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 2012  maggio 19 Sabato calendario

"I ragazzini non si toccano quell’orrore non è cosa nostra" – BRINDISI - Don Tonino, chi ha messo quella bomba davanti alla scuola? «La Sacra Corona Unita non si muove così, perché lo sa che lo Stato poi la distrugge

"I ragazzini non si toccano quell’orrore non è cosa nostra" – BRINDISI - Don Tonino, chi ha messo quella bomba davanti alla scuola? «La Sacra Corona Unita non si muove così, perché lo sa che lo Stato poi la distrugge. Guardate che fine ha fatto Cosa Nostra siciliana vent’anni fa con Falcone: è stata annientata. No, non è stata la Sacra Corona Unita». Don Tonino, Tonino Screti, il "cassiere" della mafia pugliese, si confessa sulla strage delle ragazze. È mezzogiorno passato in mezzo alla magnifica campagna pugliese e a venti chilometri da Brindisi, in fondo a una stradina assolata che taglia gli uliveti di Cellino San Marco, è giorno di festa. Un banchetto in onore dell’ultimogenito di Al Bano Carrisi - un bambino di nove anni che di nome fa anche lui Albano e oggi è di prima comunione - i familiari stretti e pochissimi amici sulle panche della chiesetta di Santa Chiara e poi tutti intorno alla tavola imbandita. Fra gli invitati c’è pure don Tonino, padrino della Sacra Corona "in pensione" dopo sei anni di carcere per associazione mafiosa. Un personaggio di peso, da queste parti. «Non c’è deliquente pugliese che possa ammazzare un ragazzino, semmai uno se la prende con il padre», dice Screti appena fuori dalla tenuta del famoso cantante, un cancello e una statua di Padre Pio che dividono la proprietà privata dalla masseria Curtipetrizzi, una costruzione del XVI secolo trasformata da Al Bano in un villaggio residence con un dedalo di viuzze che sbucano in slarghi che si chiamano Piazza del Sole o Piazza della Felicità, fra gli zampilli delle fontane in mostra orsi polari di pietra, colonne doriche, finti trulli e cameriere che servono ai ristoranti vestite da antiche contadine del Salento. E proprio dietro Piazza del Sole, all’appartamento numero 101 abita ufficialmente Tonino Screti («Ho un regolare contratto») che per una mezz’ora lascia i festeggiamenti per il figlio di Al Bano e tutela la categoria di ferocissimi mafiosi che «però non piazzano bombe per uccidere innocenti». Don Tonino era il braccio economico di Salvatore Buccarella detto "Totò Balla", uno dei più potenti capibastone della Sacra Corona Unita. Sembra uscito da un film, è in divisa da boss. Fasciato in un gessato nero, cravatta rosa, occhiali fumè. Se ne accorge anche lui. Quasi si giustifica: «Io preferisco i jeans, ma è mia moglie che mi costringe...». S’infila lentamente una sigaretta in bocca e si lascia sfuggire un «noi delinquenti non ci comportiamo in quella maniera...». Un’altra sigaretta, passa un ragazzo che lo saluta e fa un mezzo inchino: «Don Tonino...». Lui sussurra: «I bambini non si toccano». Se non l’hanno messa quelli della Sacra Corona Unita, chi l’ha fatto allora l’attentato davanti alla scuola? «Ho sentito tutti i telegiornali e penso che sia uno squilibrato, nessuno a Mesagne poteva organizzare una cosa di questo tipo, uccidere la propria gente. E poi non c’entra niente il nome della scuola, Morvillo-Falcone, la storia della carovana di Libera che doveva passare...». Prende fiato e offre la sua verità: «La Sacra Corona Unita non esiste più. Circolano solo personaggi di piccolo calibro, fra qualche giorno mi hanno detto che faranno un’altra retata e non circoleranno più nemmeno loro». Ma non è che i mafiosi non ammazzano, l’hanno sempre fatto, anche qui, anche a Brindisi e anche a Mesagne. «Per tanti anni qui c’è stato il contrabbando, Brindisi era la capitale del contrabbando, ma quando un giorno i contrabbandieri hanno ucciso due finanzieri, in pochi mesi il contrabbando è finito all’improvviso. Non ci si può mettere contro lo Stato. Con lo Stato si perde sempre. I delinquenti che mettono bombe non sono furbi». Dice di essere amico di Al Bano da una vita («Da quando eravamo ragazzi, lui fa 69 anni proprio oggi, il 20 maggio, e io li farò a giugno»), dice che ha «chiuso tutti i conti con la giustizia», dice «che c’è un tempo per tutto e che questo è il tempo di cambiare vita e basta». Poi sale in cattedra e snocciola un po’ di nomi. Quelli del procuratore antimafia di Lecce Cataldo Motta e del procuratore nazionale Pietro Grasso. «Persone intelligenti, l’hanno detto subito che la Sacra Corona non era coinvolta con la bomba». Quello di Totò Riina. «Ignorante, poveraccio...sì lo so che sua figlia da due mesi abita in un paese qui vicino ma non la conosco». Quelli di Nichi Vendola e di don Luigi Ciotti. «Comunisti, comunisti, mi hanno tolto tutto come una volta facevano quelli di Mosca con i dissidenti che li mandavano nei gulag in Siberia. Mi hanno confiscato una villa e tutte le terre. Producevo 6.500 quintali di uva ogni anno, vitigni di barbera, sangiovese, primitivo. E adesso, lì, c’è solo il deserto». Il deserto c’era prima. Tonino Screti produceva vino da taglio. Poi il terreno è andato in malora con l’amministrazione giudiziaria. Da quando i suoi 30 ettari li hanno affidati alla cooperativa di Libera «Terre di Puglia» in quelle vigne si fa - premio vinto nel 2011 - «il miglior vino rosato biologico d’Italia». Uno è alla memoria di Hiso Teleray, un ragazzo albanese ucciso nel 1999 dai "caporali" delle campagne. Un altro si chiama "Anto’". Dedicato ad Antonio Montinaro, il caposcorta del giudice Falcone.