secondo la donna che l’ha denunciata, mamma Ebe continuava nella sua residenza a Sant’Ermete di Sant’Arcangelo ad accogliere adepti che la ricompensavano con offerte in denaro o con lavori di manutenzione nella sua villetta. Le assidue frequentazioni dedicate alla guaritrice e santona, testimoniano la leva che ha sempre esercitato, tanto che per trent’anni è riuscita ad avere un seguito di fedelissimi che non l’hanno mai lasciata. Infatti, nonostante l’età e i problemi di salute, nonostante i processi e le condanne, la nota guaritrice ha continuato fino a poco tempo fa a richiamare adepti. 
La storia Mamma Ebe è diventata conosciutissima negli anni Ottanta, quando furono aperte inchieste in varie parti d’Italia, su questa misteriosa donna che si era fatta, appunto, la fama di santona e guaritrice. La sua vita ispirò anche il regista Carlo Lizzani che nel 1985 girò il film omonimo con Stefania Sandrelli e Barbara de Rossi, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel film di Lizzani, Mamma Ebe era interpretata da Berta D. Dominguez. La donna, fondatrice dell’ordine della Pia unione di Gesù Misericordioso mai riconosciuto dalla Chiesa, fu arrestata per la prima volta nel 1984 per associazione a delinquere, sequestro, estorsione ai danni di anziani e circonvenzione di incapaci. Il processo si concluse con una condanna a dieci anni. Negli anni d’oro della sua attività, era a capo di un vero e proprio impero finanziario. Aveva quindici sedi, quattro ville, alcune società, auto di lusso, un panfilo e una collezione di trentatré pellicce, oltre a gioielli con cui amava agghindarsi. 
5 MILIONI AL GIORNO 
Era venerata e temuta dai seguaci che per lei avevano lasciato tutto, prendendo i voti se pur sposati per aderire al suo ordine, regalandole i loro beni per avere in cambio la guarigione da qualsiasi male, pronti a sottoporsi a tutto. L’attività di santona e guaritrice le faceva guadagnare fino a cinque milioni di vecchie lire al giorno, somministrando ai pazienti e fedeli mix di erbe e psicofarmaci. 
Mamma Ebe dal 1980 è stata dunque posta a più riprese sotto accusa: i suoi reati andavano dall’estorsione a poveri anziani malati con la promessa di una guarigione, alla persuasiva suggestione psicologica dei seguaci, spesso donne. 
Molte le inchieste aperte a suo nome, con indagini allargate anche all’ordine religioso da lei stessa fondato. Negli anni Ottanta operava nella zona di San Baronto, poi Borgo d’Ale in provincia di Vercelli e quindi Roma e Carpineta, nel Cesenate. Nella casa gestita dalla organizzazione (in Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna) si sarebbero consumati gravi abusi fisici e psichici, sotto forma di trattamenti medici e riti religiosi sui malati, ai quali sarebbe stato estorto denaro in cambio della promessa di guarigione. Denunciata la prima volta per sequestro del genitore di una ragazza che era entrata nel suo ordine, viene processata e condannata nel 1984, a Vercelli, per fatti avvenuti in una casa di riposo. A processo con lei sono andati, tra gli altri, l’ex marito della donna, un parroco, un frate francescano e molti dei collaboratori nella gestione delle case. La condanna in primo gradoadieciannieduemesiè stata poi ridotta a sei anni in appello e resa definitiva dalla Cassazione nell’86. Ma non si ferma. Viene arrestata di nuovo nel 2002 a Cesena e poi nel 2004. Condannata in primo grado a 7 anni dal tribunale di Forlì. Infine, il 16 marzo 2016, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza definitiva alla pena quasi dimezzata a sei anni di reclusione. 
GLI APPUNTAMENTI 
Nonostante i guai giudiziari durati decenni, di fatto la sua attività non si è mai bloccata, perché mamma Ebe ha continuato a ricevere persone su appuntamento. E in tanti hanno continuato a venerarla e ad andare in processione da lei. Oggi il suo nome resta ancora stampato sull’ultimo fascicolo d’indagine aperto alla procura di Forlì pochi mesi fa e che potrebbe finire con l’ennesima richiesta di rinvio a giudizio. 
Intanto in questi giorni nella villetta di Santarcangelo, circondata dal silenzio della vicina campagna, sembra essere finito il via vai delle persone che fino a poco tempo fa arrivavano qui in cerca di guarigioni. Le visite alla santona ora sono limitate ai suoi stretti fedelissimi. Quelli che oggi chiedono per lei riti, veggenze, improbabili guarigioni e miracoli.