Affari&Finanza, 18 dicembre 2017
Juve, Roma,Udinese, Sassuolo la guerra all’ultimo stadio dove il calcio si gioca il futuro
Dalla Febbre da cavallo al calcio, Tor di Valle ha già cambiato faccia. La Roma conta nel giro di pochi anni di diventare il sesto club di Serie A ad avere il “suo” stadio, dopo Juventus, Udinese, Sassuolo, Cagliari e Atalanta. I lavori possono partire nell’estate 2018, appena il Campidoglio avrà ratificato la variante al piano regolatore, ottenuto il via libera della conferenza dei servizi della Regione. Un impianto da 55mila posti, sui terreni che furono ippodromo: caduti i vincoli, anche quello sulla tribunetta progettata da La Fuente, di cui resterà uno spicchio come ricordo. Ma il progetto non è solo sportivo. <p>Francesco Saverio Intorcia Matteo Pinci Segue dalla prima N onostante la sforbiciata alle cubature imposta dall’amministrazione Raggi, intorno allo stadio la società costituita dal presidente americano della Roma, James Pallotta, e dal costruttore romano Luca Parnasi – la Stadio Tdv spa, che resterà proprietaria: la Roma pagherà un canone per giocare – prevede la costruzione di immobili per uffici, ristorazione, intrattenimento e spazi per startup innovative e tecnologiche. Due le spine in questo processo. Lo stadio non potrà aprire prima del completamento delle opere di urbanizzazione, e qui resta vivo il tema di un nuovo ponte – il ponte di Traiano – indispensabile, secondo la Regione, per garantire l’affluenza del pubblico, ma attualmente non previsto dal progetto. Il ministro Lotti ha promesso che lo Stato metterà a disposizione i fondi, Pallotta nega: «Non saranno usati soldi pubblici per costruire alcun ponte».
L’altra questione è il finanziamento di 800 milioni di euro per realizzare l’intero progetto: chi li garantisce? La proprietà sta discutendo un’articolata operazione finanziaria con Goldman Sachs, il resto sarà coperto da azionisti, come la catena di alberghi Starwood e la società d’intrattenimento Aeg. In attesa di cedere i naming rights a Etihad. Business? Quasi sempre La corsa allo stadio attraversa tutto il Vecchio Continente. Dal 2008 al 2012 in Europa sono stati presentati 23 progetti di impianti nuovi, ristrutturati o ammodernati. Nel quadriennio successivo, sono diventati 58. Complessivamente, 167 negli ultimi dieci anni. Tra i paesi più attivi, Turchia (18 progetti), Germania (16), Russia e Polonia (14), Inghilterra (12). Ma è sempre un affare? L’equazione nuovo stadio uguale maggiori ricavi non è automatica. Il modello dello Juventus Stadium, oggi Allianz, nato sulle ceneri del Delle Alpi, è virtuoso. La percentuale di riempimento è altissima: il 93% in questa stagione (il resto della A supera di poco il 50). Nell’ultimo anno all’Olimpico di Torino, i ricavi da stadio erano 11,6 milioni. Nel primo allo Stadium, sono balzati a 31,8. Nell’ultimo bilancio i ricavi da gare ammontano a 57,6 milioni. Qui il rimpianto, per la dirigenza bianconera, è di non aver pensato a un impianto superiore. Quello attuale, 41.500 posti, è costato 155 milioni: troppo piccolo per ospitare la finale di Champions, non quella di Europa League (del 2014). Da quest’anno ha il marchio, Allianz: i diritti erano già stati venduti dalla Juventus a Lagardère Sports per 75 milioni. Poi c’è il beneficio sportivo: nel 2011 la Juventus, reduce da due settimi posti, ha aperto un ciclo di sei scudetti di fila che ha ulteriormente ingrassato i conti. Il traino del nuovo impianto lo hanno registrato tutti i top club d’Europa. Cambiando casa, il City ha subito