Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Doppio corteo unitario di Cgil-Cisl-Uil, ieri mattina a Roma, una cosa che non si vedeva da una decina di anni. Gli organizzatori parlano di centomila persone accorse in piazza San Giovanni per ascoltare Camusso, Bonanni, Angeletti. La manifestazione, dopo l’accordo con Confindustria del 3 giugno scorso, sancisce definitivamente la ritrovata unità del sindacato.
• Hanno gridato soprattutto contro il governo.
Sì. La Camusso ha detto: «Non vanno bene i continui annunci che non si traducono in una scelta che dia il senso del cambiamento». Poi: il tempo è «scaduto», la fase degli annunci «finita», l’emergenza lavoro sta spingendo il Paese «di nuovo sull’orlo del baratro». Camusso: «La priorità deve essere una restituzione fiscale a lavoratori dipendenti e pensionati. Al Paese servono risposte rapide che lo aiutino a uscire dalla crisi». Bonnani, segretario della Cisl, se l’è presa con gli evasori: «Bisogna avere il coraggio di colpire duro, Letta deve essere chiaro su questo». La Camusso ha aggiunto di non aver provato troppa soddisfazione per la demolizione di Equitalia, «che era un punto di lotta all’evasione fiscale. Senza strumenti, la lotta all’evasione non si può fare». Angeletti se l’è presa con gli imprenditori che «si mettono la mano sul cuore e portano i soldi all’estero». Anche su questo punto, la Camusso ha detto la sua: «Chiediamo a Confindustria perché non alza la voce per dire che la Indesit deve eliminare il suo piano di ristrutturazione. La Indesit non è un’azienda in crisi, ma vuole utilizzare i profitti per fare investimenti in Polonia. Se i soldi ci sono gli investimenti si facciano qua». Altri argomenti: la cassa in dertoga, gli esodati, la sanità (Camusso: «no ad un aumento dei ticket dal 2014: ci sono persone che non possono più curarsi, mentre si finanzia la sanità privata»), la scuola («ci sono bambini poveri che non possono più andare a scuola, «è insopportabile colpire i più deboli»).
• Beh, qualcosa sul lavoro comunque è stato deciso.
Per Angeletti, il cosiddetto pacchetto Giovannini, peraltro non ancora noto nei dettagli, «non sembra gran cosa. Così non serve a niente. A staccare la spina al governo non saranno Berlusconi o il Pd, ma i cortei dei disoccupati». Bonanni: « Il Paese perisce perché c’è chi si perde in chiacchiere. Siamo qui per ricordare alla classe dirigente i doveri e non per contrapporre il Paese, gli uni contro gli altri, ma pr lavorare per il Paese reale. Il governo Letta faccia una proposta, basta con i bizantinismi. Metta questi obiettivi davanti e si raccordi con lavoratori e imprese. Serve una proposta coraggiosa, complessiva e nuova che ribalti. Basta cincischiare, perdere tempo. Letta abbia coraggio nel fare una cosa nuova».
• In che consiste questa cosa nuova che chiedono i sindacati?
Sostanzialmente nel taglio del cuneo fiscale, quella parte della busta paga che i lavoratori non vedono e che serve a finanziare la previdenza e il fisco. Il governo ha detto che su questo punto vuole intervenire, ma con calma. Il sindacato vorrebbe che il denaro liberato con questo taglio finisse nelle tasche dei lavoratori. Naturalmente è vero che se i lavoratori dipendenti avessero più soldi in tasca - e una minore sfiducia nel futuro - magari si rimetterebbero a comprare, e comprando stimolerebbero l’economia. Il sindacato, tuttavia, si conferma sensibilissimo alle esigenze di chi ha un posto fisso, e meno interessato a chi sta fuori dal sistema, o perché artigiano o perché precario. Il discorso sull’Indesit è illuminante.
• In che senso?
Indesit ha già delocalizzato la produzione dei frigoriferi in Polonia otto anni fa. Adesso sta trasferendo i piani di cottura sempre in Polonia e anche in Turchia. Il settore è tutto in crisi (nel 2002 tra piani cottura, lavastoviglie e lavatrici l’Italia produceva 30 milioni di pezzi, ora siamo a 15 milioni, il trend è sempre in discesa, gli addetti sel settore - 130 mila persone - sono secondi per numero solo all’auto). I dirigenti hanno spiegato che produrre in Polonia e Turchia un piano di cottura costa cento euro a pezzo in meno. Non so che cosa intenda la Camusso per "voce grossa" di Confindustria. Come potrebbe chicchessia (Confindustria, ma anche il governo) impedire a un padrone di andare a produrre dove gli conviene di più? Forse il sindacato dovrebbe produrre anche lui un pensiero nuovo rispetto a come è organizzato il mercato del lavoro in Italia. Non solo le aziende, appena possono, delocalizzano, ma non si vedono neanche stranieri che vengono a impiantare qui le loro manifatture.
• E tuttavia è importante che l’unità sia stata ritrovata.
I sindacati, Confindustria compresa, hanno corso un rischio gravissimo al tempo di Monti: quello di essere emarginati del tutto dalle decisioni. Ricorderà che Monti non voleva aprire tavoli con Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, ritenendo che il sindacato non avesse titolo per intervenire su tante materie. Questo governo ha recuperato invece la vecchia abitudione concertativa. Non solo: ci sono sindacalisti nell’esecutivo e un sindacalista guida il partito democratico.
• Ieri a piazza San Giovanni c’era?
Chi, Epifani? Sì, c’era. Ha detto: «Il Pd è al fianco di questa manifestazione unitaria dei lavoratori. C’è rispetto e condivisione dell’obiettivo di mettere il lavoro al primo punto. Una giornata importante e ho voluto esserci».
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