Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri sera il sito del Corriere della Sera (corriere.it) pubblicava la seguente informazione: «Ipo con il botto per Facebook, il social network che ha debuttato venerdì al Nasdaq a 42,55 dollari ad azione: si tratta di una delle più grandi Ipo del settore tecnologico e una delle maggiori della storia americana. Il collocamento era stato fissato a 38 dollari, ma le prime contrattazioni hanno alzato il valore del 12%. Poi il prezzo si è sgonfiato tornando al prezzo di collocamento. A suonare la campanella di avvio del Nasdaq, il listino di cui fa parte il social network, è stato l’amministratore delegato Mark Zuckerberg…» eccetera eccetera.
• Ho capito questo: c’entrano Facebook e la Borsa americana. Cioè: Facebook ha un valore di Borsa. Mi domando: prima non ce l’aveva? Altre domande: cos’è “Ipo”? Cos’è Nasdaq? Lei si diverte con queste complicazioni…
Mica tutte le aziende che operano sul mercato sono quotate in Borsa. Anzi, quelle quotate in Borsa sono una piccola minoranza rispetto alle aziende esistenti. Facebook, fino a ieri, non era quotata in Borsa. E ieri l’hanno quotata. Non ha poi capito troppo male. “Ipo” significa: “Initial Public Offering” cioè “Offerta Pubblica Iniziale”. In pratica: il primo prezzo. Nasdaq è un altro acronimo (si chiamano “acronimi” le sigle, cioè le parole formate con le lettere iniziali di una sequenza verbale): “National Association of Securities Dealers Automated Quotation”. È il mercato dei prodotti tecnologici, una Borsa sempre più importante nella finanza mondiale.
• Sa però che cosa non capisco ancora fino in fondo? L’espressione “quotare in Borsa”. Perché prima no e adesso sì?
Mettiamo che lei sia il proprietario di un’azienda. La possiede tutta, cioè il cento per cento del capitale. Un giorno ha bisogno di soldi, per qualche ragione. Ha due strade: va in banca e chiede un prestito, dando in garanzia le azioni dell’azienda (tutte o una parte). Dovrà poi restituire il denaro, ci sono i tassi d’interesse e una serie di altri fastidi. Altra strada: vende una quota di quest’azienda a un privato oppure in Borsa. Se vende in Borsa, «si quota». La Borsa, come lei sa, è formata da un popolo di sconosciuti che passa il suo tempo a comprare e a vendere pezzi di aziende (le azioni). Come si fa a farsi ascoltare da costoro? Bisogna affidarsi a una banca o a più banche, le quali, facendosi compensare a carissimo prezzo, le garantiranno che se nessuno si presenterà a comprare, compreranno loro. Questo si chiama “collocamento”. Le banche che si occupano del collocamento stabiliranno anche – attraverso analisi dei cosiddetti fondamentali ma anche con una serie di contrattazioni organizzate alla vigilia del debutto – il prezzo di vendita iniziale. Il famoso Ipo.
• E tutto questo è accaduto adesso per Facebook?
Esattamente. E la cosa ci interessa non solo perché Facebook è il social network più importante che ci sia – 900 milioni di utenti in tutto il mondo, di cui 22 in italia e 125 miliardi di amicizie – non solo perché il suo inventore e padrone, Mark Zuckerberg, ha compiuto 28 anni lunedì scorso, ma soprattutto perché questo collocamento rischia di essere il più importante o uno dei più importanti della storia. E anche per un’altra ragione: il primo prezzo di Facebook è stato fissato in 38 dollari, il che dà a tutta l’azienda un valore di circa 100 miliardi. Questo prezzo è giustificato? Warren Buffet, per esempio, il grande investitore americano, pensa di no: «Non comprerò titoli Facebook, ma non dico che non è una buona società, stanno facendo grandi cose. Sono agnostico: come nel caso di Google, trovo difficile stimare il valore di ciò che viene venduto. È un business straordinario ma è difficile valutarlo. Non è la Coca-Cola». Molti investitori dicono: dove sarà Facebook tra dieci anni? Zuckerberg sarà capace di governare un colosso simile? I 28 anni sono nello stesso tempo un elemento critico e un valore.
• Ieri sono partiti a 38 dollari, ma, se ho capito bene come funziona la Borsa, poi il valore del titolo ha oscillato.
Sì, come in tutte le cose americane si sta attentissimi ai record. Il più grande collocamento tecnologico della storia è quello di Visa che alla fine della prima giornata di contrattazione valeva 19,6 miliardi. Il più grande di tutti i tempi è quello di Agricultural Bank of China, 22,1 miliardi (si conta qui non las capitalizzazione finale, ma il valore della singola azione). Per poter battere questi numeri, Facebook deve toccare i 41 dollari, numero intorno al quale ha oscillato per tutta la giornata di ieri, finendo infine a (qui metti il prezzo finale e di’ se ha fatto il record o no).
• Sempre se capisco bene: la cosa veramente importante non è però il prezzo che ha segnato ieri, ma quello intorno a cui si attesterà nei prossimi giorni. O no?
Proprio così. Ci sono parecchi punti critici nella faccenda. Per valere 100 miliardi, Facebook fattura troppo poco (3,7 miliardi di dollari) e soprattutto guadagna troppo poco (668 milioni, l’anno scorso). Fatturato e ricavi, inoltre, risultano in questo momento in calo. Difficoltà temporanee? Segni di crisi durature? Se sapessi rispondere con sicurezza a queste domande, amico mio, sarei molto, molto ricco.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 19 maggio 2012]