Marino Niola, la Repubblica 23/6/2013, 23 giugno 2013
CRONACHE SONNAMBULE
Amina esce dalla finestra, cammina dormendo su una trave sottile che si piega sotto il suo peso. E così, sospesa a mezz’aria come un’equilibrista felliniana in pieno stato sonnambolico, canta una delle più belle arie della storia della lirica. “Ah! Non credea mirarti”. È il rapinoso epilogo della Sonnambula di Vincenzo Bellini, andata in scena per la prima volta il 6 marzo del 1831 al Carcano di Milano. A fare la parte di Amina era la divina Giuditta Pasta. Da allora tutte le grandi voci del belcanto, da Maria Callas ad Anna Netrebko, si sono cimentate con questo ruolo che esplora le vette più vertiginose del pathos femminile. E fa di un fenomeno come il sonnambulismo un nuovo simbolo nazionalpopolare della condizione della donna nell’Italia ottocentesca. Alla soglia di quella grande trasformazione che nel giro di trent’anni porterà a una sola nazione. O meglio: uno Stato alla ricerca di una nazione. Un paese che prova a darsi una cultura unitaria e un immaginario comune. Più moderno. Ristilizzando quelle fabbriche del meraviglioso che erano le culture contadine. Per fare gli italiani su un modello borghese e urbano di stampo europeo.
A questa che è di fatto la prima mutazione antropologica della nostra storia è dedicato un bellissimo libro di Clara Gallini, La sonnambula meravigliosa. Magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano, uscito per la prima volta giusto trent’anni fa e adesso meritoriamente rieditato da L’Asino d’oro. L’autrice, allieva e assistente del grande Ernesto de Martino e poi sua erede principale, considera questa nuova edizione ancor più attuale della precedente. Perché negli anni Ottanta fenomeni come magnetismo e sonnambulismo, e in generale la dimensione del paranormale, non erano ancora mainstream come lo sono oggi. Daquandol’industriaculturalehareso quotidiano il fantastico. E grazie alla magia del digitale, ha fatto diventare naturale il soprannaturale.
Ma le sonnambule studiate da Clara Gallini non sono avatar. Sono donne in carne e ossa che emergono dalla storia e dalle cronache del tempo con la grazia sognante delle eroine del melodramma e la drammaticità straniata delle nuove figure del teatro borghese. Sono le mille “signorina Giulia ” e “madamigella Luisa”. Giovani contadine spiritate e pallide cittadine innamorate. Sono loro i soggetti ipnotici per eccellenza. Capaci di riconvertire credenze, superstizioni e fantasie arcaiche in nuovi placebo psicologici, in merce immateriale venduta da nuovi professionisti del counseling esoterico. Guaritrici, indovine, sensitive, medium che rispondono a una domanda crescente di rassicurazione, nata anche dai sogni e dagli incubi dei ceti affluenti.
Inizialmente il magnetismo approda in Italia come fatto elitario, divertissement da aristocratici o da alto-borghesi. Poi si diffonde a macchia d’olio fino a diventare un fenomeno interclassista. Che i media di allora trasformano in un vero e proprio format del nuovo immaginario nazionalpopolare. Alto e basso. Da un lato la carta stampata — giornali e gazzette — che fa di ipnotisti, magnetisti, mesmeristi delle autentiche star dell’industria culturale nascente. E al tempo stesso vende spazi pubblicitari a questi imprenditori dell’occulto, alimentando così un inedito business economico-editoriale. Dall’altro lato a trasformare in personaggi pubblici sonnambule, spiritisti e illusionisti è il teatro. Perché è sulle tavole dei palcoscenici che hanno luogo queste performance ai confini della realtà. Fanciulle che si esibiscono sulle scene di tutta Italia comandate dai gesti dell’ipnotizzatore e dalle parole del magnetizzatore. Come marionette legate da fili invisibili. Incantate dal loro pigmalione che le rende capaci di prestazioni dell’altro mondo. Realizzare l’irreale, vedere l’invisibile, guardare a occhi chiusi l’interno dei corpi, comunicare col pensiero, esplorare la dimensione del sogno. Come tante sibille laiche.
Così la scena italiana del magnetismo e dell’ipnotismo appare come un vero laboratorio politico, la nuova fabbrica di un soggetto secolarizzato. Il cui benessere e malessere non vengono più da Dio e dal diavolo, ma dalle facoltà sconosciute della mente e dalle profondità inesplorate del soma. Anche in questo caso il campo di battaglia della modernizzazione è il corpo femminile. Come era stato in precedenza quello della strega e della posseduta. E come sarebbe diventato, di lì a poco, quello della paziente isterica oggetto delle sperimentazioni cliniche di neuropsichiatri come Jean-Martin Charcot. Il primo a proporre l’ipnosi e il sonnambulismo terapeutici nelle sue lezioni all’ospedale parigino della Salpêtrière, frequentate anche dal giovanissimo Sigmund Freud. Così all’incrocio tra corpo scientifico e fantastico nasce un vero e proprio «teatro dei nervi» come lo ha definito l’anglista Alessandra Violi. Una recita la cui regia resta saldamente in mani maschili. Da sempre guardiani della soglia fra normale e patologico: l’inquisitore per la strega, il confessore-esorcista per la posseduta, il neuropsichiatra per l’isterica. E il magnetizzatore per la sonnambula.
Esaminando casi clinici, perizie psichiatriche, verbali di processi, Clara Gallini racconta l’irresistibile ascesa di questa coppia terapeutica che si trasforma in un duo teatrale. Il magnetismo finisce così per unire borghesia e popolo in una moderna cultura di massa. Quella che, nell’Ottocento come oggi, dà corpo ai fantasmi collettivi e al tempo stesso li esorcizza. Come fa Steven Soderbergh in Effetti collaterali, appena uscito nelle sale, dove non a caso ricompare una sonnambula. Che ha lo sguardo spiritato di una depressa Rooney Mara. Mogliettina perfetta e paranoica. Icona di un corpo spremuto dal capitalismo rampante e alienato dai suoi rimedi farmaceutici. Ancora una donna posseduta dagli spiriti animali del suo tempo. Così quella che fu sonnambula meravigliosa diventa anoressica morbosa.