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 2012  maggio 19 Sabato calendario

LA NOVITÀ 2013: IL CIUFFO GRIGIO DI MONTEZEMOLO

La politica italiana aspetta il ciuffo di Luca Cordero di Montezemolo da ben undici anni. Mai discesa in campo, berlusconiamente parlando, è stata più lenta, centellinata, meditata. Era il 2001 e il Cavaliere offrì la Farnesina a Montezemolo per farsi accettare dai poteri forti e dalla Fiat. Gianni Agnelli disse sì ma spedì al governo un altro uomo, Renato Ruggiero. Nel frattempo il ciuffo del presidente della Ferrari si è ingrigito e si è ritrovato in compagnia del ciuf ciuf di Italo, la creatura Ntv simbolo di un eventuale conflitto d’interessi di Montezemolo.
IL PARADOSSO della sua presunta novità politica è riassunto dai quotidiani di ieri. Titolo: “Svolta Montezemolo, convention a luglio”. Poi, nelle pagine successive: “Tutto il potere in mano ai sessantenni, in Italia i dirigenti più vecchi d’Europa”. Montezemolo avrà infatti 65 anni quando la sua associazione Italia futura, acronimo If su sfondo rosso, cioè “se” in inglese, si presenterà alle elezioni politiche del 2013. Questa appare ormai come una certezza. Come si legge nel programma di Cantiere Italia 2013, scritto da Carlo Calenda, Andrea Romano e Nicola Rossi: “In vista delle elezioni del 2013 è già ora indispensabile aprire un cantiere per la costruzione di un fronte liberale e democratico intorno a pochi e chiari obiettivi”. Quali poi saranno gli alleati questo è un mistero glorioso. I centristi del Pdl, ma anche i falchi, sperano in lui come candidato-premier vincente al posto di Angelino Alfano, delfino perdente. Insomma, il sogno di un nuovo Berlusconi. Allo stesso tempo c’è la coppia Passera-Casini che si cimenta sulle macerie del Terzo Polo defunto. Impossibile decifrare il futuro di Italia Futura. E se alla fine si dovesse davvero arrivare al rassemblement dei moderati, ossia la confederazione desiderata dal Cavaliere, chi farebbe il predestinato per Palazzo Chigi: Montezemolo, Passera o Casini?
Romano e il senatore Rossi sono due ex dalemiani di rango e il primo è anche direttore di If. La nuova rivoluzione liberale è per il momento una targhetta di ottone su un citofono al civico 32 di via Properzio a Roma, quartiere Prati. Al primo piano lavorano Romano e il suo staff. Una decina di persone, in prevalenza giovani, che si occupano del sito, del programma e anche dei candidati. Quelli che chiameremmo militanti sono circa 3 mila in tutta Italia mentre gli associati arrivano a 40 mila. Il pericolo dei riciclati, anche quelli a rischio, cioè con guai giudiziari, viene affrontato con lunghi colloqui di due ore. La struttura costa 250 mila euro all’anno e non riceve soldi pubblici. Piccoli e grandi finanziatori privati, tra cui Diego Della Valle, inseparabile amico di Montezemolo. Il think tank sforna documenti su documenti, spesso dei pensosi paper, su tutte le questioni che compongono un programma elettorale: lavoro, fisco, mobilità sociale, cultura, giustizia, economia, infrastrutture, costi della politica, sanità, pubblica amministrazione. Il prossimo lavoro è previsto per metà giugno: uno studio sull’impatto della digitalizzazione sul lavoro artigianale. L’idea forte è sulle tasse. Una patrimoniale vera. Dice Romano: “Dobbiamo spostare il carico fiscale dal lavoro alle rendite”. Alla sede di If, il leader passa ogni tanto. A Roma il suo ufficio è altrove e poi è impegnato a Maranello dal martedì al giovedì.
Il ruolo più strategico, in questa fase, è affidato a Simone Perillo, già in Confindustria e alla Fota (Formula One Teams Association) con incarichi direttivi. Perillo è il responsabile dello sviluppo territoriale. In pratica si occupa dell’apertura delle sedi. Si potrebbe paragonare al Marcello Dell’Utri che con Publitalia fornì la base a Forza Italia, ma Romano s’incazza sulle analogie con il Novanta-quattro del Cavaliere: “Noi non facciamo circoli, apriamo sedi regionali. L’imitazione del berlusconismo è smentita dai fatti: siamo qui da tre anni, quando eravamo ancora una delle poche voci critiche sul governo di centrodestra e Tre-monti veniva considerato un filosofo al pari di Hegel. E Montezemolo sia nel 2008 sia nel 2010 ha rifiutato di fare il ministro”. La scrivania di Romano è di colore blu. I quotidiani sono due, entrambi ripiegati e non italiani: l’Herald Tribune e il Financial Times. Alla parete un cimelio di valore che comincia così: “Dear Andrea”, una lettera con l’intestazione del mitico 10 di Downing Street e la firma di Tony Blair. Altri tempi quando la sinistra inseguiva il blairismo e Romano ne era uno dei più raffinati esegeti nello staff di D’Alema. Oggi Bersani ha riscoperto l’hollandismo neosocialdemocratico e questo non piace a If, che a Berlusconi invece rinfaccia di non aver fatto la rivoluzione liberale.
IL CANTIERE di Montezemolo avrà la sua celebrazione mediatica con una convention in programma il 13 e il 14 luglio. Date storicamente indicate per fare rivoluzioni. Il nodo però resta quello degli accordi. Romano non si smuove: “Non possiamo impedire a quelli del Pdl di parlare di Montezemolo ma noi non abbiamo contatti con nessuno. Ogni tanto mi chiama un giornalista e mi annuncia: ‘So per certo che avete l’accordo con Berlusconi’. Ma non c’è nulla, non facciamo tatticismo. Preferiamo la politica al politicismo”. Forse Romano vuole solo aumentare l’attesa per la convention, forse no. Fatto sta che If diventa sempre più trasversale e si è radicata in undici regioni. Senza contare il manipolo di ex scajoliani in Parlamento e la rete di rapporti con i poteri forti. Il treno della politica per Montezemolo sta passando un’altra volta e stavolta è deciso a salirci. La notizia, dopo undici anni, è questa.