raddoppiato i ricavi da stadio (da 12,5 a 25,8 milioni), come l’Arsenal, e lo United ha incrementato un valore già elevato (da 103 a 137 milioni di euro). Ma parliamo, appunto, di squadre d’élite, dove l’aspetto strutturale si combina a strategie commerciali e risultati sportivi. La Dacia Arena Altrove, lo stadio non ha generato la stessa ricchezza. A Udine, la Dacia Arena è stata realizzata in tre anni (dal 2013 al 2016) grazie alla concessione per 99 anni del diritto di superficie del vecchio Friuli. Con 30 milioni da ammortizzare entro il 2022, i Pozzo, proprietari del club, hanno realizzato un impianto moderno con aree commerciali, bowling, cinema, palestre e piscine, conservato il caratteristico arco ellittico del progetto originario. Il business plan prevede una crescita in questo periodo dei ricavi da stadio del 110%: da 200 a 420 mila euro all’anno. Per poi stabilizzarsi intorno a questa cifra. Insomma, l’effetto volano non durerebbe più di 6 anni. L’entusiasmo che l’anno scorso ha riportato gli spettatori a 17.900 si è affievolito per i risultati recenti, con una perdita finora di 1200 presenze: il design interno con sediolini di colori tutti diversi con effetto videogame in tv nasconde gli spazi vuoti. Il Mapei Stadium La prima squadra italiana a farsi lo stadio fu la Reggiana, che inaugurò il Giglio nel ’95: dieci anni dopo, è fallita. La Mapei, titolare del Sassuolo, l’ha acquistato all’asta nel 2013 per 3,75 milioni e ne ha investiti 8. Trasformare l’impianto in una macchina da soldi, però, non è automatico per un club di provincia che pratica agevolazioni virtuose per le famiglie ma gioca fuori città: gli spettatori erano 14mila nel 2013/04, oggi sono 11mila. La Mapei Stadium srl chiude in pareggio da anni, il nuovo impianto ha ospitato la finale Champions femminile del 2016, ma non produce effetti rilevanti sui conti del Sassuolo: i ricavi da stadio sono 2,88 milioni nell’ultimo esercizio. E sul fatturato da 96,3 milioni la sponsorizzazione dell’azienda del patron incide per 21 milioni. L’Atalanta ha appena comprato lo stadio Atleti azzurri d’Italia per 8,6 milioni, al lordo dei 2,2 milioni spesi per restyling nel 2015. La ristrutturazione partirà a fine stagione, le due curve saranno abbattute e coperte, la capienza portata a 24mila posti (oggi sono 21mi-la), i lavori si concluderanno nel 2020, finanziati dal Credito Sportivo e da Ubi Banca. Il Cagliari di nuovi stadi ne ha due. Il primo, Sardegna Arena, di fianco al vecchio Sant’Elia, è un impianto provvisorio, costato circa 8 milioni e inaugurato quest’anno. Fin qui, oltre 14mila presenze, l’86% della capienza: solo Inter e Juve hanno dati migliori. Poi diventerà il parcheggio del nuovo stadio che sorgerà sulle ceneri del Sant’Elia. Si è appena chiusa la prima selezione dei progetti: fra 25 candidature il club ha individuato tre gruppi di progettazione (J+S con One Works, Sportium e Tractebel) che entro febbraio presenteranno un concept. In Serie B, il Frosinone ha inaugurato lo stadio Benito Stirpe da 16mila posti (riempito al 52% finora): 20 milioni spesi, 8 finanziati dal Credito sportivo in 15 anni e 4 sostenuti dal Comune, che resta proprietario. Il club conta di incrementare i ricavi del 20% in tre anni. Intanto, per completare il Village – palestre, fastfood, centro medico e negozi – ha dovuto ricorrere al crowdfunding lanciando minibond, con l’obiettivo di raccogliere tra 1 e 1,5 milioni. Per questo ha utilizza la piattaforma Tifosy, di proprietà dell’ex calciatore Gianluca Vialli e di Fausto Zanetton.