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 2011  giugno 05 Domenica calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Giorgio Napolitano
Il Presidente del Senato è Renato Schifani
Il Presidente della Camera è Gianfranco Fini
Il Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi
Il Ministro degli Interni è Roberto Maroni
Il Ministro degli Esteri è Franco Frattini
Il Ministro della Giustizia è Angelino Alfano
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Mariastella Gelmini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Maurizio Sacconi
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Giulio Tremonti
Il Ministro della Difesa è Ignazio La Russa
Il Ministro dello Sviluppo economico è Claudio Scajola
Il Ministro delle Politiche agricole è Francesco Saverio Romano
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Altero Matteoli
Il Ministro della Salute è Ferruccio Fazio
Il Ministro di Beni e Attività culturali è Giancarlo Galan
Il Ministro dell’ Ambiente è Stefania Prestigiacomo
Il Ministro dell’ Attuazione programma di governo è Gianfranco Rotondi (senza portafoglio)
Il Ministro della Gioventù è Giorgia Meloni (senza portafoglio)
Il Ministro delle Pari opportunità è Mara Carfagna (senza portafoglio)
Il Ministro di Pubblica amministrazione e Innovazione è Renato Brunetta (senza portafoglio)
Il Ministro dei Rapporti con il Parlamento è Elio Vito (senza portafoglio)
Il Ministro di Rapporti con le Regioni e Coesione territoriale è Raffaele Fitto (senza portafoglio)
Il Ministro delle Riforme per il federalismo è Umberto Bossi (senza portafoglio)
Il Ministro della Semplificazione normativa è Roberto Calderoli (senza portafoglio)
Il Ministro di Sussidiarietà e decentramento è Aldo Brancher (senza portafoglio)
Il Ministro del Turismo è Michela Vittoria Brambilla (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Mario Draghi
Il Presidente della Fiat è John Elkann
L’ Amministratore delegato della Fiat è Sergio Marchionne
Il Segretario Nazionale dei Popolari per il Sud è Clemente Mastella

Nel mondo

Il Papa è Benedetto XVI
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Ben Bernanke
Il Presidente della BCE è Jean-Claude Trichet
Il Presidente della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Hu Jintao
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è Nicolas Sarkozy
Il Primo Ministro della Repubblica francese è François Fillon
Il Re di Spagna è Juan Carlos I
Il Presidente del Governo di Spagna è José Luis Rodríguez Zapatero
Il Comandante Supremo delle Forze Armate dell’ Egitto è Mohammed Hoseyn Tantawi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Abdullah Gül
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pratibha Patil
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Manmohan Singh
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Mahmud Ahmadinejad

Marchionne ha detto che il quartier generale della Fiat resterà a Torino e non si trasferirà a Detroit. «Non è cambiato niente, il problema non è sulla mia scrivania». Altra affermazione carica di signficati: «Non posso accettare che l’appartenenza a Confindustria indebolisca la Fiat. Capisco le ragioni storiche, ma la Fiat viene prima di tutto». Come è noto, l’altro giorno Marchionne ha ricevuto, nello stabilimento Toledo, in Ohio, la visita di Obama. Era la terza volta che il presidente incontrava l’amministratore delegato della Fiat.

Che cosa significa l’affermazione che la testa di Fiat resterà a Torino?
Semplicemente che è presto per affrontare il problema. Probabilmente Marchionne non vuole neanche fastidi in Italia. Fastidi politici e sindacali. Ieri ha anche detto che per le stesse cose in America lo si elogia, in Italia lo si insulta.

E l’altra frase sulla Confindustria?

Questa è davvero importante. Marchionne con l’accordo-diktat di Pomigliano, ribadito poi a Mirafiori e a Grugliasco, ha imposto al sindacato italiano condizioni simili a quelle che ha dovuto subire il sindacato americano. Punto chiave: se il contratto nazionale di lavoro non mi sta bene, preferisco uscire da Confindustria e concordare un contratto mio. Per Confindustria una decisione simile, apparsa concreta all’inizio della vertenza su Pomigliano, sarebbe una mazzata tremenda. Marchionne la ribadisce adesso e infatti da Confindustria arriva immediatamente una risposta, per bocca del vice presidente Alberto Bombassei. «Le scelte di Confindustria sono ispirate all’unico criterio di creare le migliori condizioni perchè le aziende possano essere competitive oggi, nell’attuale contesto globale. Per questo nel 2009 abbiamo firmato il Protocollo sui livelli contrattuali al costo di una non facile rottura con la Cgil. Per questo diciamo da tempo che laddove, come nel caso della Fiat, vi sia un contratto aziendale che ha il consenso della maggioranza dei lavoratori, tale contratto deve essere considerato valido per tutti e deve poter sostituire il contratto nazionale di lavoro». Sono affermazioni molto importanti. Confermano che il sistema delle relazioni industriali, come si è andato definendo negli ultimi quarant’anni, è destinato ad essere rovesciato. «Condividiamo pienamente la richiesta di Fiat di avere un sistema in cui i contratti stipulati con una maggioranza dei lavoratori siano pienamente vincolanti per tutte le organizzazioni presenti in azienda. Come noto, siamo anzi pronti a definire un accordo in questo senso con le organizzazioni sindacali che possa essere poi recepito dal legislatore». Finalino per tenersi Marchionne: «Alla luce di queste considerazioni, riteniamo che l’appartenenza a Confindustria non indebolisca Fiat, anzi la rafforzi». Se veramente il legislatore – cioè il governo – varerà una legge con la quale si ammetterà che il contratto aziendale può sostituire integralmente quello nazionale e che le minoranze sindacali in azienda non potranno opporvisi sarà per il nostro paese una vera rivoluzione.

È vero che le vendite di auto sono ripartite?

Sì, dopo un anno di numeri disgraziati, a maggio 2011il mercato complessivo in Italia è cresciuto, rispetto al maggio 2010, del 3,58%. Quello Fiat del 4,58, con un aumento della quota di mercato dal 29,8 al 31,1. Naturalmente, se paragonate ai successi delle case tedesche in Germania o delle case francesi in Francia (60/70 per cento del mercato interno), la quota Fiat appare bassa. Ma questo è un dato storico. E poi, la Fiat a questo punto è ancora una casa italiana? Perché i successi americani sono strabilianti.

In poche parole?

A parte la visita trionfale di Obama allo stabilimento Jeep di Toledo, Fiat ha concordato con la Casa Bianca il prezzo dell’opzione call per prendersi un altro 6% di Chrysler: poco più di mezzo miliardo di dollari per rilevare 98.461 azioni e andare al 52 per cento del capitale. Entro la fine dell’anno, il Lingotto potrebbe poi salire al 57 per cento se produrrà una vettura capace di percorrere 16 chilometri con un litro. Sta trattando col governo canadese l’acquisto dell’1,7% della quota in suo possesso ed è possibile che contratti con il sindacato Usa un pezzo del 40% in mano ai lavoratori. Questo mentre le vendite della Chrysler sono salite del 10%, superando quelle di Toyota e Hyundai. «La strada è ancora lunga, ma Chrysler ha compiuto enormi progressi» ha detto il segretario al Tesoro Timothy Geithner.

E Obama?
«Non potrei essere più orgoglioso per quello che avete fatto», ha detto. Due anni fa l’industria dell’auto americana era destinata a scomparire. Obama sembra davvero essere riuscito a salvarla

[Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5 giugno 2011]
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