Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I 10 saggi, quelli che il capo dello Stato aveva nominato il sabato di Pasqua, dopo il fallimento del tentativo di Bersani, hanno concluso il loro lavoro e consegnato al presidente Napolitano le due relazioni con cui si suggeriscono riforme istituzionali e interventi per rilanciare l’economia e il mercato del lavoro. Napolitano, commentando la notizia, ha detto: «Quello che trasmetto è, credo, un testimone concreto e significativo. Le due relazioni faranno parte delle mie consegne al nuovo presidente della Repubblica». Le rende particolarmente significative soprattutto il fatto che sono il frutto di una discussione portata avanti da politici e tecnici di aree diverse e qualche volta contrapposte. Non è dunque temerario sostenere che potrebbero effettivamente costituire il nucleo di un futuro programma di governo istituzionale, o comunque sostenuto dalle tre forze che dominano in Parlamento (i cinquestelle essendo per loro scelta destinati all’opposizione-controllo). Napolitano ha esaltato la concordia che ha caratterizzato il lavoro dei saggi: «Va riconosciuta la serietà del lavoro compiuto al di là delle riserve che hanno accompagnato lo stesso annuncio dell’istituzione dei due gruppi. Analoghi sforzi di buona volontà e intesa siano compiuti anche nei luoghi della politica e nelle assemblee parlamentari».
• In definitiva che propongono?
La fiducia sia data dalla sola Camera dei deputati, il Senato sia riservato alle rappresentanze regionali, per la legge elettorale sono possibili solo ipotesi finché non sarà chiara la struttura dello Stato, riduzione dei parlamentari (430 deputati, 120 senatori), riduzione degli emolumenti politici, ma no all’abolizione integrale del finanziamento dei partiti. Senza finanziamento – dicono i saggi - farebbero politica solo i ricchi. Abbassare le tasse delegando il prossimo governo a decretare sul fisco, rifinanziare la cig, risolvere la questione degli esodati, rivedere la legge sul lavoro della Fornero specie nella parte in cui si penalizzano i contratti a tempo determinato, dato che penalizzando i contratti a tempo determinato si scoraggiano le imprese ad assumere. Il patto di stabilità va rivisto, la Costituzione deve essere emendata attraverso una commissione mista formata da parlamentari e non parlamentari, per indire un referendum ci vogliono più firme, ma la Corte costituzionale deve ammetterli prima che la raccolta sia finita (per la pronuncia dei giudici basteranno, in questa ipotesi, centomila firme), il quorum per la validità della consultazione non sia più del 50% degli elettori più uno, ma del 50% degli elettori (più uno) dell’ultima elezione per la Camera. Sono andato a memoria, mi sono dimenticato qualcosa?
• Le intercettazioni.
Già: limiti alla loro divulgazione perché il diritto del cittadino ad essere informato non entri in conflitto con i diritti inviolabili della persona. Inoltre: le intercettazioni siano autorizzate per la ricerca delle prove e non per la ricerca dei reati. Resta il problema di che cosa debbano fare gli inquirenti quando, ascoltando, vengono a sapere che un reato è stato commesso.
• Lei sostiene che le intercettazioni non possono essere adoperate come prova.
Su questo, i saggi non si pronunciano. Ma dicono che nei giudizi in cui sono implicati i magistrati deve esserci un secondo grado affidato ad una corte ad hoc, composta per un terzo da giudici, per un terzo da componenti scelti dal Parlamento e per un altro terzo da persone nominate dal Quirinale. I magistrati, quando ne combinano qualcuna, se la cavano troppo spesso dalle sentenze del Csm. I saggi insistono anche sulle pene alternative per svuotare, o non continuare ad affollare, le carceri.
• Qualcosa di più sulla legge elettorale.
Il punto chiave è l’abolizione della fiducia al Senato, che è un surrogato dell’abolizione tout-court della camera alta. Non c’è riforma elettorale che garantisca a un governo di superare il voto di fiducia del Parlamento se le camere che lo giudicano sono due. I suggerimenti dei saggi sul sistema elettorale riguardano l’abolizione del voto delle circoscrizioni estere, un sistema misto proporzionale/maggioritario (però se si torna al Mattarellum consigliano di eliminare il complicatissimo meccanismo dello scorporo), sbarramento alto, ragionevole premio di governabilità. Se adottassimo un sistema presidenziale sarebbe meglio ricorrere a un maggioritario a doppio turno, con i candidati che si affrontano nei singoli collegi, in modo da bilanciare l’investitura popolare del presidente della Repubblica.
• La divisione dei poteri?
Ma i dieci saggi, poveretti, non potevano addentrarsi fino a questo punto. Per il momento accontentiamoci di queste idee-guida, soprattutto per il fatto che sono condivise. Non è poco.
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