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 2011  giugno 05 Domenica calendario

L’ERUZIONE DEL VESUVIO RACCONTATA DA MALAPARTE

Nella sua risposta alla lettera della signora Virginia Galimberti il 26 maggio, lei riporta la testimonianza letteraria dello scrittore Norman Lewis, che descrisse l’eruzione del Vesuvio nel 1944. Lei non ricorda la meravigliosa storia di Curzio Malaparte nel capitolo nono di «La pelle» , dove ci dice che la nuvola nera dal vulcano andava a Castellamare di Stabia e aerei americani l’avevano mitragliato per realizzare la caduta delle pietre calde in mare.
Mario Augusto Donati
Balcarce (Argentina)
Caro Donati, nel marzo del 1944 Malaparte era a Napoli, forse nella sua villa di Capri, e fu quindi testimone dell’eruzione. Ma il capitolo nono de «La pelle» (il secondo volume, dopo «Kaputt» , di una trilogia dedicata alla «peste» in Europa) è una ricostruzione fantastica dell’avvenimento. L’autore dice di avere assistito all’eruzione dalla vetta del Monte di Dio insieme a un amico americano. Descrive «l’immensa nube nera, simile al sacco della seppia» che «si trascinava lentamente nel cielo verso Castellammare di Stabia» , e le barche che solcavano freneticamente il golfo «per portare soccorso agli sventurati abitanti dei paesi marini stretti dalla furia del fuoco» . Racconta di avere visto, nonostante la grande distanza, «quasi ravvicinati e ingranditi da una forte lente, uomini, donne, animali, fuggire nei vigneti, nei campi, nei boschi» ; e descrive i loro gesti, i loro atteggiamenti, persino «gli irti capelli, le arruffate barbe, gli occhi fissi, le bocche spalancate. Pareva perfino di udire il roco sibilo che erompeva dai petti» .
Più tardi, mentre scende con l’amico verso piazza Reale, Malaparte racconta di avere visto «gente d’aspetto miserabile e feroce, quali vestiti di stracci, quali nudi» che correva «portando ceri e torce alla Madonne e ai Santi dei tabernacoli, o inginocchiata sul lastrico invocava ad alta voce l’aiuto della Vergine e di San Gennaro, battendosi il petto e lacerandosi il viso con selvagge lacrime» . Nella sua lettera lei ricorda, caro Donati, l’improbabile mitragliamento della nube da parte di alcuni aerei americani. Ma converrebbe aggiungere che, sempre secondo Malaparte, uno di quegli aerei, «simile a un falco d’argento, si gettò fulmineo contro la "seppia", la squarciò con i rostri e con uno schianto orrendo esplose dentro la nube» . E non bisogna dimenticare infine l’assalto a un bordello per opera di una folla di donne inferocite che ne escono «trascinando per i capelli ignude puttane e soldati negri sanguinanti e atterriti» .
Questa non è la cronaca dell’eruzione. È fantasia letteraria e non sempre delle migliori. Del resto Malaparte era noto per la sua straordinaria capacità di dare per vero ciò che era soltanto frutto della sua immaginazione. Nella sua bella biografia dello scrittore, recentemente apparsa a Parigi presso l’editore Grasset, Maurizio Serra scrive che Malaparte raccontò di avere passato la sera del 25 luglio 1943 a Berlino tra bionde e dolci fanciulle tedesche che si trasformarono in feroci valchirie della Wehrmacht non appena la radio trasmise la notizia dell’arresto di Mussolini. Qualche anno dopo, a un diplomatico che aveva trascorso la serata con lui e aveva ricordi alquanto diversi, Malaparte rispose: «Suvvia, confessa che è molto meglio come l’ho raccontata io» .
Sergio Romano