Fabrizio D’Esposito, il Fatto Quotidiano 19/5/2012, 19 maggio 2012
FRANCHINO DA VITERBO PORTAVOCE DI TAJANI TRA LE VACCHE I FAGIOLI
La sagra del fagiolo, la sagra della pastorizia, la sagra della bruschetta e la festa dell’aglio rosso. Francesco Battistoni è un infaticabile sostenitore dei prodotti locali del suo territorio, la Tuscia. Proceno è il paesino da dove è cominciata la sua ascesa nel Pdl, fino all’ultimo, sanguinoso duello con Franco Fiorito. La villa dei Battistoni è a due piani, costruita come una casa di montagna. Le ante di colore marrone sono chiuse, il capogruppo regionale del Pdl viene solo in vacanza o nei fine settimana. Proceno guarda la Toscana e confina con l’Umbria, un saliscendi di curve strette tra gli alberi a 40 chilometri da Orvieto. È un borgo medievale un tempo sotto la potenza di Siena. Lo testimonia, nell’unica piazza che c’è, il maestoso Palazzo Sforza, proprio di fronte al ben più modesto municipio e fatto restaurare con i fondi regionali del piano di sviluppo rurale 2000-2006 del Lazio. Qui Battistoni è stato sindaco per sei anni, a partire dal 2004, e a Palazzo Sforza organizzava convegni su convegni con il suo nume tutelare nel Pdl, l’attuale commissario europeo Antonio Tajani. I due se li ricordano bene in paese. L’onorevole, cioè Tajani, e “Francesco”, il suo sindaco-portaborse.
IN PIAZZA ci sono cinque anziani, seduti su sedie rosse da giardino. “Francesco vuole arrivare dove gli altri non arrivano, vuole fare il deputato”. Ambizioso, curiale, democristiano nel metodo. L’esatto contrario, fisiognomicamente, del suo competitor “Er Batman”, grande grosso e nostalgico del Duce. Francone e Franchino, hanno scritto. La loro guerra è la resurrezione politica della poltrona di capogruppo. Riecheggia in termini più cruenti quel memorabile dialogo telefonico di trent’anni fa tra due democristiani napoletani ma di correnti diverse, Paolo Cirino Pomicino e Aldo Boffa: “Ma ‘o capogruppo chi so piglia?”. “Ma il capogruppo chi se lo prende?”. Battistoni ha scippato l’ambita poltrona a Fiorito nel luglio scorso. Con lui nove consiglieri regionali del Pdl, tra cui Carlo De Romanis, nipote dell’onnipresente Tajani. Franchino era stufo di fare il presidente della commissione Agricoltura e ha guidato il blitz contro Francone, uomo di Alemanno. Il viterbese Michele Bonatesta, ex senatore di An, ha scritto una lettera aperta a Battistoni: “Ecco cosa succede caro Francesco quando ti metti contro gli uomini di Alemanno”. Uno, appunto, è Fiorito. L’altro è Giancarlo Gabbianelli, cui l’ex portaborse di Tajani soffiò nella Tuscia il posto di consigliere regionale alle elezioni del 2010. Quasi diecimila preferenze, sparse tra Bolsena, Acquapendente, San Martino del Cimino, Soriano. E con il pateracchio combinato da Alfredo Milioni, che portò all’esclusione della lista Pdl della circoscrizione di Roma, per i berlusconiani di provincia si aprirono praterie sconfinate di potere quando Renata Polverini vinse. Finalmente protagonisti.
IN REALTÀ, nello scandalo dei soldi a consiglieri e gruppi politici del Lazio, una torta da venti milioni di euro, il primo a muoversi è stato Battistoni. Un parlamentare del Pdl, a microfoni spenti, dice: “Il mandante è Tajani”. Poi è arrivato, per vendetta, il faldone di Fiorito con le spese di Franchino. Ben 260mila e 628 euro, che un giornale online del viterbese ha così ripartito: il 52 per cento in pubblicità (anche a cronisti amici), il 22 in ristorazione, il 16 in carburanti, il 9 in computer, appena l’uno in rimborsi. Il ristorante più gettonato è il Pepenero con vista sul lago di Bolsena: cene da 800, 4.200, 6.000, 5.000, 4.000, 3.600 euro. Fiorito allude anche a viaggi di Battistoni con un’amante. Lui, sposato e con tre figli, ha smentito. La faida del partito laziale dell’amore ha profonde radici viterbesi. Stavolta è stato Battistoni ad alzare il coperchio, ma mesi fa è stato lui a finire vittima di un altro dossieraggio. Al centro c’è un triangolo: Angela Birindelli da Bolsena, assessore regionale all’Agricoltura; Giulio Marini, sindaco dimissionario di Viterbo; lo stesso Battistoni, ovviamente. Il triangolo si rompe un mese dopo l’insediamento della giunta Polverini. Battistoni, gaudente assessore all’Agricoltura, deve subito cedere la poltrona. Largo alle quote rosa. Subentra la Birindelli, descritta allora come vicina, molto vicina all’assessore da sostituire. Ma Franchino è incazzato nero. La sua ambizione non riesce a digerire il colpo. Inizia un’altra guerra. Il triangolo si rompe. Battistoni contro Marini e Birindelli. L’acme alcuni mesi fa. La Birindelli viene accusata di estorsione dalla Procura di Viterbo: 18mila euro di provenienza pubblica per finanziare un giornale anti-Battistoni, l’Opinione di Viterbo. Gli amici di Franchino, De Romanis in testa, gli esprimono solidarietà per il “dossieraggio” della Birindelli. Non solo. Un giornalista dell’Opinione avrebbe “offerto” alla Polverini alcune intercettazioni telefoniche su Battistoni. Voci su tangenti nella sanità di Viterbo.
A Proceno, 500 abitanti perlopiù anziani, quasi nessuno ha voglia di parlare dell’affaire Battistoni. Solo il signor Giocondo, 86 anni, si sbilancia: “Quando la madre di Francesco mungeva le mucche, mia figlia le teneva il figlio. Nella famiglia comandava don Alfio, segretario del vescovo”.