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 2011  giugno 05 Domenica calendario

Caro amico, in prigione si capisce meglio la realtà - Proponiamo in questa pagina una lettera inedita indirizzata da Oscar Wilde (1854-1900) all’amico Robert Ross in cui lo scrittore dà indicazioni sulla sua opera De Profundis

Caro amico, in prigione si capisce meglio la realtà - Proponiamo in questa pagina una lettera inedita indirizzata da Oscar Wilde (1854-1900) all’amico Robert Ross in cui lo scrittore dà indicazioni sulla sua opera De Profundis . La lettera, inviata dal carce­re di Reading e datata 1 aprile 1897, è com­presa nel volume L’arte, la vita e altre menzogne (Mattioli 1885, nelle librerie dal prossimo 13 giugno) che riunisce le Selected Prose of Oscar Wilde , cioè la rac­colta di brani scelti da Ross, il giornalista e critico che fu esecutore testamentario dell’eredità letteraria di Wilde. *** Mio caro Robbie, T i mando s e­paratamente un manoscrit­to che spero ti arrivi tranquil­lamente. Appena l o avrai let­to, voglio che tu lo copi per me. Ci sono molti motivi per cui vorrei che lo facessi, uno sarà sufficiente. Vorrei che tu fossi l’esecutore testamen­tario della mia eredità lette­raria i n caso d i mio decesso e che avessi il pieno controllo sulle opere teatrali, i libri e gli articoli. Appena saprò di avere il diritto di fare testa­mento, lo farò. Mia moglie non capisce la mia arte, né potevo aspettarmi che pro­vasse verso di essa un qual­che interesse e Cyril è solo un bambino. Quindi mi vie­ne naturale rivolgermi a te, come faccio per tutto, e vor­rei che tu custodissi tutti i miei lavori. Puoi imputare i costi della loro vendita a Cyril e Vivian. Ebbene, in quanto mio ese­cutore testamentario lettera­rio devi essere in possesso dell’unico documento che spieghi la mia incredibile condotta... Quando avrai let­to la lettera ti apparirà chia­ra la spiegazione psicologi­c a d i u n comportamento che da fuori sembra solo la com­binazione di idiozia assolu­ta e volgare spacconeria. Un giorno la verità dovrà essere conosciuta - non necessaria­mente mentre io sono anco­ra vivo... M a non sono pron­to ad adagiarmi sulla grotte­sca gogna nella quale mi han­no posto per sempre, per la semplice ragione che h o ere­ditato da mio padre e mia madre un nome di un certo prestigio nella letteratura e nelle arti e non posso lascia­re che questo nome sia diso­norato per l’eternità. Non voglio difendere la mia condotta, solo spiegar­la. Vi sono passaggi nella mia lettera che affrontano la mia evoluzione intellettuale in prigione e l’inevitabile evoluzione del mio caratte­re e della mia disposizione mentale rispetto alla vita che sono sopravvenute. E v o­glio che tu e chiunque altro stia ancora al mio fianco e m i voglia bene sappiate esat­tamente in che stato d’ani­m o e in quale maniera spero di affrontare il mondo. Cer­to, da una parte so bene che i l giorno del mio rilascio pas­serò semplicemente da una prigione all’altra, e ci sono momenti in cui il mondo in­tero non mi sembra più am­pio e meno terrificante della mia cella. Eppure credo an­cora che in principio Dio creò un mondo in ciascuno di noi e d è in quel mondo in­teriore che dobbiamo cerca­re di vivere. Ad ogni modo nel leggere quei passi della mia lettera proverai meno dolore che negli altri. Non h o certo bisogno d i ricordar­ti quanto il pensiero per me sia materia fluida - per tutti noi - e d i quale sostanza eva­nescente siano fatte le no­stre emozioni. Eppure vedo ancora una sorta d i possibile traguardo verso il quale, at­traverso l’arte, posso diriger­mi. E non è improbabile che tu possa aiutarmi. [...] I n realtà, Robbie, l a prigio­n e ti fa vedere le persone e le cose per ciò che realmente sono. È per questo che ti tra­sforma in pietra. È chi vive all’esterno che viene tratto in inganno dall’illusione di una vita in moto costante, e così ruota insieme alla vita contribuendo alla sua irreal­tà. Chi rimane immobile ve­de e sa. Che la lettera serva o meno a meschini e morali­sti, a me ha comunque fatto bene. Ho liberato il petto di quell’ingombro pericoloso che mi grava sul cuore , per parafrasare u n poeta che i o e t e abbiamo pensato d i salva­re dai filistei. Non ho biso­gno di ricordarti che la mera espressione è per un artista l’unico e supremo modo di vivere. È grazie al linguaggio che noi viviamo. Tra tutte le cose per l e quali devo ringra­ziare il Governatore, lassù, per nessuna gli sono più gra­to della concessione della ricchezza nella scrittura e della capacità di modularla secondo la lunghezza che de­sidero. Per quasi due anni ho portato dentro un peso crescente di amarezza del quale non mi sono ancora del tutto liberato. Fuori dal muro della cella vi sono dei poveri alberi neri insozzati di fuliggine che stanno esplodendo in gem­m e di u n verde quasi laceran­te. So bene che cosa stanno passando. Stanno trovando espressione. Per sempre tuo, Oscar