Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 05 Domenica calendario

Marclay, tutto il cinema minuto per minuto - La giuria della 54ª Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia gli ha assegnato il Leone d’oro per il miglior artista di ILLUMInazioni, la rassegna principale curata da Bice Curiger, e la cosa straordinaria tra le tante straordinarietà del cinquantaseienne svizzero-americano Christian Marclay, autore dello sbalorditivo The Clock , è che un premio analogo avrebbe potuto attribuirglielo benissimo anche la Biennale Cinema

Marclay, tutto il cinema minuto per minuto - La giuria della 54ª Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia gli ha assegnato il Leone d’oro per il miglior artista di ILLUMInazioni, la rassegna principale curata da Bice Curiger, e la cosa straordinaria tra le tante straordinarietà del cinquantaseienne svizzero-americano Christian Marclay, autore dello sbalorditivo The Clock , è che un premio analogo avrebbe potuto attribuirglielo benissimo anche la Biennale Cinema. Anzi, guardando The Clock - è un film, come avrete capito, anche se un film incredibilmente particolare, a cominciare dalla lunghezza: 24 ore senza un minuto di pausa, alla lettera - ci si domanda come mai Marco Müller se lo sia lasciato sfuggire, anche solo per proiettarlo fuori concorso, come fece con altri film d’artisti, Pepperminta di Pipilotti Rist, per esempio, o Drawing Restraint 9 di Matthew Barney. Con la differenza che The Clock sembra fatto apposta per i cinefili, per farli impazzire di entusiasmo. Per ventiquattr’ore e senza mai mollare la presa? Sì, esattamente. «L’idea m’è venuta qualche anno fa, nel 2005, ma direi che il germe si trova in un video, Telephones , che ho presentato proprio qui alla Biennale, nel 1997, mi pare - spiega Christian Marclay con la noncuranza sorridente di chi è abituato alle proprie idee bizzarre -. Pressoché in ogni film c’è una scena al telefono, ne ho scelto alcune e le ho montate, seguendo un certo ritmo, una certa scansione temporale e musicale. Mentre lavoravo a Telephones non ci pensavo, ma The Clock era già lì, sommerso». (Un frammento di Telephone lo trovate su YouTube, dove ci sono anche brani di The Clock). Anni dopo - Marclay sta lavorando a un altro video - eccolo che emerge: "Mi serviva un’immagine che recasse una qualche indicazione del tempo, dell’ora, e di colpo… no, non di colpo, niente avviene di colpo, ma insomma, all’improvviso, come una lampadina che si accende, mi viene l’idea: chissà se sarebbe possibile mettere insieme un film basato su frammenti di altri film dove ci sia un riferimento esplicito al tempo, un orologio, una frase, l’indicazione di un’ora di partenza o di arrivo, e questo sull’arco di un intero giorno, minuto per minuto, da un minuto dopo mezzanotte alla mezzanotte successiva. L’idea mi stuzzicava, e ho cominciato a lavorarci su…». Non credetela l’idea di un maniaco del grande schermo, un sorcio da cineteca. «Mi piace il cinema - concede Marclay -, ma non ne sono ossessionato». Quest’opera di sterminata cinefilia, di ricerca archivistica che uno s’immagina disperata e folle nella sua minuziosità paranoica (1440 frammenti di film da un minuto dove ogni successivo minuto è in qualche modo segnalato, da un’osservazione verbale, un segnale sonoro, uno strumento misuratore del tempo - prevalgono, come è logico, gli orologi), questo monumento all’indagine mirata è costato poco sforzo investigativo all’ autore, nessun impegno personale. «Sarebbe stato impossibile farlo da solo! No, ho avuto degli assistenti, giovani artisti pagati per fare la ricerca». E quanto c’è voluto, tra reperimento delle fonti e montaggio? «Tre anni. Montavo via via che mi arrivava il materiale». Per Christian Marclay The Clock è un’opera sull’interazione tra tempo reale e tempo «narrato» che qui sono coincidenti, perché la proiezione del film avviene in sincrono con il progredire delle ore del giorno, sicché lo spettatore che giunge, poniamo, alle 9 e 35 di mattina, vede sullo schermo una scena che si svolge alla stessa ora e via di seguito… «Pensi al tempo e sei nel tempo», ha scritto il romanziere e saggista inglese Geoff Dyer. Per Marclay, inoltre, The Clock è una prosecuzione logica delle sue performance musicali, dove suona spesso dischi formati da spicchi di dischi diversi incollati assieme. L’effetto? «Io cerco i suoni che gli altri non vogliono». Ma per tutti noi che siamo cresciuti andando al cinema, The Clock è soprattutto un film a suspense. La suspense che precede l’agnizione («Ma è Hollywood Party !, «Non posso crederci, anche 9 settimane e mezzo !, «E quell’Alain Delon lì? Delitto in pieno sole , non ti ricordi?» e via riconoscendo…) e la suspense vera e propria del thriller. Perché il tempo, nei film, è usato come minaccia e attesa, se un attore guarda l’orologio, sta per capitare qualcosa di importante, forse di fatale. E così, minuto dopo minuto, sempre in ansia, sempre catturati dall’imminente coup-dethéâtre, andiamo avanti per ore… Purtroppo alla Biennale chiudono alle sei di sera per riaprire alle dieci di mattina. Dal tramonto a ben dopo l’alba lo spettatore resta a bocca asciutta. Una vergogna e una mutilazione dell’opera. Marclay, soave, versa aceto sulla ferita: «Sì, è un vero peccato. La mezzanotte, mi creda, è la parte più emozionante».